Il dato scioccante dell’affluenza al voto delle regionali dell’Emilia Romagna (crollata dal 70% al 37,7%) e Calabria (43,8%) è ormai stato discusso e sviscerato. Ieri è arrivata una conferma piuttosto significativa dalle primarie del PD per la mia regione, il Veneto. Dall’ultima consultazione dell’anno scorso, che aveva coinvolto 178000 tra iscritti e votanti, siamo arrivati a 39000. L’1,5% dell’elettorato. Non è bastato il “volto noto” Alessandra Moretti, presentata trionfalmente come la donna giusta per scaldare gli animi dei veneti, a portare al seggio delle primarie gli elettori di centrosinistra.
Ma la linea ufficiale del partito pare essere di minimizzare, di parlare delle vittorie “renziane”, di relativizzare con la mancanza del traino nazionale. Un atteggiamento che può essere comprensibile di fronte a un calo moderato di affluenza, ma non di fronte ad un crollo così significativo come quello registrato alle primarie, che è un dato politico.
Hanno ripetuto più volte, i commentatori e politologi televisivi, che la gente non crede più che il proprio voto serva. E non capisco lo stupore visto che è da mesi che sia il governo che gli opinionisti che lo sostengono ci stanno spiegando esattamente questo!
“Renzi è l’ultima speranza” (ennesima)”, “Renzi è l’unico leader sullo scenario politico”, fino al tradizionale “Lasciamolo lavorare”, slogan non ufficiale dei berlusconiani in imbarazzo ai vecchi tempi.
Delle riforme annunciate, a parte alcuni provvedimenti una tantum, non si conoscono quasi mai i dettagli, non li conosce nemmeno il gruppo dirigente del partito di cui il Presidente del Consiglio è segretario. Ne conosciamo una generica narrazione per immagini, o meglio “sensazioni”. Esattamente come lavora la pubblicità. Prima di sapere che quella macchina, che ci chiedono di comprare, consuma come un 747, ci verrà fatto sapere che stimola il nostro senso di avventura, che comprandola saremo un padre e un marito migliore, che le nubi si apriranno al nostro passaggio.
Sul tavolo del cittadino che vuole partecipare non ci sono ricette alternative per il paese, classi diverse da rappresentare, ma una scelta manichea tra “l’unico governo possibile”, che dobbiamo lasciar lavorare, e il non fidarsi. E tra queste due opzioni io davvero fatico a criticare troppo chi essendo troppo civile per votare un Salvini che ormai ha spostato la residenza dalla Padania alla Repubblica di Salò ma non fidandosi di un governo che non condivide, ad un certo punto alza le mani e dice “fate voi”.
La linea scelta da Alessandra Moretti per le primarie in Veneto aderisce entusiasticamente alla moda nazionale. La “ladylike” come ha scelto di autobattezzarsi (sbagliando pure la traduzione), ha parlato di estetista, di speranza per il futuro, ha voluto vendere un’immagine di signora della borghesia “bene” che rassicuri cattolici e padroncini.
Ma niente di chiaro sul disastro (altro che dissesto) idrogeologico della regione, sulla lobby del cemento, niente di chiaro su come aiutare un tessuto produttivo fuori fase e tragicamente arretrato a cambiare, e soprattutto niente di niente sullo scandalo che ha portato un ex presidente di regione, un assessore e il sindaco del capoluogo (del suo partito) ad essere indagati per corruzione legata alle grandi opere.
Ha vinto facilmente le primarie ma il “popolo della sinistra”, pure quel poco che è sopravvissuto in Veneto, me compreso, di fronte all’ennesima richiesta di delega in bianco per queste primarie ha alzato le mani e ha detto “fate voi”.
Così si vincono le primarie o le elezioni, almeno per ora, non ci sono dubbi, ma si vincono per abbandono dell’elettorato, e al prezzo di un ulteriore distacco tra la politica e le persone che ne hanno più bisogno, quelli più deboli, che vivono di lavoro o di pensione – quando va bene -, e che non hanno quote da far pesare alla Leopolda.
Alessandro Squizzato