Madre, signora, signorina, lavoratrice, moglie, purtroppo, in certi casi, anche proprietà.
Quanti modi per definire, in passato e oggi, le donne. Tutti ci affanniamo in questi giorni a pensare a cosa regalare agli angeli del focolare per la loro festa. Andiamo in giro per negozi, raffrontiamo i prezzi delle mimose, cerchiamo quelle più belle per poi regalarle alle donne l’8 marzo.
Già, l’8 marzo, festa della donna, come se ci fosse per forza bisogno di un giorno predefinito per festeggiarla.
Nata il 28 febbraio del 1909 in America, la festa della donna è arrivata fino a noi e da sempre la si festeggia, simbolo dell’indipendenza, dell’emancipazione e dell’uguaglianza delle donne nella nostra società. Come tutte le feste di questo genere, al pari di San Valentino, la festa del papà o della mamma, di recente quella dei nonni, questa ricorrenza è ormai diventata solo l’oggetto del nostro consumismo sfrenato, trasformando il suo scopo primordiale, in qualcosa di lontano anni luce da quello che era, andando a perdere il suo significato e il suo valore.
È bello e semplice ricordarsi del sesso che per anni è stato considerato quello debole una volta all’anno per poi distruggerlo, ucciderlo, discriminarlo per gli altri 364 giorni. Sono belle le iniziative che si stanno preparando nelle vari città, le maratone come quella di Torino, le manifestazioni o le bancarelle che donano piante, o ancora gli sconti, le promozioni che come destinatarie hanno solo ed esclusivamente le donne.
Tutte cose belle, iniziative lodevoli, ma una volta arrivati alla mezzanotte del 9 marzo cosa resterà di tutto questo? Ve lo dico io, nulla. Torneremo ad accendere la Tv e a vedere ragazzine mezze nude che non sanno far altro che mostrarsi per le loro curve, sinonimo che forse non abbiamo ancora davvero compreso quale dovrebbe essere il ruolo della donna e poi continueremo a leggere sui giornali di madri, mogli, figlie aggredite, violentate e uccise dalle stesse persone che le avrebbero dovute proteggere ed amare e che magari proprio l’8 marzo si sono presentate con una mimosa, un regalo ed un bacio da stampare sulle loro labbra.
L’affetto, il rispetto, la stima li si dovrebbero dimostrare tutti i giorni con un’attenzione, la cura, uno sguardo, una parola, perché se è vero che le donne oggi non sono più considerate quelle “femmine” che sfornano figli dal proprio utero con la stessa rapidità e frequenza con la quale estraggono una crostata dal forno, è altrettanto vero che siamo ancora lontani, molto forse troppo lontani, dal valorizzarle, tutelarle e proteggerle come si dovrebbe fare e come meriterebbero.
Nella nostra testa c’è e ci sarà sempre la convinzione che sia necessaria per forza una data stampata sul calendario per festeggiare qualcosa. Fino a quando questo accadrà, feste di questo genere continueranno ad avere poco significato. Non torneranno più ad essere un simbolo, ma solo un modo per spendere di più, per nascondere la testa sotto la sabbia per qualche ora e far finta che il mondo sia bello e senza problemi.
Può essere populista questo discorso, per certi versi lo è. Dire che le donne vanno festeggiate sempre e comunque è ciò che di più populista si possa dire, ma anche la sola cosa di buon senso che si possa, pensare, sostenere e gridare a gran voce.
Per ciò il mio augurio a tutte le donne lo faccio oggi, quando ancora l’8 marzo non è arrivato, perché se davvero si credesse, si valorizzasse la donna come merita, gli auguri li dovremmo dimostrare tutti quanti, tutti i giorni, con i fatti e non con una mimosa, una mattina all’anno.
Auguri a tutte le donne, auguri oggi, domani, dopodomani e così via.
Enrica Leone