Parlare di chimera di certo evoca l’immagine di figure mitologiche abbastanza inquietanti, ma in realtà si tratta di un termine tecnico che identifica un organismo ibrido ottenuto dall’immissione in un embrione di cellule staminali provenienti da una specie diversa.

E’ per questo motivo che nella ricerca del Salk Institute of Biological Studies California, che si basa sostanzialmente sulla produzione di tessuti umani utilizzando un “vettore” non umano, si parla di chimera.

Sostanzialmente stiamo parlando di un embrione di maiale utilizzato come vettore per cellule staminali umane e che, una volta fecondato, viene reimpiantato nell’utero della scrofa per proseguire lo sviluppo.

L’embrione chimera si sviluppa normalmente, dando vita però ad un organismo ibrido formato in parte da tessuti umani che crescono “parallelamente” a quelli originari del maiale.

Il maiale è uno degli esseri viventi più utilizzati nella ricerca sui trapianti perché i suoi organi hanno dimensioni molto simili a quelli umani e si sviluppano più velocemente (la gestazione del maiale dura circa 4 mesi).

Ovviamente la questione etimologica riguardo il termine chimera è di certo secondaria rispetto una serie di esperimenti e ricerche che inevitabilmente danno vita a un serio quanto difficile dibattito etico-morale.

Tecnicamente non siamo di fronte allo sviluppo completo di un essere vivente allo scopo di prelevarne gli organi, ma ad una sorta di Piastra di Petri biologica dalla quale gli organi e tessuti impiantati vengono rimossi nelle prime fasi di crescita e fatti sviluppare in vitro.

Fino a questo momento, specificano gli scienziati, non è stato mai utilizzato tessuto cerebrale nella chimera e, viste le innumerevoli difficoltà incontrate, non sembra che questo possa avvenire in un futuro prossimo.

Un’ impostazione, quindi, abbastanza “semplice” da analizzare sul piano etico, ma che comunque non ha potuto beneficiare di fondi federali perché negli USA è tutt’ora vietato sovvenzionare ricerche che riguardano embrioni chimera.

Più importante della questione morale c’è l’analisi di come l’utilizzo dell’embrione chimera e delle tecnologie connesse potranno impattare sul mondo della genetica e della medicina in generale.

Quello che è certo è che gli scienziati di tutto il mondo cercavano una “piattaforma” universale su cui sviluppare organi e tessuti da impiantare.
Una piattaforma ben conosciuta dal punto di vista biomolecolare e in grado di “accogliere” cellule staminali umane permettendone uno sviluppo veloce e funzionale. La chimera basata sull’embrione di maiale risponde perfettamente a queste caratteristiche.

In secondo luogo la genetica in se, e forse il mondo della ricerca generale, aveva bisogno di scoperte decisamente più “palpabili” che non fossero solo speranze più o meno fantascientifiche ma qualcosa di più.

La ricerca del Salk Insitute, come giustamente ammesso dagli autori, è ancora lontana dal “lancio” e i problemi da risolvere sono molti, ma forse è in grado, in un futuro speriamo non lontano, di stabilire una base di lavoro comune utilizzabile per creare organi da trapiantare esenti da rigetto e soprattutto disponibili e di definire un punto di riferimento.

Abbiamo tutti bisogno che in futuro la speranza di chi necessita un fegato o un rene non sia più legata alla morte di qualcun altro e, che si parli di embrione chimera o altre questioni, è il momento di superare in maniera intelligente i dibattiti etici e concentrarsi sui passi avanti che parallelamente la scienza ha compiuto e sta compiendo.

Mauro Presciutti

 

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