Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da violenti terremoti che hanno devastato l’Italia centrale. L’ultimo, quello di magnitudo 6.5 è il più forte registrato in Italia dai tempi dell’altro terribile terremoto dell’Irpinia del novembre del 1980.
Numerose le vittime umane e i danni al patrimonio edilizio e storico del paese causate da questi terribili terremoti ma, la cosa che deve far riflettere è che, nonostante tutto in Italia non si è mai avviato un concreto piano di salvaguardia del patrimonio edilizio e storico di tutto il territorio nazionale e nonostante l’Italia sia un paese con altissimo tasso di sismicità.
Da quasi quarant’anni si ascoltano sempre gli stessi proclami di “ricostruzione”, ma si continua a non ricostruire nulla, anzi, in Irpinia vi sono ancora delle baraccopoli in cui vive tantissima gente ancora in attesa delle “ricostruzioni” acclamate negli anni 80.
Lo stesso vale per l’Aquila e, in questi giorni, ascoltiamo le stesse parole che, ci auguriamo, non abbiano riscontro nullo, o quasi, come negli altri precedenti.
Dal punto di vista normativo, in ambito antisismico, siamo all’avanguardia e l’ingegneria napoletana è fiore all’occhiello in materia ma, purtroppo, tutto ciò ancora non basta. In primo luogo perché in Italia non si costruisce più nulla che possa quindi essere costruito secondo le nuove teorie antisismiche e, in secondo luogo, perché non vi è la giusta cultura della manutenzione degli edifici e, come dicevamo, non vi sono programmi concreti che possano incentivare il consolidamento sismico delle nostre case, delle nostre scuole. I cittadini italiani devono capire una volta per tutte che l’Italia è un paese altamente sismico. Ci si deve abituare a convivere con questa evidente realtà che a molti ancora sfugge.
Ecco, di seguito, la mappa di pericolosità sismica della penisola italiana.
Essa rappresenta graficamente le accelerazioni al suolo attese in caso di evento sismico, rapportate all’accelerazione di gravità g.
Come si può osservare, lungo tutto l’appennino a partire dalla punta dello stivale, sono attesi i terremoti più violenti.
I terremoti , come è noto, si concentrano in genere in zone delimitate.
Con la teoria della tettonica a placche formulata per la prima volta da Wegener nel 1915, è stata data una spiegazione della distribuzione degli eventi sismici e dei vulcani, e di alcuni fenomeni morfologici come la formazione delle grandi catene montuose. Questa teoria afferma che i terremoti tendono in genere a concentrarsi lungo i margini tra le diverse placche (o zolle) componenti lo strato più superficiale del nostro pianeta (la litosfera). I terremoti possono verificarsi in prossimità di vulcani attivi e di catene montuose di recente formazione.
Anche la sismicità della penisola italiana quindi presenta una sua caratteristica distribuzione interpretabile con la teoria della tettonica a placche. La penisola italiana, come tutto il bacino del Mediterraneo, è interessata da un’intensa attività sismica che si verifica in aree che sono state identificate secondo tale teoria come sede di equilibri dinamici tra la zolla Africana e quella Eurasiatica. In particolare si ha una notevole attività sismica lungo la catena appenninica e l’arco calabro, ossia in corrispondenza delle strutture che sono state identificate come zone di interazione tra la zolla Africana e quella Eurasiatica.
A causa di questa caratteristica l’Italia è stata, da sempre, scenario di terribili terremoti di cui vi sono testimonianze dai tempi antichi al medioevo, fino ai nostri giorni. Vi basterà fare una semplice ricerca nel web per osservare che sono stati tantissimi i terremoti altamente distruttivi. Citiamone qualcuno.
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2 febbraio 1438 nel Lazio: Sisma definito “spaventoso” di magnitudo tra 5.4 e 5.6 Richter fu probabilmente il secondo terremoto più forte prodotto dal vulcano dei Colli Albani.
