Una rappresentanza della Corte dei Conti, durante la sua audizione presso la Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, ha avuto modo di esprimere il proprio parere sull’operato del governo riguardante la fiscalità e l’evasione fiscale. Non è una novità che il fisco italiano sia caratterizzato da mancanza di un equo criterio distributivo dei tributi in carico a lavoratori dipendenti ed autonomi e da una evasione fiscale altissima, cui spesso si è cercato di risolvere attraverso vari condoni fiscali finendo per alimentare un circolo vizioso per cui ad ogni condono aumenta la quota di tributi evasi al fisco.
I giudici della Corte dei Conti lo sanno e nel corso del loro operato hanno più volte avuto modo di ribadire quanto affermato di sopra ed anche questa volta hanno accompagnato questa breve descrizione di una situazione di fatto ai dati dei più recenti studi di settore.
La situazione viene descritta dalla Corte come “desolante” prospettando una “urgente” riforma de fisco italiano, stimando che “l’ammontare complessivo di tributi e contributi annualmente evasi superi in Italia i 120 miliardi di euro l’anno” e che tale evasione si concentri principalmente “tra le attività indipendenti, che si traduce in evasione all’Iva, all’Irap e all’Irpef/Ires”.
Nella denuncia della Corte dei Conti viene evidenziata pure la difficoltà interpretativa della normativa fiscale italiana, che spesso risulta mal coordinata e contraddittoria, poichè “adottata sulla spinta di emergenze contingenti” e quindi mancante di una progettualità basata sul contrasto all’evasione nel lungo periodo, sottolineando quanto la contraddittorietà della lotta all’evasione sia principalmente colpa della politica. Nella relazione è stato più volte affermato che la correttezza fiscale sembra sia più che del sistema di controlli e di sanzioni, frutto della lealtà del singolo contribuente. L’attività di controllo è modesta ed influisce in maniera irrisoria sul comportamento del contribuente, ed i suoi effetti deterrenti sembrano svanire nell’arco del secondo anno, anche a causa della prescrizione che non permette l’efficacia delle sanzioni penali.
Per la Corte dei Conti principale imputato di questa situazione è il sistema dei controlli “esclusivamente reattivo” poichè per conseguire la riduzione dell’evasione a dimensioni paragonabili con quelle degli altri paesi europei sviluppati occorre una gestione più moderna del rapporto con il contribuente ed un uso evoluto delle tecnologie disponibili. Vengono auspicati dei progressi dell’attuale normativa sulla tracciabilità “anche al di sotto dell’attuale soglia” e viene consigliato di basare gli studi di settore su dati diversi da quelli provenienti dall’autocertificazione, “l’evoluzione del sistema implica un diverso ruolo dell’amministrazione fiscale” che deve farsi proattiva e non più orientata solamente alla repressione, impegnandosi anche nell’induzione di comportamenti coerenti con il fine ricercato.
Marco Scaglione