Dove la Nigeria non ha potuto, il Chad vi è riuscito: le truppe di N’Djamena sono riuscite ad assestare un pesante colpo all’organizzazione terrorista che in cinque ha già mietuto diecimila vittime in Africa Centro-Occidentale. Giovedì l’esercito chadiano, con l’ausilio della propria aereonautica militare, ha attaccato il villaggio nigeriano di Malam Fatori, roccaforte dei fondamentalisti di Boko Haram. L’azione, che ha visto la morte di almeno centoventi membri del gruppo armato, ha costretto alla ritirata i jihadisti, impedendogli di estendere la loro influenza nel paese sahariano, ed ha mostrato che se c’è la volontà politica, è possibile assestare forti colpi ad un nemico del genere. D’altra parte, non è la prima volta che il Chad riesce a fronteggiare con successo situazioni critiche contro nemici temibili: nel 1987 riuscì a uscire vincitore da una guerra (passata alla storia come la “Guerra delle Toyota”) contro la Libia, la quale aveva invaso il nord del Chad con un esercito di tre volte superiore a quello locale.
Forte il plauso da parte dell’Unione Africana, la quale propone la messa in campo di un esercito internazionale di almeno 7500 uomini per sconfiggere definitivamente i terroristi islamici in Nigeria ed evitarne la diffusione nei paesi limitrofi. Intanto, gli USA si sono detti disponibili ad assistere gli stati coinvolti con equipaggiamenti, supporto tecnico ed addestramenti specifici.
Nonostante abbia perso la battaglia, Boko Haram non ha certo perso la guerra: rimangono ancora in sua mano le studentesse rapite lo scorso aprile e ancora non si arrestano gli episodi di violenza come quelli perpetrati nell’ultimo mese. L’organizzazione, lo ricordiamo, può contare su un esercito di circa diecimila miliziani che hanno dalla loro parte un forte controllo sul territorio nord-nigeriano (un’area vasta circa 52mila kilometri quadrati) e una forte determinazione. Il problema che inoltre si pone è che seppure in Chad Boko Haram sembra essere stato respinto, non si può dire altrettanto per il Camerun ed il Niger, se consideriamo che nel secondo il governo locale è già costretto a vedersela con minoranze bellicose come i Tuareg.
Sergio Coppola