città delle donne
Fonte: Daniel Lloyd Blunk-Fernández su Unsplash

La disparità di genere a volte si nasconde anche in quegli ambiti in cui non è immediatamente riconoscibile come quello della pianificazione urbana e nel mondo in cui donne e uomini vivono e abitano le città e gli spazi urbani. Molto spesso gli spazi urbani pensati dagli uomini e per gli uomini non tengono contro delle esigenze e degli spostamenti delle donne nelle città.

Caroline Criado Perez giornalista, attivista e scrittrice, già nel 2018 aveva condotto una battaglia per la costruzione di una statua dedicata ad una donna in Parliament Square davanti al Parlamento britannico a Londra. Prima della sua petizione erano presenti soltanto statue dedicate a uomini che a vario titolo erano legati alla storia inglese ma non c’era nessuna statua dedicata ad una donna. Il 2018 era un anno importante, l’anno del centenario dal Representation of People Act che in Inghilterra aveva concesso il diritto di voto alle donne, ed è grazie a quella battaglia che ora proprio in Parliament Square è presente una statua dedicata a Millicent Fawcett, protagonista delle battaglie suffragiste in Inghilterra nei primi anni del Novecento.

Ripensare alla presenza delle donne nelle città e dedicarsi alla presenza di monumenti dedicati alle donne che hanno fatto la storia o a intitolare loro delle strade è un processo importante perché non dedicar loro un riconoscimento significa in un certo senso provare ad eliminarle dalla storia ed è per questo che anche le città italiane stanno cercando di rimediare a questa disparità. I dati aggregati sul gender gap toponomastico si possono trovare su Mapping Diversity da cui emerge che nei 21 capoluoghi delle regioni e delle province autonome ci siano 24.572 strade intitolate a persone e che solo 1626 di queste sono intitolate a donne, escludendo poi da questo conteggio quelle intitolate a sante e martiri, il numero di strade intitolate a donne scende addirittura a 959.

Dedicarsi alla toponomastica però non è l’unico aspetto da considerare quando si parla di spazi pubblici e donne.

Le città sono fatte veramente per le donne?

Le donne dell’Unione Europea preferiscono utilizzare i trasporti pubblici urbani e i treni extra-urbani o spostarsi a piedi mentre gli uomini preferiscono utilizzare l’auto anche perché secondo i dati raccolti da Eurobarometro sono più uomini (59%) che donne a possedere un’auto (49%). Nonostante però le donne utilizzino più mezzi pubblici sono anche più interessate alla qualità del servizio che infatti non reputano soddisfacente. I modelli di mobilità delle donne sono più complessi di quelli degli uomini e richiedono dei mezzi di trasporto vari perché dedicando in proporzione più tempo alla cura della famiglia e dei figli hanno anche bisogno di un tipo di mobilità pubblica che tenga conto di queste esigenze.

Le differenze fra gli spostamenti che fanno gli uomini e le donne all’interno delle città, infatti, non variano soltanto per il tipo di mezzo di trasporto che scelgono di adottare ma anche per i motivi per cui uomini e donne si spostano. Secondo i dati raccolti da Caroline Criado Perez in “Invisibili” il bestseller che affronta il tema della mancanza di dati di genere, il sistema dei trasporti pubblici non tiene sufficientemente conto della diversità degli spostamenti fra uomini e donne. Gli spostamenti compiuti dagli uomini quotidianamente tendono infatti ad essere più semplici e ad avere traiettorie che seguono il percorso dalla periferia al centro due volte al giorno mentre gli itinerari compiuti quotidianamente dalle donne sono più complessi perché in tutto il mondo circa il 75% del lavoro di cura ricade sulle donne e di conseguenza i loro spostamenti richiedono più tappe durante tutta una giornata che non sempre sono presenti sulla traiettoria fra centro e periferia ma anche all’interno della stessa. È quello che gli esperti chiamano trip-chaining una modalità di viaggio che appunto richiede più tappe concatenate in una stessa giornata.

Le disparità tra uomini e donne in termini di trip-chaining sono presenti in tutti i paesi europei e sistemi di mobilità che non tengano conto di queste esigenze possono cambiare il modo in cui donne e uomini fanno esperienza del trasporto pubblico ed in generale della mobilità in città perché per esempio, in una famiglia in cui entrambi i genitori siano lavoratori, le donne hanno il doppio delle probabilità di dover aggiungere ai propri spostamenti tra casa e lavoro anche quelli relativi alle attività di cura della propria famiglia come accompagnare i propri figli a scuola o alle attività extra-scolastiche.

Il trasporto pubblico inoltre è un settore in cui esistono disparità di genere non solo se consideriamo le donne come fruitrici del servizio ma anche come lavoratrici. Le donne che sono alla guida del trasporto pubblico sono ancora la minoranza perché il settore è ancora percepito come tipicamente maschile e come un settore in cui esistono poche tutele sia dal punto di vista del diritto al lavoro che della tutela nei confronti di episodi violenze e di molestie.

Abitare e vivere gli spazi delle città serenamente è ancora una strada lunga da percorrere e la partecipazione di più donne anche nell’ambito delle strategie e delle pianificazioni urbane potrebbe aiutare perché ripensare strategicamente ad una nuova pianificazione degli spazi significa farlo anche in una prospettiva di genere.

Sabrina Carnemolla

Studio Comunicazione Pubblica e Politica a Torino dopo la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali conseguita a Napoli, la mia città. Un po' polemica per natura, nel tempo libero affronto la dura vita di una fuorisede.

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