Cari lettori, questo mese WhatsHappening torna a occuparsi di uno dei grandi temi di interesse del nostro secolo: il tasso di corruzione su scala globale.
I collaboratori della rubrica di geopolitica hanno preso in esame il Corruption Perceptions Index 2016, calcolato dalla Transparency International, l’indice che ha calcolato il tasso di corruzione di 176 Stati del globo, ripartiti in cinque gradi aree di interesse: l’Africa Subsahariana, il Medio Oriente e il Nord Africa, l’Europa e l’Asia Centrale, l’Asia Pacifica e le Americhe. Il mondo analizzato attraverso le lenti del report è caratterizzato da una forte corruzione, a sua volta causa di disuguaglianze sociali colpevoli di produrre contesti entro cui la ricchezza e il potere politico risultano appannaggio di pochi. Iniziamo la rassegna di WhatsHappening partendo da una delle regioni più problematiche:
AFRICA SUBSAHARIANA
Corruzione, disuguaglianze, una diseguale distribuzione del potere: sono tutti fenomeni che coinvolgono, ad un diverso livello, diversi Stati nel mondo. Come anticipato, il Corruption Perceptions Index 2016 vuole calcolare la corruzione all’interno di ogni Paese e la percezione che la popolazione ne ha. Con una votazione che va da 0 (altamente corrotto) a 100 (perfettamente “pulito”), ogni Paese ottiene un punteggio e la media mondiale non è affatto alta, anzi, si trova al di sotto dei cinquanta punti. All’interno di questo contesto, l’Africa Subsahariana non ottiene un buon punteggio e registra pochi miglioramenti. L’analisi in questo caso è stata condotta attraverso lo studio delle numerose elezioni che si sono tenute nei vari Paesi. I Paesi in miglioramento rispetto all’anno precedente sono due: Capo Verde (da 55 è salito a 59) e la Repubblica Democratica di São Tomé e Príncipe (da 42 a 46). Mentre per gli altri si registra un netto declino: Ghana, Sud Africa, Tanzania, Nigeria e altri non registrano un miglioramento e in alcuni casi addirittura peggiorano. All’ultimo posto fra i Paesi di tutto il mondo del Corruption Perceptions Index 2016 c’è la Somalia: il Paese dove si sono tenute le elezioni dopo anni di silenzio e che pure registra un altissimo tasso di corruzione nella gestione di queste ultime e grande sfiducia da parte dei cittadini.
MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA
Un «drastico declino» è la sintetica descrizione della situazione in Medio Oriente e Nord Africa: l’analisi condotta evidenzia un tasso di corruzione in ascesa, preda di governi che non hanno mostrato sufficiente interesse nei riguardi della tutela della trasparenza, dei diritti umani e civili e, in ultimo, della legalità stessa. In relazione a questa delicata area geografica, ancora una volta le zone perseguitate da conflitti e atti di terrorismo mostrano le loro fragilità interne: Iraq (17/100), Libia (14/100), Sudan (14/100), Yemen (14/100) e Siria (13/100) hanno registrato i risultati peggiori della regione qui indagata, arrestando la corsa sul fondo della classifica, registrandosi rispettivamente come 166°, 170° (Libia, Sudan e Yemen) e 173° – in Libia, Yemen e Siria il tasso di corruzione è persino aumentato rispetto al 2015. Tuttavia, non sono unicamente gli Stati più bistrattati da contesti emergenziali a restituire quel «drastico declino» inizialmente citato, è difatti l’intera area ad aver totalizzato punteggi per singoli Paesi inferiori ai 50 punti; le uniche eccezioni in tal senso si riassumono in tre Paesi: gli Emirati Arabi Uniti (24° con 66/100), il Qatar (31° con 61/100) – che hanno però subito un notevole calo rispetto al 2015, quando il Corruption Perceptions Index attribuiva, in ordine, 70/100 e 71/100 – e Israele, classificatosi 28esimo con 64/100 (+3 rispetto al 2015). Dalla Giordania in poi, 57° con 48/100, i punteggi rivelano contesti necessitanti di maggiori tutele – con riguardo alla Giordania stessa, si evidenzia ad esempio come la corruzione sia stata sì indagata in taluni casi, ma senza che i risvolti portassero a delle risoluzioni in favore della trasparenza e della legalità. D’altra parte, a rappresentare uno spiraglio di ascesa in positivo è la Tunisia, che pur classificandosi 75° registra un +3 rispetto allo scorso anno (da 38/100 a 41/100), motivato dalle politiche anti-corruzione adottate nel corso dell’anno.
