Provate un attimo a ritornare ad inizio stagione e, se ne aveste la possibilità, indicate i nomi degli allenatori che a fine anno avrebbero lasciato, per volontà propria o di altrui, la panchina. Difficilmente avreste citato i tecnici che in queste ultime settimane hanno detto addio ai propri club, scuotendo letteralmente il panorama calcistico europeo. Ad accendere la “Primavera” il 20 aprile scorso è stato Arsène Wenger che, dopo 22 anni di onorata carriera, ha salutato commosso i Gunners, mentre a chiudere – Abramovic permettendo – l’agitazione che sta toccando i top club europei è, incredibilmente, Zinedine Zidane.

Sì, proprio l’allenatore francese, fresco vincitore dell’ultima Champions League, ieri durante una conferenza stampa ha annunciato la propria volontà di lasciare il Real Madrid. Un fulmine a ciel… nebuloso nella capitale spagnola, viste le parole già poco confortanti di Cristiano Ronaldo che, al termine della finale con il Liverpool, non ha assicurato la propria permanenza con le merengues. 

«Il mio tempo qui è finito». Frase chiara, precisa e, molto probabilmente, opportuna. Perché fra le immense doti di Zidane c’è pure il tempismo. Sia in campo che fuori il franco-algerino ha sempre anticipato tutto e tutti, aggirando (magari con una ruleta) sempre l’intervento avversario. Una decisione che agli occhi di molti può sembrare folle, ma effettivamente è più che sensata. Così come nel 2006 lasciò il calcio giocato, dopo aver disputato il miglior Mondiale – testata a Materazzi esclusa – della sua carriera, abbandona la guida tecnica nel momento più roseo.

NESSUNO COME ZIZOU

Una Liga, una supercoppa di Spagna, due supercoppe europee, due coppe del mondo per club e tre Champions League (!): questo è il bottino conquistato in due stagioni e mezza. Tre coppe dalle grandi orecchie messe in bacheca (come Bob Paisley e Carlo Ancelotti), peraltro consecutivamente, che gli riservano di diritto un posto nell’olimpo del calcio continentale, nonostante la breve carriera.

Dopo aver ereditato da Rafa Benitez una squadra allo sbando, Zidane si è caricato, così come faceva da calciatore, il gruppo sulle spalle, dando vita a uno dei cicli più vincenti della storia del Real. In sordina ha apportato modifiche allo scacchiere dei blancos, ponendo definitivamente al vertice basso del centrocampo Casemiro, affidandogli le bacchette per dirigere l’orchestra perfetta per le future vittorie.

Più spazio all’estro di Isco, la consacrazione di Carvajal, solidità difensiva e una gestione del gruppo magistrale sono solo alcuni dei fattori della rivoluzione silenziosa attuata dall’ormai ex tecnico madrileño. Una revolución che termina qui perché «è il momento di cambiare». D’altronde non si può far di meglio: qualsiasi trofeo conquistato nella prossima stagione che non fosse stata la Champions avrebbe rappresentato una sorta di passo indietro. Dunque, Zidane ci regala un’altra perla, un’altra prodezza: lasciare da vincente il miglior club del mondo. È gia storia.

IL VALZER CONTINUA?

Nell’estate dei Mondiali lo scenario lo hanno conquistato gli allenatori. Da sempre considerati soggetti troppo dipendenti dalle prestazioni dei calciatori, si sono presi, meritatamente, le copertine dei giornali di questa primavera – intesa in questo caso come stagione.

Maurizio Sarri [calcioweb.eu]
Dal succitato Wenger che ha lasciato il posto all’Arsenal, occupato da Emery, che a sua volta ha dovuto concedere la sua panchina parigina a Tuchel. No, non è un ritornello di una canzone di Branduardi, ma solo una parte del valzer degli allenatori che ha coinvolto le migliori squadre d’Europa. Basti pensare che sei dei primi dieci club del ranking UEFA si troveranno ai nastri di partenza della prossima stagione con un tecnico nuovo, sebbene alcuni di essi non siano rimasti nemmeno a secco di vittorie (vedi Bayern, Psg e, per l’appunto, Real Madrid). Lo stesso accade anche a Napoli, dove l’avvicendamento Sarri-Ancelotti non è certo conseguenza di una scarsità di risultati, anzi. Le divergenze con i presidenti, con la dirigenza e, perché no, la volontà di provare nuove sfide sono ulteriori elementi che causano l’allontanamento di un allenatore, frutto in realtà di un Calcio che pone sì il risultato sempre al primo posto, ma che non considera più la guida tecnica come il prolungamento della struttura dirigenziale, ma un mattone a parte. Un mattone con il suo appeal, con il suo mercato, con la sua leadership.

Tornando al ritornello, pardon, al valzer degli allenatori, resta da capire chi sostituirà Zidane a Madrid, con la probabile soluzione interna (Solari o Guti) a farne da padrone, o la suggestiva ipotesi (mediatica) di Sarri che aleggia nei pensieri degli addetti ai lavori. La scelta del tecnico toscano rappresenterebbe un ulteriore sfida per il mondo blaugrana, ingaggiando colui che più si avvicina a livello tattico-culturale al pianeta catalano. Ma l’ex allenatore del Napoli è anche la prima scelta del Chelsea, qualora Roman Abramovic decidesse di dare il benservito a Conte e far ripartire questa “Primavera”. Beh, in tal caso, l’ex Juventus diventerebbe anche lui un papabile per andare alla corte di Florentino Pérez.

Insomma, il valzer continua.

Ivan D’Ercole

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