No, non aspettatevi la solita, ripetitiva ed arida moviola: l’ho detto e lo ripeto per l’ennesima volta, non leggerete mai un commento basato su un episodio accaduto ad un determinato minuto, non cadrò mai nella tentazione di giudicare un’intera prestazione basandomi su avvenimenti isolati.
Innegabile che i primi minuti della gara dell’Olimpico abbiano lasciato qualche dubbio sulle scelte compiute da Orsato: due falli piuttosto energici di De Rossi e Totti avrebbero potuto essere sanzionati non solo con un richiamo ufficiale ma con un’ammonizione. Una lettura di questo genere, per quanto legittima, appare superficiale se realmente vogliamo cominciare ad approfondire nozioni più elevate di tecnica arbitrale.
L’analisi di una direzione non può e non deve limitarsi ad individuare due (piccole) sbavature in una gara diretta con il piglio del fuoriclasse. Un arbitro va, infatti, giudicato sotto due aspetti fondamentali:
- Prestazione complessiva
- Esame dei particolari
I particolari li abbiamo già evidenziati: due falli che, regolamento alla mano, sarebbe stati meritevoli di sanzioni ufficiali e non di semplici richiami. Bastano, dunque, questi due episodi per determinare la condotta complessiva? Ovviamente no, anche se (come mi attendevo) nel post gara, ed anche questa mattina, alcuni quotidiani hanno basato il proprio giudizio incentrando l’attenzione solo su eventi singoli. Inutile affermare che, a livello arbitrale, non c’è nulla di più sbagliato.
Partiamo da due concetti ulteriore che possono essere valutati solo dopo il triplice fischio finale: l’arbitro è stato sempre in controllo della gara? La gara può essere definita facile, normale o difficile?
La seconda domanda ha una risposta tanto banale quanto attesa: si è trattato di un incontro molto complesso, con agonismo a tratti esasperato e scontri spesso oltre il limite di soglia (con ciò intendendo falli sanzionabili con semplici calci di punizione senza dover ricorrere ai cartellini).
La prima domanda, al contrario, potrebbe prestarsi (ad occhio meno attento) a differenti interpretazione. Dal mio punto di vista Orsato non ha mai perso il controllo della gara, nemmeno dopo i primi due episodi ricordati precedentemente. Il motivo è presto detto: ha impiegato circa dieci minuti per l’interpretazione corretta, cambiando in corsa il metro di giudizio e non discostandosene più. La qualità fondamentale di un arbitro è proprio quella di rendersi conto che quanto preventivato in sede di studio o di briefing non si rivela come la scelta migliore. Motivo per cui dal decimo del primo tempo si è accorto di non poter controllare i calciatori con il semplice ricorso alla personalità (peraltro dimostratasi eccelsa anche in questa occasione). Nel momento stesso in cui ha chiuso la fase di prevenzione, ha compreso che l’unica via per tenere in mano la gara risultava essere la sanzione disciplinare e, per tutto il resto del tempo, ha applicato con assoluta coerenza il metro scelto, punendo tutti i falli di intensità superiore al consentito.
Roma – Juventus: quando un alieno veste i panni di un arbitro
Il risultato, dal punto di vista puramente tecnico, è stato eccellente, e se paragonato ad altre recenti direzioni di gara è stato degno più che di un arbitro di un vero e proprio alieno: molte ammonizioni, un’espulsione (indiscutibile), pochissime proteste (non a caso tutte le sanzioni disciplinari sono state conseguenti a falli di gioco) e nessuna polemica da parte di calciatori, allenatori o dirigenti.
Il giudizio complessivo, in conclusione, non può che essere ampiamente positivo. E’ certamente palese che Roma-Juventus rappresenta una tappa in una carriera finora brillantissima, con due gioielli come le finali di Coppa Italia (2013 e 2014) e con un futuro che gli regalerà ancora tante soddisfazioni anche in campo internazionali (non dimentichiamo che è in piena corsa, assieme a Gianluca Rocchi, per i mondiali del 2018).
A completare una serata di grande soddisfazione non solo per chi è sceso in campo ma per tutta l’Associazione, è doveroso evidenziare la perfetta collaborazione fornita da Mauro Tonolini di Milano e da Lorenzo Manganelli di Valdarno che non hanno sbagliato una singola valutazione. Ed anche alla voce assistenti non si tratta certo di una casualità: è utile ricordare che l’AIA, oltre a quattro arbitri utilizzati con costanza nelle gare di Champions League, può contare su (almeno) sei assistenti di valore mondiale che pongono la nostra scuola su un piano di assoluta eccellenza, con ogni probabilità superiore alla media delle altre federazioni.
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Luca Marelli