I sindacati tornano all’attacco contro il Governo Renzi e le sue politiche: questa volta nel mirino c’è la riforma del MIUR, la cosiddetta “Buona Scuola”. Infatti le sigle sindacali FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams, hanno proclamato uno sciopero delle attività «non obbligatorie a partire dal 9 aprile 2015 e con termine il 18 aprile 2015 per tutto il personale docente ed ATA della scuola» come comunica in una nota il Ministero dell’Istruzione.

Nella nota ministeriale si può leggere che la protesta del personale docente ed educativo comporterà l’astensione delle attività aggiuntive oltre l’orario obbligatorio retribuite con il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa; l’astensione dalle ore aggiuntive per l’attuazione de progetti e degli incarichi di coordinatore retribuite con il MOF; l’astensione dalla sostituzione e dalla collaborazione con il dirigente scolastico e di ogni altro incarico aggiuntivo; l’astensione dalle ore aggiuntive prestate per l’attuazione dei corsi di recupero; l’astensione dalle attività complementari di educazione fisica e avviamento alla pratica sportiva.

Il personale ATA, continua la nota del ministero, si asterrà dalle attività aggiuntive oltre le 36 ore settimanali. Inoltre ci sarà l’astensione da tutte le attività previste tra quelle rientranti nelle posizioni economiche (I e II grado) e negli incarichi specifici; l’astensione dall’intensificazione dell’attività nell’orario di lavoro relativa alla sostituzione dei colleghi assenti. Infine, ci sarà l’astensione dagli svolgimenti dell’incarico di sostituzione del Direttore dei servizi generali e amministrativi.

Nel convocare lo sciopero, le Segreterie delle sigle sindacali citano «la nota MIUR prot. N. 0007882 del 16 marzo 2015 con cui si è ritenuto di non convocare l’Organismo di conciliazione in conseguenza del parere della Commissione di Garanzia del 16 gennaio (prot. N. 582, pos.17570)». Una scelta, quella del MIUR, che farà discutere, siccome già in passato il Governo Renzi aveva scelto di non convocare tutte le parti coinvolte nei processi di riforma, come nel caso del Jobs Act in autunno.

Federico Rossi

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