Di fronte all’attenzione selettiva di cui siamo, volenti o nolenti, artefici, il reale appare costantemente come un’immagine dai bordi indefiniti: agendo di concerto, gli stimoli interni alla mente portano a nascondere alla vista elementi non ritenuti in armonia con le proprie esigenze ed aspettative. È su questa tematica che Gintsugi – pseudonimo di Luna Paese – ha ritenuto opportuno focalizzare l’attenzione nel primo tassello di avvicinamento al suo prossimo album di inediti, vale a dire il singolo “Outside”.
Il cervello umano è una macchina straordinaria, ma delle volte può trarre, a nostra insaputa, in inganno: tramite un personale processo di oggettivazione interiore, ogni individuo assume una percezione dell’ambiente contiguo basata inconsciamente su una serie di costrutti mentali, trucchi e stratagemmi del pensiero volti a proteggerlo e ad assecondarne le convinzioni.
In ogni istante, siamo inconsapevolmente polarizzati ed indirizzati da meccanismi cognitivi attraverso i quali acquisiamo, elaboriamo, strutturiamo e conserviamo le informazioni esterne: dal momento che i filtri concettuali con cui osserviamo la realtà vanno a creare nient’altro che una proiezione della stessa, risulta complicato mettere a fuoco nella sua effettiva concretezza lo scenario in cui conduciamo le nostre attività quotidiane.
Ponendoci come obiettivo il contemplare quanto si cela dietro una composizione così originale, abbiamo intervistato l’artista cosentina Gintsugi. Ecco quanto emerso nel corso del nostro incontro:
Gintsugi è il frutto del curioso connubio tra variopinte esperienze, quali la musica e le arti performative. Come sei riuscita a convogliare in unico progetto le estetiche di espressioni artistiche tra loro così differenti?
«Un’analogia tra le due arti potrebbe essere individuata nel corpo, faro che proietta all’esterno la luce non altrimenti visibile costituita della nostre sensazioni. In fase di scrittura, mi baso su concetti inerenti la sfera emotiva e corporale: cerco di tradurre l’espressione viscerale dei sentimenti e il sentore dei loro effetti sull’organismo in narrazione. Sono dell’opinione che, guidati dall’energia comune che anima chi la vive, la musica sia la meta per eccellenza nella quale giungere se desiderosi di sperimentare sé stessi.»
Di recente è stato reso noto su tutti gli store digitali l’ultimo dei singoli pubblicati da Gintsugi, ovvero “Outside”. Sin da un primo ascolto del brano, emerge l’attenzione spasmodica alla componente sonora posta in fase di composizione: la malìa della melodia vellutata e cristallina è sorretta da una timbrica vocale più marcata. Puoi illustrarci le motivazioni alla base di questo contrasto emotivo?
«Dato che in “Outside” ho voluto rendere esplicito un risentimento esacerbato attraverso una forma pragmatica di ironia, è stato per me il brano di più difficile stesura, arrangiamento ed interpretazione: è una sfera sensoriale che indubbiamente posso raggiungere, ma che difficilmente – per come sono fatta io – mi resta incollata addosso. In studio siamo riusciti a trovare delle escamotage per esprimere al meglio questa esasperazione dei sensi: il testo ha assunto le tonalità scure di un racconto noir dal macabro finale, mentre la parte vocale è stata resa volutamente eccessiva in alcuni punti e delicata in altri. Il fine principale che ci siamo posti, come hai sottolineato, è stato quello di creare una contrapposizione tra il contenuto del testo e la voce.»
“Occhio non vede, cuore non duole” recita un famoso detto: il distacco emozionale è una truffa psicologica che l’uomo tende alla sua persona per sfuggire da sofferenze, problematiche di svariata natura e, perché no, delle volte anche dal proprio Io. Luna, a tuo parere, quale sarebbe la maniera più sana di affrontare un certo tipo di situazioni?
«Un quesito al quale non è facile dare una risposta certa! In primis fare i conti con sé stessi e, in secondo luogo, accettare ed amare gli altri per come la natura li ha fatti potrebbe essere il compromesso da trovare, forse.»
In vista dell’imminente pubblicazione del tuo nuovo disco, l’uscita di un brano dal significato tanto profondo rappresenta un punto di arrivo o un punto di partenza?
«Essendo una canzone che tratta tematiche non propriamente confortanti e volta a far emergere zone d’ombra e vulnerabilità alle quali generalmente non viene concessa espressione, non vi nascondo che ho avuto inizialmente non pochi timori di risultare inopportuna e non veritiera al momento dell’esposizione. Il venirne una volta per tutte a capo, non può che non essere un punto di partenza: il punto di arrivo al quale vorrei arrivare è il saper comunicare con scioltezza all’ascoltatore, farlo immedesimare nelle composizioni di Gintsugi.»
Vincenzo Nicoletti