Qualche giorno fa ho intervistato Asia Ghergo, cover maker/youtuber musicale del momento. Il suo pubblico nasce dal web e si materializza nei suoi live, ultimamente la musicista classe ’99 ha avuto la fortuna di aprire una miriade di concerti: Ex Otago, Gazzelle, Pinguini Tattici Nucleari, Pop_X, per citarne alcuni. E, nello stupore generale, il concerto de Lo Stato Sociale al Forum di Asssago. [VIDEO]

Fortuna e stupore che non mettono in discussione però il suo incredibile talento e che ci proiettano ad immaginare un futuro completamente radioso per Asia nel mondo della musica.

Asia Ghergo sul palco con gli Espana Circo Este
Asia Ghergo sul palco con gli Espana Circo Este

Asia Ghergo ha spopolato nel web diventando una vera e propria icona dell’internet nostrano. Il suo successo lo deve al giorno in cui ha deciso di aprire un canale Youtube e pubblicare video delle sue rivisitazioni di brani “indie”, rigorosamente chitarra e voce, direttamente dalla sua cameretta.

I seguaci di Asia Ghergo, per la maggior parte, afferiscono al fedelissimo quanto selvaggio pubblico dell’indie, ma non solo.

Partendo da questa categorizzazione forse antitetica della musica, passando per le attuali logiche del mercato musicale, fino ad arrivare alla sua personale concezione della Dark Polo Gang, ho provato ad inquadrare sotto il profilo artistico la giovane Asia Ghergo.

A seguire l’intervista:

Se è possibile definirla, chi è artisticamente Asia Ghergo?
Raccontaci brevemente la tua storia.

A: “Bella domanda (ride). Sono una musicista. La mia storia, artisticamente parlando, inizia quando mi son detta di iniziare a divulgare le cover che facevo di brani che ascoltavo, per lo più tutti tendenti all'”indie”, li facevo ascoltare ai miei amici e mi prendevano in giro, “cheroba  ascolti?”, mi dicevano, ma io iniziai a postare dei video dove eseguivo le cover di questi brani prima su facebook, e non ebbi una grande risonanza, fino a quando non decisi di aprire un canale youtube e pubblicarle lì. Le persone hanno iniziato a guardarli, sempre di più, e io ancora non riesco spiegarmi il perché. Riconosco le mie qualità, perché vivo di musica, ma ci sono tanti ragazzi e ragazze che utilizzano questa formula. E non so davvero a cosa sia dovuta la risonanza ottunuta. Ma sto facendo ciò che mi piace fare e anche se quando guardo il soffito, mi chiedo come sia possibile, continuo a crederci sempre di più”.

Opening Act con live acustico
Opening Act con live acustico

Il risultato positivo del tuo esprimento è anche dovuto ad un periodo particolare della musica, lo definirei di transizione. Tu stessa ci hai raccontato di quanto era difficile per te ottenere un riscontro, ciò dovuto sicuramente alla mancata conoscenza dei pezzi che proponevi. Oggi abbiamo una situazione opposta, si prova ad essere sempre più “indie” tra gli indie, anche per chi prova ad immetersi nel mondo della musica. Tu cosa ne pensi? Quali sono le tue considerazioni in tal senso?

A: “Partirei con un inciso: l’indie non esiste. O meglio non esiste più. L’indie è un genere non genere, tutti i dischi anche quelli delle etichette discografiche indipendenti nella stragrande maggioranza dei casi sono distribuiti da una major. Sono considerazioni anacronistiche e puerili quelle del tipo “ah ma prmai è commerciale” , oppure “c’è il logo di una major sul disco”. I dischi lo-fi non possono considerarsi una realtà, proprio perchè  l’asse del mercato musicale (mi riferisco a ciò che accade in Italia) si è spostato ed è alla ricerca di altro, “in fase di transizione” come dicevi tu: è impossibile non dar di conto a i numeri che hanno “Le luci della Centrale Elettrica”, “Lo Stato Sociale”, “Brunori Sas” e tanti altri. Questa sì che è una realtà. Contrastare ciò che diventa popolare, quando precedentemente se ne rivendicava la conoscenza, per vantarsi di  un’identità alternativa è un messaggio sbagliato. La musica dovrebbe unire. Rimane il fatto che esistono delle dinamiche di mercato che lasciano davvero perplessi, e che ci sono degli approcci diversi nel far musica da parte dei singoli e delle band, ma sono scelte personali.
Per chiudere il discorso, io ascolto la Dark Polo Gang e non me ne vergogno (forse un po’), e mi diverte perché la musica deve essere anche scena, spettacolo. Fortunatamente ha mille diramazioni e noi possiamo sceglierla in base a ciò che ci capita, a come ci
sentiamo”.

