“L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro.”
Così scriveva nell’opera “Punto, linea superficie” il pittore, pioniere dell’astrattismo, Vasilij Kandinskij, inneggiando al catartico e sempiterno potere dell’arte che sceglie di non sottostare alle regole ferree e impietose del tempo, il mostro che tutto frantuma e porta via; al contrario, permane nella sua essenza più genuina e spiana la strada del futuro. I suoi dipinti mal si adattano ad ascriversi ad un filone artistico unitario, ma, come la sua stessa personalità eccentrica e onirica, oscillano tra una corrente artistica e l’altra, non si incanalano in una specifica collocazione, ma rincorrono tutte le forme d’arte, a partire dal “leggero” impressionismo per terminare con l’astrattismo chimerico, di cui è fondatore.
L’artista inizialmente cercò di inerpicarsi alla soave sobrietà, al tocco delicato e tenue della pittura impressionista, ma nelle opere che egli realizzò durante questa fase della sua vita già si coglie una vigorosa ribellione allo stigmatismo arido della figura geometrica che ingabbia le ali vivaci del colore, un ingordo desiderio di stemperare l’austera e sterile perfezione e trasfondere sulla tela le dinamiche vele della fantasia. Il colore prevale su tutto, straripa irriverente dai contorni della figura, creando l’illusione di trovarsi al cospetto di un quadro espressionista, di un fauve, a causa delle tonalità accese e vive. Ma l’ascesa verso la cima dell’astrattismo, così temerario e impertinente, in quel periodo storico, si realizza con l’audace smaterializzazione completa della figura.
“Era l’ora dell’iniziale crepuscolo. Rincasavo con la mia cassetta di colori dopo essermi dedicato a uno studio, ancora trasognato e tutto preso dal lavoro appena concluso, quando all’improvviso vidi un quadro di indescrivibile bellezza, compenetrato in un’accensione interiore. Restai di stucco, poi mi avvicinai in fretta all’enigmatico dipinto, nel quale nulla mi riusciva comprensibile delle forme e dei colori che vedevo. Scoprii immediatamente la chiave dell’enigma: era uno dei dipinti da me eseguiti, appeso alla parete di traverso. Il giorno dopo, con la luce del giorno, tentai di ritrovare l’impressione del giorno prima, ma ci riuscii solo in parte: […] continuavo a riconoscere gli oggetti, e mancava la sottile velatura del crepuscolo. Adesso sapevo con esattezza che l’oggetto è di danno ai miei dipinti.”
È il periodo in cui il colore travalica su ogni altro elemento del dipinto, in cui assume una sua spiritualità.
“Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde.”
Ogni tonalità subentra nella sfera percettiva dello sguardo per poi penetrare in quella psichica dell’anima, in cui assume le sembianze un suono, per mezzo della quale viene completamente decontestualizzata dalla dimensione cruda della realtà e si lega ineluttabilmente a quella interiore, terreno fertile per le “vibrazioni spirituali” impresse.
“L’occhio aperto e l’orecchio vigile trasformeranno le più piccole scosse in grandi esperienze.”
Si inaugura la fase dell’astrattismo che inizialmente si impernia sulla grande varietà chiassosa, vagamente magniloquente, eppure armoniosa dei molteplici colori, in seguito tange il luogo inesplorato della geometria. Ogni elemento geometrico si carica di un significato che va oltre la semplice rappresentazione sensibile, un significato che attiene all’arcana dimensione dell’anima, anche in questo caso.
“L’elemento tempo è in generale molto più riconoscibile nella linea che nel punto – la lunghezza è un concetto temporale. L’uso del tempo nelle linee orizzontali e in quelle verticali assume, anche a parità di lunghezza, diverse colorazioni interne. Forse si tratta, in effetti, di lunghezze diverse, e questo, in ogni caso, sarebbe psicologicamente spiegabile.”
Una tecnica artistica, quella di Kandinskij, che non si limita alla mera percezione, alla sola immagine visiva, ma pretende di esplorare i contenuti della psychè, che va oltre.
“Mi accontenterei che lo spettatore sentisse in sé la vita interiore delle forze vive adoperate, nella loro relazione, che passando da un quadro all’altro scoprisse ogni volta un contenuto pittorico diverso.”
Clara Letizia Riccio