Qui Manor – Cerco su google “da cosa nasce cosa”, perché è quello a cui penso quando decido il tema di questo prossimo articolo, e quello che trovo è un libro di Bruno Munari (pittore, designer e sperimentatore di nuove forme d’arte), che porta proprio quel nome. Strano, perché di questi tempi, infatti, non farebbe altro che portarmi alla testa la storia di quella che dal prossimo marzo verrà ufficialmente chiamata Manor Racing. Una storia che inizia circa sei anni fa, negli stessi giorni in cui Fernando Alonso saliva sulla rossa e Sebastian Vettel iniziava a scrivere una parte della storia di questo sport.

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Pat Fry, dal 2016 responsabile del settore ingegneria della Manor.

Oggi, al netto di stagioni altisonanti e più volte vicino al fallimento definitivo, il team Manor ha deciso di voltare pagina. E questa volta si faccia attenzione a chiamarlo nel modo giusto, ma soprattutto a tendere l’orecchio alla notizia dell’accordo che sancisce l’inizio della collaborazione ufficiale tra il team di Banbury e Mercedes, con quest’ultima che farà da fornitrice di power unit oltre che da partner per l’approntamento della nuova monoposto.

Vettura che, con le dovute probabilità, dovrà essere presentata entro l’inizio dei test in Spagna (in programma per il 22 febbraio), e a cui darà i natali un team semirivoluzionato di ingegneri, con Pat Fry e Nicholas Tombazis che ne hanno preso le redini. Sì, proprio loro, che dalla Ferrari sono stati allontanati nel 2014 con il sopraggiungere di Sergio Marchionne, e che alla Manor sono secondi solo agli arrivi di Bob Bell, ex direttore tecnico alla Renault e alla Mercedes e dell’ex capo progettista della Scuderia Toro Rosso Luca Furbatto. Un mix di nuovi innesti e collaborazioni che a tutti gli effetti candidano la Manor al definitivo salto di qualità.

Intanto, se le aspettative dovessero farsi ancora più rosee per il 2016, c’è da chiedersi chi si candiderà nei prossimi giorni al posto di pilota ufficiale del team. Al momento sembrerebbe vicino il rinnovo di almeno uno dei tre che la scorsa stagione ha vestito la tuta Manor, vale a dire uno fra Roberto Mehri, Alexander Rossi e Will Stevens, con quest’ultimo che parrebbe in vantaggio sulla concorrenza. Non va dimenticato, tuttavia, che al momento i nomi in F1 non mancano (o forse sì), primo su tutti Pastor Maldonado.

Ne parlavamo proprio nello scorso articolo, tra l’altro, dove abbiamo trattato dell’ennesimo ritorno del team Renault in F1 e ne abbiamo ripercorso il passato.

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Evidentemente, Pastor Maldonado fa già parte di quel passato. Motivo del repentino cambio di sedile (a favore dell’ex test driver McLaren Kevin Magnussen) è stata la crisi che imperversa in Venezuela e che ha portato la PDVSA (compagnia petrolifera che sponsorizza Maldonado) a ritardare una prima parte del pagamento pattuito in accordo con la scuderia. Il tempo necessario che è servito al web per creare hashtag e pantomime varie che difenderebbero il ruolo del venezuelano nelle gare.

Un ruolo più da circo che da Circus, tutto sommato, e che agli annoiati sembra rispolveri le gioie delle domeniche passate a tutta birra insieme a Pablo Montoya. Un pilota arrembante, funambolico e spettacolare a suo rischio e pericolo, che si è guadagnato il rispetto di chi ama questo sport anche se con un pizzico di ignoranza. Pino Allievi della Gazzetta ebbe a definire: “Uno che guida l’auto come se l’avesse appena rubata“. Come biasimarlo, anche se dopotutto Pastor Maldonado non è mica uno qualsiasi se ad oggi è l’unico pilota venezuelano ad aver portato una vittoria in F1 al suo paese. Stesso discorso, però, per Kevin Magnussen, che non andrebbe sprecato un altro anno a riscaldare il sedile a chi è più esperto di lui.

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Rio Haryanto, 23 enne indonesiano vicino all’approdo in prima squadra alla Manor.

A questo punto anche l’ipotesi Manor, che con i fondi che ha stanziato non si sarebbe di certo fatta un torto ad ingaggiare uno tra i due, sfuma tranquillamente. Di colpo, intanto, dall’Indonesia giunge notizia che la cordata che sostiene l’approdo di Rio Haryanto in F1 ha già versato alla Manor 3,2 milioni di euro, una sorta di caparra facente parte dei 15 milioni di sponsorizzazioni che il team ha richiesto per uno dei due sedili. Che il 23enne di Surakarta sia collegato alla Manor è un dato di fatto che risale persino al 2010, quando cioè corse per il team junior, impegnato in Formula 3 con il nome di Manor Competition. Che è tecnicamente il contesto dal quale il gruppo Virgin di Richard Branson (che ne divenne azionista di maggioranza)  insieme alla Wirth Research di Nick Wirth, furono in grado di plasmare quella che nel giro di pochi anni sarebbe diventata prima Virgin, poi Marussia e infine Manor Grand Prix. Oltretutto Haryanto, che con il team di Dinnington ha vinto sole due gare, ha anche disputato i test Pirelli dello scorso primo dicembre a bordo di una F1. Cosa che non solo gli è valso da trampolino di lancio per la categoria, ma come vero e proprio cannone che pare lo abbia sparato direttamente sul sedile della Manor. Chi tra Mehri, Rossi e Stevens dovrà lasciarci le penne (per usare un tono da catastrofe) ancora non si sa. Fatto sta che se si pensa che nel Circus c’è ancora chi come Jean Eric Vergne non ha una vettura di appartenenza (o l’ultimo candidato Pascal Wehrlein),  potrebbero andarci di mezzo anche tutti e tre.

Conclusioni appropriate a queste storie di inizio stagione non se ne possono dare, se non che sembra davvero il preludio di un anno equilibrato. E non tanto ai vertici della griglia, quanto nelle posizioni più arretrate, che sono quelle per cui un team non tende relativamente a preoccuparsi di alcuni aspetti. Ad esempio il motore o il telaio, perché bene o male troverai sempre qualche pesce grosso che si fa avanti e vuole venderti (o prestarti) i suoi pezzi. Chissà se funzionano, però…

Nicola Puca 

Fonte immagine in evidenza: tuttosport.com

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