EUROPA E ASIA CENTRALE
Nonostante i livelli di corruzione in Europa e in Asia Centrale siano stabili da qualche anno, alcuni grandi casi di corruzione nel 2016 hanno contribuito ad accrescere il malcontento tra i cittadini. Nemmeno i Paesi più virtuosi sono stati impermeabili agli scandali: in Danimarca, in testa alla classifica con 90/100, venti membri del Parlamento (11% del totale) sono stati accusati di non aver segnalato alcune attività esterne e interessi finanziari nelle loro dichiarazioni dei redditi; in Olanda, ottava in classifica con 83/100, i membri del Police Work Council si sono dimessi dopo essere stati scoperti ad aver speso parte dei fondi pubblici in cene costose, feste e hotel di lusso. Tuttavia, questi Paesi restano, insieme a Finlandia e Svezia, i più avanzati nelle legislazioni anti-corruzione quanto a informazione, diritti civili, apertura e trasparenza delle amministrazioni. A destare preoccupazione sono invece le regioni dei Balcani Occidentali, dove il sistema politico, anziché supportare i processi di trasparenza, è sempre più spesso coinvolto in rapporti opachi con uomini d’affari o addirittura con la criminalità organizzata. Piccoli passi avanti per l’Ucraina, ancora 131esima, ma con una trasparenza cresciuta di due punti rispetto al 2015 (da 27 a 29), grazie all’introduzione di un sistema di dichiarazione elettronica dove i cittadini possono visionare i beni dei politici e degli alti funzionari pubblici. Allarmante invece la situazione nella regione del Commonwealth of Independent States (CIS) e nei Paesi dell’Europa dell’Est, dove i conflitti d’interesse tra politica e imprenditoria toccano livelli molto alti: molti deputati e governatori locali sono proprietari di aziende, orientando verso obiettivi personali le leggi, le istituzioni e l’economia. L’Italia, solo 60esima insieme a Cuba e dietro la Romania, con un punteggio di 47/100 migliora leggermente la posizione dello scorso anno, ma resta terz’ultima in Europa.
ASIA PACIFICA
Il livello di corruzione percepito nella maggioranza dei Paesi dell’Asia pacifica è piuttosto alto con 19 dei 30 Paesi della regione che registrano un punteggio uguale o inferiore a 40/100. Vengono segnalati due casi “virtuosi”: Afganistan e Myanmar che, partendo da livelli di corruzione molto alti, hanno visto un incoraggiante miglioramento nell’ultimo anno. L’Afganistan dal 2013 ha visto quasi duplicare il proprio punteggio, passando da 8 punti a 15 punti, grazie alla creazione di più di cinquanta commissioni destinate a combattere la corruzione, mentre in Myanmar il governo del National League for Democracy (NLD) con a capo Aung San Suu Kyi ha portato una ventata di speranza nel Paese. I progressi del governo del NLD sono però frenati dalle violenze che si sono verificate nello stato del Rahkine tra l’esercito e la minoranza musulmana. Tra i Paesi che hanno visto peggiorare la propria situazione ricordiamo la Cambogia e la Thailandia. La prima è, secondo l’indice di Transparency International, il Paese più corrotto del Sud-Est Asiatico con soli 21 punti. In Thailandia, invece, la repressione del governo, la mancanza di controlli indipendenti e il deterioramento dei diritti, hanno aumentato la percezione della corruzione. La nuova Costituzione thailandese, nonostante si focalizzi sul contrasto della corruzione, accresce i poteri dei militari e diminuisce la responsabilità governativa, minando così le basi per costruire un Paese democratico. Ricordiamo, infine, le performance della Cina, che nonostante si stia impegnando in un programma anti-corruzione all’interno dei pubblici uffici registra ancora un punteggio di 40/100, e dell’Australia, che resta fuori dalla top 10 principalmente per il tentativo di censura da parte del governo delle denunce sugli abusi commessi nei confronti dei richiedenti asilo della Commissione Australiana dei Diritti Umani.
AMERICHE
Le grandi inchieste che negli ultimi anni stanno penalizzando l’immagine delle Americhe in fatto di corruzione possono essere interpretate in due maniere: sono cronache da un mondo del sottosuolo che finalmente emerge e si manifesta almeno in piccola parte; sono la prova che un’importante guerra a questo mondo sta avendo luogo. Oltre ai Panama Papers, ha fatto scandalo il giro miliardario di tangenti partito dalla famosa impresa di costruzioni brasiliana Odebrecht, che ha coinvolto numerosi esponenti politici di caratura internazionale. Al momento l’indice di corruzione percepito nelle Americhe si assesta su una percentuale del 44%, con picco positivo in Venezuela (in cui comunque ci sono state grandi manifestazioni cittadine contro il governo) e picco negativo in Messico, in cui le soluzioni per donare alla nazione una nuova immagine stanno rivelandosi di difficile applicazione. In generale, nelle Americhe, nonostante le grandi operazioni sopracitate, si fatica ancora a delineare una chiara politica programmatica contro la corruzione. Siamo di fronte a un paradosso: laddove vengono rivelate reti internazionali senza limiti e forti proprio perché estese, le operazioni di polizia sono invece ancora troppo spesso isolate da quelle delle altre nazioni, non c’è ancora un vero e proprio network che affronti la moderna corruzione globalmente – a tale riguardo è utile citare i Panama Papers, che hanno offerto un ottimo esempio di come operando in un network internazionale, avvalendosi di big data, e ricorrendo al giornalismo investigativo, la lotta sembri meno impari. Risulta auspicabile che si proceda su questa strada.
Hanno collaborato: Rosa Ciglio, Elisabetta Elia, Marcella Esposito, Valerio Santori, Rosa Uliassi