Consiglieresti a chi vuole affacciarsi nel mondo della musica la stessa formula che hai utilizzato tu? Può essere una forma di gavetta 3.0?
E cosa prospetti per il tuo futuro?

A: “Sì, potrebbe essere uno spiraglio. Io però consiglierei di non farlo, solamente perché ci perderei di originalità e chi mi dice che non arrivi qualcuno più capace di me. Voglio preservare “il mio marchio di fabbrica” se così si può definire. Se compri una t-shirt, di certo non consigli al tuo amico di acquistare la stessa che hai tu. Per il futuro stiamo a vedere, fortunatamente a breve dovrebbe uscire un singolo che farà parte di un lavoro che sto curando e che mi piace tantissimo. Posso solo dire che vi sorprenderà”.

Hai 18 anni da poco compiuti, vai a scuola, e ultimamente giri per l’Italia a suonare. Hai difficoltà a conciliare le due cose? Come le gestisci?

A: “E’ difficile, sono sincera, potrei dire il contrario, ma sono realista. Per fortuna i miei genitori sono molto aperti e hanno compreso che io vorrei intraprendere questa strada e non un’altra. Vivo la musica davvero, per quanto posso e anche di più. Della serie: me ne andrei sotto un ponte con una chitarra e starei bene. Ho pochissimi interessi oltre la musica, niente riesce a coinvolgermi così. Però posso dirti che c’è un libro che ha segnato un periodo di svolta per me, e da lì sono cambiata o forse sono venuta fuori per ciò che veramente sono. Il libro in questione è “Stargirl” di Jerry Spinelli, un romanzo adolescenziale”.

Mantenendoci sulla fatidica “scena indie” con chi ti piacerebbe collaborare?
E sull’esplosione del pop dei Thegiornalisti qual è la tua posizione a riguardo?

A: “Ce ne sono tanti, ad esempio “Lo Stato Sociale”, mi sono avvicinata a questo determinato campo musicale grazie a loro, oppure con Calcutta sarebbe un sogno. Anche con i Thegiornalisti, mi piacciono tanto. Ultimamente stanno ricevendo l’etichettatura di cui parlavo prima, “si sono venduti, sono commerciali ora”. Credo sia l’aspirazione massima di tutti i musicisti, estendere i propri lavori e far arrivare la propria musica a quante più orecchie e cuori possibili. Di conseguenza, diventare di fruizione popolare non credo debba essere visto come motivo d’accusa, poi ripeto che ci sono modi diversi di approcciarsi al mercato anche da parte degli artisti, ma questo criterio di giudizio non mi va giù affatto”.

Asia Ghergo nella sua camera, set dei suoi video
Asia Ghergo nella sua camera, set dei suoi video

Ho capito anche di aver dialogato con una persona intelligente che nonostante l’incredulità quotidiana nel realizzare il ciclone che l’ha trovolta, ha compreso che alcune concezioni frivole dovrebbero stare lontane dalla musica che, invece, ha lo scopo di unire i cuori seguendo ritmi diversi.

Asia Ghergo ha utilizzato una piattaforma come Youtube e i Social Network con astuzia e con audacia e, considerando il risultato, l’ha fatto sicuramente in maniera atipica e creativa.

Ma la sua grande fortuna sta nella propensione amorevole e naturale per la musica, ho percepito l’autenticità della sua passione e questa cosa (che non è poi così scontata come sembra) la porterà lontano.

Buona fortuna Asia.

Giuseppe Luisi

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