Giovedì scorso, in un’intervista al sito Huffington Post, lo scrittore Roberto Saviano aveva accusato Raffaele Cantone, ex magistrato antimafia e ora presidente dell’autorità Anticorruzione, di tacere sul complicato argomento dei candidati democratici, sui cosiddetti “impresentabili” delle liste alle prossime elezioni regionali in Campania.

In particolare, aveva giudicato piuttosto grave il silenzio di Cantone, data la sua vicinanza ai vertici del Partito Democratico, prima con Enrico Letta e poi con Matteo Renzi. Addirittura pare che questa disputa abbia messo fine a un’amicizia di lunga data tra i due. Per ora Cantone, l’ex pm famoso per le sue inchieste sui clan dei Casalesi, ha preferito non replicare pubblicamente, limitandosi a dire che se Saviano ha qualcosa da dire, egli risponderà “da amico e privatamente.”

Altra questione connessa al caso è quella su De Gennaro, che Saviano aveva sollevato dalla sua rubrica del giornale L’Espresso. Lo scrittore aveva criticato Cantone per aver difeso l’ex capo della polizia e, se in quell’occasione l’ex pm confidò il suo fastidio ad alcuni amici, adesso sembra proprio sentirsi tradito e arrabbiato. “Roberto – disse all’epoca dei fatti- ha mal interpretato le mie parole. Se ritiene che De Gennaro, che è stato assolto, vada mandato via da Finmeccanica perché la Corte di Strasburgo ha riconosciuto che nel caso della Diaz ci fu tortura, sosterrà anche che devono andar via anche i giudici di Palermo che condannarono Bruno Contrada con una sentenza che è la stessa che la Corte ha ritenuto errata!

Sembrano lontani, dunque, i tempi in cui Saviano sosteneva Raffaele Cantone come sindaco di Napoli o quelli in cui, nonostante la s savianoua vita corazzata, non esitava a partecipare alla sua festa dei 50 anni. Allo scrittore di Gomorra, oggi Cantone ufficialmente non risponde, in quanto sostiene che è presidente dell’Autorità anticorruzione e che non entra nelle questioni politiche. Al suo staff ha spiegato, però, che quello di Saviano è stato un “attacco proditorio” che ha di fatto rotto il loro legame. “Saviano – ha detto al suo staff – mi contesta il silenzio sulle liste del Pd in Campania, ma che c’entro io? È come darmi la colpa del fuorigioco non fischiato al Dnipro. Ora, passi pure quel parlare di Gomorra tra i candidati, che è una definizione autoreferenziale. Ma, vorrei capire poi chi sarebbero quelli di Gomorra inseriti nelle liste. E, secondo lui, io che avrei dovuto fare? Il moralizzatore, l’angelo vendicatore? Leggo i nomi dei candidati, certo. E il 31 maggio farò le mie considerazioni, come tutti gli elettori. Ma, di certo non posso intervenire nelle scelte di un partito, qualunque esso sia. Non ne ho titolo. E poi è strano che in tutto questo casino della Campania l’unico nome che citi sia il mio. E poi la mia collaborazione con Letta c’entra come il cavolo a merenda, facevo parte di una commissione nella quale c’erano anche Gratteri e altri. Posso anche accettare, seppur con dispiacere, che mi definisca una foglia di fico, perché è una valutazione politica. Ma, nella vicenda delle liste gioca a far male, è capzioso e forse prova a fare un’operazione finalizzata a dimostrare che sono organico al Pd. E’ una trappola, ma s’è mai visto un amico che ti tende una trappola? Be’, allora, evidentemente non è un amico.”

Alle accuse di Saviano, tra l’altro, c’è anche la replica di De Luca: “Si sbaglia gravemente – ha detto il maggior concorrete di Caldoro- noi siamo portatori di legalità assoluta. Abbiamo presentato un lista di 500 candidati, tra cui figurano autorevoli personalità civili e delle istituzioni. Il mio programma si basa sulla lotta ai poteri criminali e la cosa curiosa è che qualcuno ha visto l’anagrafe di uno solo dei miei candidati”.

Sostiene si essere portatore di legalità assuluta dunque, l’aspirante presidente, dichiarato decaduto il 3 febbraio dalla Corte d’appello di Napoli a causa dell’incompatibilità tra la carica di sindaco di Salerno e il ruolo di viceministro delle Infrastrutture, ricoperto nel governo eletto.  Condannato, poi il 21 gennaio in primo grado a un anno per abuso d’ufficio, il Tar della Campania aveva accolto il suo ricorso, reintegrandolo sulla poltrona più alta del Comune. A novembre 2014, inoltre, De Luca è stato rinviato a giudizio per falso ideologico, abuso d’ufficio e lottizzazione abusiva nell’ambito delle indagini sulle presunte irregolarità nella realizzazione del Crescent, il complesso urbanistico progettato dall’architetto catalano Riccardo Bofill. Una questione che l’articolo 7 della Legge Severino risolve il 7 maggio scorso, ritenendo candidabile De Luca e chiunque non abbia una condanna pensale definitiva.

Anna Lisa Lo Sapio

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