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5 dicembre 1456, zone interessate : Regno di Napoli (Molise, Sannio, Matese, Irpinia, Napoli, Abruzzo). Con epicentro nella zona di Benevento, si tratta probabilmente del terremoto più forte dell’ultimo millennio che abbia interessato la fascia peninsulare Italiana al di fuori della Sicilia, interessò buona parte del Centro e Sud Italia. A Napoli crolla il campanile della chiesa di Santa Chiara, la chiesa di San Domenico Maggiore deve essere ricostruita, il duomo e la cappella palatina di Santa Barbara in Castel Nuovo restaurati. A Teramo morirono più di 200 persone. A L’Aquila si verificarono numerose crepe negli edifici e il crollo della Torre di Piazza Palazzo. Rivisondoli fu completamente rasa al suolo, ed il più antico ed artistico monumento del paese, la Chiesa Madre, subì danni gravissimi. Rocca Cinque Miglia e Roccaraso furono seriamente danneggiati, ed a Castel di Sangro rovinò un torrione del castello. Numerose furono le vittime nei paesi degli Altipiani Maggiori, e l’insediamento di Roccapizzi, nelle vicinanze di Pescocostanzo, completamente raso al suolo, venne abbandonato dagli abitanti, e mai più ricostruito. Le scosse si susseguirono distruttrici il 15 e il 17 dicembre e lo sciame sismico fu avvertito dalla popolazione sino al 27 dello stesso mese.
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30 luglio 1627: Puglia e Campania. Il sisma rase al suolo San Severo, Torremaggiore e diversi centri limitrofi e provocò un maremoto sulle coste del Gargano, soprattutto presso il Lago di Lesina. Persero la vita diverse migliaia di persone.
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5 giugno 1688: Sannio, 7.0 Richter. Un immane terremoto rase quasi al suolo la città di Benevento, portando notevoli danni anche a molti comuni della provincia; i dispersi furono 163 che, insieme alle vittime, furono una cifra notevole se comparata ai 7000 abitanti che la città contava allora. Gravissimi danni subì anche la città di Napoli (crollo della cupola della chiesa del Gesù Nuovo e del tempio dei Dioscuri trasformato in basilica di San Paolo Maggiore, danneggiata la basilica di Santa Restituta). Avvertito intensamente anche in Abruzzo (con danni a L’Aquila) e Molise.
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25 febbraio 1695: Veneto, 6.5 Richter. Distruzione e tantissime vittime
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Febbraio 1783: Calabria e Sicilia, 6.9 Richter. Un terremoto di due minuti distrusse o danneggiò gravemente gli edifici di Messina, Reggio e di centinaia di paesi nell’area dello Stretto e della Calabria centro-meridionale. Scosse anche il 6 e 7 febbraio, il 1 e 28 marzo. L’evento sismico provocò circa 50.000 vittime.
Innumerevoli, inoltre, i terremoti in centro e nord Italia, area da sempre a rischio. Concludiamo la carrellata ricordando il terremoto del 28 dicembre 1908 in Calabria e Sicilia, la più grande sciagura in Europa per numero di vittime a memoria d’uomo. Il sisma durato 37 secondi provocò un forte tsunami che distrusse le città di Reggio Calabria e Messina. Il resto è storia recente.
Non ci si meravigli dunque dei terremoti e, come ha detto il noto Architetto Renzo Piano in un suo intervento in una nota trasmissione televisiva, si abbandoni il concetto medievale di “fatalità” in quanto abbiamo gli strumenti per combatterli.
Non si potrà mai prevederli ma, costruendo e consolidando con i moderni criteri antisismici possiamo convivere con i terremoti anche i più violenti. Sarà bello quando, come in Giappone dove i terremoti di magnitudo 6 sono quasi quotidiani, si potrà assistere all’esaurirsi di un evento sismico mentre stiamo svolgendo il nostro lavoro, mentre ci sentiamo al sicuro nelle nostre case, mentre i nostri bambini saranno al sicuro nelle loro scuole.
Salvatore Annona