Star Wars: Il risveglio della forza è stato senza dubbio il film più atteso dell’interno anno.
Dal finale dell’episodio VI, Il Ritorno dello Jedi (1983) molto è cambiato: Luke Skywalker è sparito, il Primo Ordine (che si sostituisce all’Impero Galattico) minaccia l’intera galassia e si scontra, ovviamente, con i ribelli della Resistenza e i militari della Repubblica. Tutti, compreso il Primo Ordine, cercano Skywalker, ultimo Jedi in vita. Questo è lo scenario nel quale sono presentati i nuovi personaggi: Rey (Dasey Ridley) che vive su Jakku nella remota speranza di rincontrare un giorno i suoi genitori fuggiti anni prima, Poe Dameron (Oscar Isaac) soldato della Repubblica inviato su Jakku per recuperare un droide (BB-8, vera star del film) che custodisce una mappa per ritrovare Luke e infine Finn (John Boyega) , uno stormtrooper ribelle alleatosi con la Resistenza. In questo episodio il lato oscuro è incarnato da Kylo Ren (Adam Driver) che, proprio come J.J. Abrams nei confronti di Geroge Lucas, sembra soffrire continuamente l’inevitabile confronto con il suo predecessore.
Che Star wars: Il risveglio della forza sia un film godibile e spettacolare – nel vero senso della parola – è innegabile. Quanto però questo prodotto sia autonomo, sarà difficile capirlo con certezza assoluta. In questo capitolo si punta (forse troppo) su quello che lo spettatore ricorda della saga originale. Ciò però non toglie forza agli innesti che Abrams e Kasdan (sceneggiatore) hanno fatto: i nuovi personaggi, da Rey a Finn, fino a BB-8 si inseriscono alla perfezione nel contesto e, se pur ricalcando situazioni, momenti e relazioni tra i personaggi già visti nel primo capitolo hanno una loro forza e una loro dignità cinematografica. Proprio questi richiami, per alcuni banali scaltrezze, ricordano anche in modo inconscio sensazioni già vissute che potevano essere evitate proprio perché doppiate in tutti i sensi. Vittima dello stesso spirito nostalgico è stato, in tempi recenti, anche Colin Trevorrow con Jurassic World, che ha riproposto molti elementi già presenti nel primo Jurassic Park di Spielberg.
Chiunque veda Star Wars: Il risveglio della forza, anche se per assurdo non conoscesse le precedenti trilogie, non avrà alcun problema ad orientarsi nel mondo creato da Lucas e ripreso da Abrams. Gli autori non potevano non giocare con i ricordi degli spettatori, puntando – cosa rarissima – anche sulla differenza d’età dei vari protagonisti (Harrison Ford, Carrie Fisher etc.) che ora ci appaiono realmente invecchiati. Questo, che in prima battuta potrebbe sembrare una delle scaltrezze di cui sopra risulta invece unico per le sensazioni che scatena nella mente dello spettatore.
Che l’intervento della Disney e le pubblicità quasi ossessive susseguitesi nei mesi precedenti all’uscita, e che si ripeteranno nei prossimi anni, abbiano aiutato il film è cosa certa. Se si vuole considerare il cinema come un’industria, cosa che in effetti è, tutto questo allora non può e non deve essere criticato. Il problema nasce quando un film (in questo caso un progetto molto più ampio) è considerato come prodotto meramente commerciale; che sia stato quindi pensato, prodotto e distribuito semplicemente perché il guadagno era assicurato. Fin quando però gli spettatori di tutte le età rimarranno incollati allo schermo e apprezzeranno il prodotto che gli viene proposto non ci sarà nulla da recriminare.
Andrea Piretti