Ogni tifoso e amante di calcio ha sempre visto il campionato nazionale e l’Europa delle coppe come due mondi diversi ma paralleli. Quante volte, pur vedendo le nostre squadre andare bene in campionato, ci siamo preoccupati per le ostiche partite in Europa? E quante volte vedendo disastrose partite in Europa abbiamo messo nelle mani del campionato le nostre speranze sportive?
Osservando questo diffuso e bipolare modo di vedere il calcio, viene voglia di andare ad analizzare se questi timori e queste speranze hanno un fondo di verità, oppure sono solo schemi mentali di noi tifosi e le squadre affrontano ogni competizione con lo stesso spirito e che alcuni cambiamenti radicali sono solo frutto del caso. Andando a spulciare la storia del calcio ci si accorge immediatamente che, come ogni cosa che si vuole analizzare in questo mondo, le risposte possono essere tante, le cause molteplici e gli effetti innumerabili.
Allora come si può trovare un filo conduttore per spiegare gli atteggiamenti diversi che stanno avendo la Juventus, la Roma, il Napoli, l’Inter, la Fiorentina e il Torino nelle due competizioni (nazionale ed europea) che stanno affrontando?
Bene! Se la Rivoluzione scientifica ci ha insegnato qualcosa è proprio quello di analizzare una questione passo dopo passo, scomponendo e ricomponendo. Seguendo questo collaudato schema (Galilei rulez) partiamo dalla competizione a tutti più cara: la Champions. Fin dai tempi della Coppa campioni, la massima competizione europea ha sempre avuto leggi che in altre competizioni non valgono. Sin dai tempi della vecchia formula (dove erano ammesse solo le squadre campioni dei loro rispettivi paesi) le motivazioni, l’agonismo, l’atmosfera e le emozioni hanno sempre fatto in modo che nessuna partita fosse scontata nella massima competizione d’Europa. In passato (visto che anche la formula si prestava tanto a certi tipi di avvenimenti) si poteva vedere trionfare il Nottingham Forest, mentre nel presente (anche se, dopo gli ottavi, le prime otto rispecchiano quasi sempre il vero) si possono vedere partite ai confini della realtà (come dimenticare,per fare un esempio, la scalata dell’Apoel Nicosia nella stagione 2011\2012).
Da quello che si trae da questa modesta analisi (e v’invito a continuarla poiché ognuno può dire la sua ed inoltre è divertentissimo muoversi nella storia del calcio) si nota subito che la ratio di fronte alla Champions perde efficacia ( e con essa il metodo empirico), trionfa l’imprevedibile e mi sento di affermare che, per vincere questa competizione, la qualità di una squadra, vale il 70% mentre il restante 30% è un mix delle leggi su citate. Mentre il mondo continua a sembrare un romanzo realista, la massima competizione europea sembra ancora in grado di raccontare favole ai confini dell’immaginazione. Possiamo concludere che in Champions se le italiane a volte sembrano diverse è per l’irrazionalità intrinseca della competizione.
Diverso il discorso invece, che riguarda l’Europa League. La natura ambigua della formula, scaturita dalle tante fusioni tra competizioni nel corso della storia (prima con la Coppa delle Fiere, poi con la Coppa delle Coppe nel’99) ha reso il percorso della seconda competizione europea un po’ particolare. Agli albori (essendo la Champions costituita solo dalle prime in classifica) si potevano apprezzare grandissime squadre. Infatti come dimenticare le tre vittorie di Juve, Inter e Liverpool, i due trionfi del Real, del Parma, del Porto e le vittorie del Bayern,del Napoli di Maradona, dell’Ajax e quella recente del Chelsea. Vedendo questo palmarés, sembra subito che valgano le leggi della Champions anche per l’Europa League, ma non è così, questa competizione (a partire dalla disgregazione della Jugoslavia e con l’accesso in Champions di più squadre oltre alle scudettate) ha subito un allargamento enorme, inglobando squadre sempre di più, fino a farla divenire una competizione lunghissima ed interessante solo dai quarti in poi. Quindi, se non si può spiegare il diverso atteggiamento di Napoli, Torino, Inter e Fiorentina con gli stessi parametri della Champions, allora perché questo quartetto sembrava cosi diverso Giovedi? La risposta è semplice: l’allargamento della competizione fa affrontare squadre di bassissimo livello nei primi mesi, e le italiane se giocano le demoliscono (vd.le numerose semifinali disputate dalle italiane in questi ultimi 20 anni della competizione), oppure perdono motivazioni e non s’impegnano preferendo uscire e concentrarsi sul campionato. Questo sembra spiegare il netto cambiamento delle italiane in Europa League, che pur essendo squadre di buon livello (il Napoli di primissimo livello) faticano in Italia dove le squadre di basso livello si difendono in 11, mentre in Europa pur affrontando squadre di livelli simili riescono ad imporsi meglio grazie soprattutto alla mentalità ,tutta europea, di queste squadre di giocarsela anche quando si è meno forti, e di conseguenza quindi di far giocare anche l’avversario.
Ovviamente non ci sono conclusioni su questa determinata questione. Ogni appassionato può aggiungere motivazioni tecniche,tattiche,psicologiche per spiegare i diversi atteggiamenti delle squadre in Europa rispetto al proprio campionato. Ma questa ricerca empirica ( che deve giungere a conclusioni per poi generarne altre) porta sicuramente a dire che le nature intrinseche delle competizioni europee sono importanti per capire tutto ciò.
Fonte immagine in evidenza: maidirecalcio.com
Luca Varriale