È stata una notte di scontri e fuoco quella del 4 dicembre tra forze dell’ordine e ribelli appartenenti a gruppi islamici. Il teatro di guerra è stata Grosnyj, capitale della Repubblica autonoma Cecena all’interno della Federazione Russa, che non era nuova a questo genere di avvenimenti. Dal 2009 infatti, era stato avviato il piano di riqualifica voluto dall’allora Primo ministro e attuale presidente Ramzan Kadyrov e Vladimir Putin. Il progetto si prefissava di ricostruire la città dopo i violenti scontri delle due, devastanti, guerre cecene. Nell’ultimo periodo, infatti, stavano nascendo, nel centro città, edifici di nuova costruzione come la nuova moschea, la più grande di tutta la Russia.
Gli attacchi ritornano proprio nel giorno del ventesimo anniversario dell’inizio della prima guerra russo-cecena (dicembre 1994).
L’ultimo bollettino conta 19 vittime, tra cui 10 poliziotti, 9 ribelli ceceni e 28 feriti, secondo l’agenzia pubblica RIA Novosti. Cifre però, che arriverebbero da fonti poco attendibili. Un dato è certo: 9 ribelli hanno perso la vita, uccisi dalle forze antiterrorismo, come afferma il presidente ceceno Kadyrov. Aveva esordito sul suo profilo Instagram con un secco «Tutto si risolverà in venti minuti», invece il tutto è andato avanti per l’intera notte.
I miliziani, nella notte, avrebbero attaccato con tre auto un posto di blocco della polizia stradale provocando ccosì la morte sul colpo di 3 agenti e ferendone altri 3. Scappati, si sono rifugiati nella “casa della stampa”: l’edificio è stato poco dopo distrutto insieme al mercato centrale di Berkat. La “casa della stampa” raccoglieva gli uffici dei media locali. Secondo Anne Nivat, giornalista indipendente che si trovava proprio nella città di Groznyj, i ribelli sarebbero saliti sul tetto dell’edificio con degli ostaggi. Lì avrebbero perso la vita 7 ribelli. La polizia, ora, è alla ricerca di altri guerriglieri nascosti negli edifici della città, probabilmente in una scuola, come afferma sul profilo Twitter il leader ceceno: «molti uomini sono stati rintracciati vicino una scuola al centro della città, senza ostaggi. Non escludiamo l’ipotesi che i ribelli vengano da un altra regione», prima di concludere avvertendo «Nemmeno uno ne uscirà vivo».
I guerriglieri apparteerrebbero al movimento islamista “Emirato del Caucaso”, che subito dopo, in un video pubblicato su kavkazcenter.com, ha rivendicato gli attentati. Dicono di agire per conto del nuovo capo: lo sceicco Ali Abu Mouhammad: «ci batteremo sino alla morte», affermano. I combattenti invocano, probabilmente, la difesa delle donne mussulmane, poiché recentemente nel paese si erano sollevate questioni in merito al velo. Il presidente, negò subito il divieto di indossare il velo ma, restò fermo sull’idea, che, secondo lui, una donna non dovrebbe coprirsi il viso: «È così che poi iniziano gli attacchi suicidi» aveva aggiunto in un post su Instagram lo scorso 17 settembre.
Molti sono i ceceni in Siria e in Iraq, combattenti tra le file dell’ISIS, e sembrano ormai aver aderito alla loro lotta contro Mosca. In un video diffuso a settembre i militanti ceceni dell’ISIS minacciavno una guerra proprio lì, nella loro terra, e all’inizio di ottobre cinque poliziotti rimasero senza vita per impedire ad un giovane kamikaze di farsi esplodere all’interno di una sala per concerti. Sembra però impossibile ora dire se i ribelli conoscevano la città e gli edifici dove si sono nascosti, e difficile è dire se si tratta di un singolo o di un gruppo. Per le autorità i ribelli stavano cercando di dar vita ad un’azione terrostica maggiore che però è stata sventata in tempo dalle forze dell’ordine.
Giuseppe Ianniello