https://www.corriere.it/sette/18_giugno_07/donna-senza-figli-non-donna-meta-4ae2ab88-68dd-11e8-861b-78f7b945ff41.shtml madre donne
Fonte: Corriere della Sera

La madre del piccolo Enea lo ha lasciato nella Culla per la vita dell’ospedale Mangiagalli di Milano. Questa notizia ha trovato spazio in ogni canale di informazione e tuttə hanno sentito il diritto di esprimere un’opinione nei confronti di una donna di cui non conoscevano l’identità, la storia e i problemi. I social e il mondo virtuale hanno assunto le vesti di una piazza confusionaria, animata da una folla di giudici sputasentenze, pronti a farsi portavoce di una morale che nel 2023 dovrebbe essersi spogliata in toto del suo valore. Ancora una volta il pubblico non mette in discussione sé stesso, senza tener conto del fatto che dall’altro lato dello schermo potrebbe celarsi la diretta interessata o tante altre donne e/o uomini che hanno dovuto o voluto rinunciare alla possibilità di essere genitori.

In un’Italia costruita sull’ideologia della familia che si nutre e si costruisce intorno al focolare domestico, manifestare il bisogno di non avere figli suona come una pretesa contro natura, egoista, supponente e infantile. Dall’Impero al Governo fascista, la figura della donna come moglie e madre è stata assunta e poi impressa nell’immaginario collettivo tramite gli strumenti della tradizione, della propaganda politica e pubblicitaria, dell’etica e dei rapporti sociali. Questo modello si è fatto così forte da non aver mai permesso una narrazione diversa e ancora oggi sulla voce “donna” esiste un tacito accordo, per il quale si intende che si stia parlando di qualcuno che punti al matrimonio e al diventare madre.

Le prime importanti fratture sono quelle della seconda e terza ondata femminista (si parla degli anni ’60 – ’80 e ’90 – 2000), che hanno allargato il dibattito ad una più ampia gamma di questioni quali la sessualità, la famiglia, il lavoro e i diritti riproduttivi, le disuguaglianze de facto e quelle giuridiche ufficiali. Le donne riconoscevano per la prima volte se stesse in quanto individui e iniziarono a vedersi occupate in posti prima di sola accezione maschile. Lavorare come un uomo, ha privato la donna di una grossa quantità di tempo libero, le ha dato gli strumenti per esplorare e affinare le sue doti e capacità, ha aperto il suo mondo e l’ha resa padrona delle sue scelte. Focalizzata sulla carriera o semplicemente su tutte le opzioni che compongono ora le sue possibilità, il desiderio di diventare madre può in alcuni casi passare in secondo piano, visto come una via potenzialmente non percorribile, in alternativa di altre più allettanti o meglio adatte alla propria persona.

Inoltre, oggi si sente anche il peso di trovarlo, un impiego. Nella società degli ultra-titolati non si smette mai di studiare e una gravidanza può essere un serio ostacolo sia per raggiungere l’agognato obiettivo della laurea, sia per essere assunte al lavoro dei sogni (o anche a un lavoro normalissimo).

Lei desidera diventare madre? Dobbiamo saperlo, sa.. per la continuità lavorativa

Ci danno sempre più l’impressione che assumere una donna sia complicato, frutto di una corsa a ostacoli, perché sembra che avere due cromosomi X significhi dare problemi, rallentare la produttività ed essere soggette a crisi ormonali e umorali. Queste difficoltà provocano frustrazione e insinuano nelle nostre menti il messaggio sbagliato che le donne non sono padrone di se stesse, dei loro corpi, della loro emotività, dei loro spirito materno. L’età media per diventare mamme si sposta così sempre più in avanti (ora non posso, devo laurearmi – devo iniziare lo stage – ancora non ho uno stipendio decente, posso permettermi al massimo un affitto – dopo anni di sfruttamento non mi hanno assunta, devo trovare un nuovo lavoro – ho appena iniziato e devo impegnarmi, non posso dire al mio capo di volere un bambino, mi licenzierebbe) portando l’asticella in una zona grigia in cui l’età raggiunta potrebbe mettere in serio pericolo la salute della donna in caso di gravidanza.

La società capitalistica che abitiamo richiede inoltre un grande onere: è difficile vivere serenamente in una casa in cui a portare lo stipendio è solo una persona, così come le spese per crescere un bambino sono un vero macigno. Nel 2015, come conferma l’Istat, la media di figli per donna è arrivata a 1,35 e il 21% delle madri dice che si tratta di una questione economica, dimostrando quindi che anche chi nutre uno spiccato spirito materno non può permettersi la vita che tanto si auspica.

Messe da parte però motivazioni quali la carriera e le difficoltà economiche, dettate dalla nostra società performante, bisogna anche e soprattutto concentrarsi su un ulteriore questione: non tutte vogliono diventare mamme. Questo tanto osannato spirito materno può semplicemente non presentarsi mai e una donna potrebbe anche non desiderare mai un figlio. Non perché è impegnata in altro, perché ha altri piani molto più ambiziosi per se stessa, non perché non ha abbastanza denaro o perché vuole dedicare la sua vita a una qualche altra e diversa missione: semplicemente potrebbe non volerne. Le narrazioni che ancora si portano avanti sull’orologio biologico che a una certa età inizia a suonare, quasi impazzito, legate allo stereotipo della massaia sempre impeccabile con la sua bella gonna a palloncino, non fanno altro che nutrire l’idea che una donna che non affronta una gravidanza è una donna a metà, con qualcosa di rotto, facendo tra l’altro sentire sbagliate anche tutte coloro che magari un bambino lo vorrebbero, ma che sono impossibilitate a causa di una malattia.

Nel 2023 dovrebbero avere tutte il diritto di scegliere, di essere padrone del proprio corpo e della propria vita, senza ricevere commenti negativi e giudicanti. Perché poi, quale sarebbe l’opzione? Di donne che fanno figli ma che non li vorrebbero ne è pieno il mondo e piena la storia. I bambini di genitori anaffettivi, privi di risorse economiche, trascurati e lasciati a sé stessi, messi da parte dall’egocentrismo e da un’educazione mal impartita, crescono con dei vuoti che da adulti saranno difficili da colmare. Le donne che si ritrovano in gravidanze non desiderate o che si sentono costrette a ricoprire un ruolo che non le si addice rischiano di vivere una perenne insoddisfazione, possono sentirsi come in trappola, in una gabbia di cui hanno smarrito le chiavi e che potrebbe tramutarsi dall’oggi al domani in una forma depressiva.

Alessia Sicuro

Laureata in lettere moderne, ha in seguito ha conseguito una laurea magistrale alla facoltà di filologia moderna dell'università Federico II. Ha sempre voluto avere una visione a 360 gradi di tutte le cose: accortasi che la gente preferisce bendarsi invece di scoprire e affrontare questa società, brama ancora di tappezzare il mondo coi propri sogni nel cassetto. Vorrebbe indossare scarpe di cemento per non volar sempre con la fantasia, rintagliarsi le sue ali di carta per dimostrare, un giorno, che questa gioventù vale!

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