Con l’arrivo del nuovo anno, anche la nostra rubrica del Ventre di Napoli respira aria di novità. E così, in occasione del suo primo appuntamento del 2018, ci porta alla scoperta di uno di quei luoghi della nostra città la cui storia si è recentemente sviluppata sotto il segno della rinascita: la Biblioteca dei Girolamini.

Specializzata in filosofia, teologia cristiana, chiesa cristiana in Europa, storia della Chiesa, musica sacra e storia d’Europa, la biblioteca, la più antica di Napoli insieme alla Biblioteca Nazionale e seconda in Italia solo a quella Malatestiana di Cesena, appartiene dal punto di vista architettonico al complesso della Chiesa dei Girolamini ed è nota alla storia per l’assidua frequentazione di Giambattista Vico e Benedetto Croce. Contrariamente al regolamento degli ordini monastici, che non prevedevano l’ingresso all’interno dei loro edifici, dal 1586 fu aperta alla frequentazione del pubblico. Con il suo patrimonio di circa 159.700 unità tra volumi  ed opuscoli,  tra  i  quali 137 stampati musicali, 5.000 edizioni del Cinquecento,  120  incunaboli,  10.000  edizioni  rare e di pregio, 485 periodici e  una quantità non ancora determinata di microfilm e ritratti, costituisce una delle biblioteche più ricche del Mezzogiorno. Su consiglio di Vico, nel 1727, i padri oratoriani acquistarono la Biblioteca di Giuseppe Valletta, contenente testi giuridici, filosofici, letterari e religiosi del XVII-XVIII secolo napoletano. Essa si estende in quattro meravigliose sale sei-settecentesche del complesso, opera di Arcangelo Guglielmelli, ultimata poi dal figlio nel 1727.

Ammirata dai napoletani e non solo, la Biblioteca dei Girolamini ha per secoli nutrito il tessuto culturale del centro storico, con gli artisti che da tutta Italia giungevano a fare visita, a donare opere ed ha offerto lavoro a grandi nomi della storia napoletana, da Ribera a Luca Giordano. Ma è nel nostro secolo che la sua storia si è macchiata dell’onta della vergogna, del furto. Una macchia che l’ha trascinata in basso, nel baratro del degrado e della rovina. Una parabola decadente che inizia negli anni ’50 del secolo scorso, quando diventa oggetto di piccoli furti, per poi essere scelta come rifugio per gli sfollati del terremoto dell’80. L’episodio determinante per il declino si verifica però nel giugno del 2011, quando ad essere nominato direttore della Biblioteca è Marino Massimo De Caro, una figura ambigua sin dal suo ingresso in scena : senza laurea, con accuse e indizi che lo ritraggono come protagonista del commercio illegale di libri antichi su scala mondiale e una serie di legami ed amicizie ai piani alti della politica. È uno storico dell’arte a parlare, ad accorgersi che De Caro sta usurpando il patrimonio della Biblioteca, aprendo nel 2012 lo scandalo e dando il via al processo che si sarebbe concluso l’anno successivo con il sequestro dell’edificio e l’arresto del suo direttore, accusato di aver rubato alla struttura un totale di quattromila volumi, un danno all’Italia che ammonta a 20 milioni di euro.

Nel 2012, Umberto Bile, storico dell’arte, con un lavoro faticoso e coraggioso ottiene la riapertura dei Girolamini: la sua morte improvvisa arrivata l’anno successivo ne provoca una nuova, repentina chiusura. La situazione dell’edificio continua a precipitare nel degrado: i vetri della cupola sono rotti, le infiltrazioni d’acqua rovinano il soffitto, i piccioni si annidano all’interno. Cadono pezzi dal soffitto e le macerie restano sul pavimento, nessuno se ne cura, nessuno si preoccupa dei fondi e nessuno cerca di dare una svolta alla situazione deplorevole.

Tre anni dopo il disastro, per i Girolamini sembra iniziare un tempo migliore: nell’ottobre 2015, la biblioteca riapre straordinariamente per una visita guidata di 4 ore. L’obiettivo è quello di mostrare che, anche se la strada da compiere è ancora lunga, la fase dell’oblio è finita e i lavori sono iniziati. Una seconda riapertura è avvenuta il 19 e 20 marzo 2016, in occasione delle Giornate FAI di Primavera. E finalmente, nel febbraio 2017, l’annuncio della rinascita grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, che ha promosso il corso di “Storia e filologia del manoscritto e del libro antico”. Un percorso biennale e gratuito, accessibile ai 20 migliori giovani filologi dell’Università, il cui compito sarà quello di mettere a frutto le competenze acquisite durante gli studi per dare vita ad un nuovo catalogo del materiale della Biblioteca. Gioventù e amore per i libri, collaborazione ed occupazione: oltre quattro secoli dopo la sua apertura, all’alba della sua rinascita, la Biblioteca dei Girolamini avvia il suo riscatto con le armi del sapere, che l’hanno resa uno degli edifici cardinali per la circolazione della linfa della cultura nelle strade del centro storico di Napoli.

Sonia Zeno

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