TEATROARTE è la scuola triennale di arte teatrale ideata dall’associazione culturale La Carrozza d’Oro.
Questo progetto pedagogico di Pasquale Napolitano e Luana Martucci, docenti ed operatori teatrali, si terrà a Scisciano – in provincia di Napoli – con il patrocinio del Comune, dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza e dell’Accademia di Belle Arti di Nola . Le iscrizioni per prendere parte a tale iniziativa si sono concluse lo scorso 9 ottobre riscontrando un grande successo. Ma in cosa consiste TEATROARTE? Qual è l’obiettivo che si vuole raggungere? A seguire l’intervista a Pasquale Napolitano e Luana Martucci.
Cos’è TEATROARTE?
“È una scommessa. Un affronto alle forme dilaganti di deriva verso il basso. Un atto di coraggio contro la massificazione. Crediamo sia quello che cercavamo quando abbiamo cominciato ad incuriosirci dell’argomento teatro. In qualche modo rappresenta il cuore della nostra attività e della nostra idea di teatro: è un’emanazione diretta de La Carrozza d’Oro e in qualche modo ne rappresenta la sua struttura portante. È l’evoluzione di quanto fatto finora in termini di formazione in oltre venti anni di esperienza individuale dei soci fondatori come formatori teatrali nella scuola dell’obbligo e nelle scuole di teatro. TEATROARTE è la scuola triennale d’arte teatrale del nostro gruppo di lavoro: un luogo di trasmissione e di crescita. Un luogo dove imparare ad essere padroni di uno spazio infinito”.
Qual è il vostro obiettivo?
“Il nostro obiettivo è alzare il livello culturale, rendere le persone più consapevoli e riscoprire il significato di teatro d’arte. Insomma, fare un po’ di sana rivoluzione cominciando dal fatto che la qualità del lavoro non è direttamente proporzionale alla centralità geografica: ovvero non è detto che la qualità esiste solo nei grandi centri. Crediamo sia assurdo pensare che un liceo, tanto per fare un esempio, solo perchè si trova in città sia qualitativamente migliore di uno che si trova in provincia. La provincia è uno stato mentale. Il teatro, la cultura, l’arte non la fanno i luoghi, gli edifici, ma le persone”.
Il teatro può essere per i ragazzi un punto di riferimento? Perché?
“Più che un punto di riferimento, il teatro dovrebbe far parte dell’educazione di base di tutti. Immaginate che un ragazzo che abbia un controllo sui propri mezzi comunicativi (linguaggio verbale e non verbale) che la scuola pubblica, per un suo limite strutturale, non riesce ad offrire: quante persone conoscono e sanno utilizzare foneticamente l’italiano standard? Quanti conoscono e sanno utilizzare il proprio dialetto? Quanti hanno capacità relazionali che gli permettono di elaborare progetti comuni? Tutte queste discipline sono in genere demandate a chi si occupa di teatro e spettacolo in generale. L’Italia è un paese eccentrico, da questo punto di vista, in cui la lingua ufficiale – foneticamente, grammaticalmente e sintatticamente strutturata – è di fatto una lingua artificiale che quasi nessuno parla e i dialetti – che sono le lingue vive e che tutti parlano – non sono studiate e codificate. Ma questa, come dicevamo, è solo la base. Il teatro è un crocevia di discipline che vanno dall’estetica alla filosofia, dalla letteratura allo studio dell’arte e in cui il gioco, come sistema di apprendimento e di pratica attoriale, ne è il fulcro. Purtroppo dietro il termine “teatro” si nascondono tante trappole che hanno a che fare con i concetti di esibizionismo ed egocentrismo. Nella nostra esperienza, nell’idea che ci guida, il teatro è il luogo dove si esprime la propria individualità in rapporto alla società. Il teatro è, o dovrebbe essere, un’arte in cui il concetto di collettività, di ensemble, sia importante almeno quanto il proprio ego”.
Avete pensato di aprire un corso di teatro agli immigrati residenti in paese?
“Il teatro è, potenzialmente, uno strumento di forte inclusione sociale oltre che altamente educativo. Per esperienza personale, lavorando come formatori teatrali in strutture destinate all’inclusione o al recupero (carcere minorile di Nisida, Cooperative Sociali, progetti scolastici speciali) ci siamo accorti che oltre all’importanza dello strumento in sé – il laboratorio teatrale, nel nostro caso – può essere importante il fatto di essere frequentato anche da chi dell’inclusione non ne ha bisogno. Nei nostri corsi abbiamo avuto degli immigrati e la loro presenza è stata per noi e per gli altri allievi un momento di crescita, perché il teatro è espressione di una cultura, non un’imposizione della stessa. Proviamo ad essere espliciti: l’inclusione sociale dovrebbe basarsi su uno scambio, non sull’imposizione della cultura dominante. George Bernard Shaw scriveva “Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”. Purtroppo spesso l’atteggiamento è “Se tu ti permetti di avere un’idea le strade sono due. Primo, la tua idea non mi piace quindi devi avere la mia. Se poi hai l’arroganza di avere un’idea che mi piace me la prendo e l’idea diventa mia e non permetterti di avere ancora quella idea e non fartene venire altre! Prendi una mela, mangia e sta zitto”. Può sembrare divertente, ma è proprio l’atteggiamento che ci ha messo nella condizione in cui siamo”.
Ilaria Cozzolino