La circolare 6/2014 emanata dal ministro per la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, sembra quasi una risposta alla recente fotografia che il Censis ha scattato del nostro Paese, definendolo come una nazione ripiegata su se stessa, dove domina la paura e l’incertezza per il futuro e dove le vittime maggiormente colpite sono le giovani generazioni.
Il documento ha per oggetto l’”Interpretazione e applicazione dell’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dall’articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90”, una serie di rimandi a decreti legge che regolano la delicata materia degli incarichi dirigenziali nei soggetti in quiescenza e in riferimento ai quali la circolare cerca di fare chiarezza. Chiariamo subito che la circolare trova la sua ragione peculiare nell’impedire l’abuso, da parte delle pubbliche amministrazioni, nel conferimento di incarichi, anche di rilevante responsabilità, a dipendenti collocati in quiescenza. Tale condotta, come è facile constatare, impedisce ai più giovani di occupare incarichi di vertice e di acquisire la necessaria esperienza nell’espletare incarichi complessi che possano servire non solo ad arricchire la loro esperienza professionale, ma anche, e soprattutto, a portare idee fresche e nuove nel nostro apparato burocratico ogni giorno sotto accusa per le sue lentezze la sua scarsa voglia di innovarsi. La circolare tiene a precisare che non si attua alcun intervento discriminatorio nei confronti dei pensionati PA, ma tende ad assicurare il fisiologico ricambio di personale nelle amministrazioni in modo da veicolare le conoscenze acquisite nel corso della vita lavorativa.
Sotto la scure della circolare finiscono gli incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore della legge sulla riforma della Pa, ossia dopo il 25 giugno 2014. Il divieto si estende ad ogni lavoratore collocato in quiescenza indipendentemente dalla natura del precedente datore di lavoro, il che ricomprende anche i pensionati degli organi costituzionali che però possono agire secondo l’autonomia che la Costituzione riconosce loro. In pratica possono autoregolarsi. Si invitano inoltre le amministrazioni a non mettere in atto comportamenti elusivi come ad esempio conferire incarichi e cariche a soggetti prossimi alla quiescenza in modo che essi debbano svolgere tale attività sostanzialmente dopo il collocamento a riposo.
Riguardo la tipologia di incarichi vietati la circolare è molto chiara: sono vietati incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati. Insomma tutti gli incarichi di una certa rilevanza. Il divieto in commento non tiene conto della natura giuridica del rapporto, ma esclusivamente dell’oggetto dell’incarico. “La disciplina in esame, dunque, non esclude alcuna delle forme contrattuali contemplate dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma impedisce di utilizzare quelle forme contrattuali per conferire incarichi aventi il contenuto proprio degli incarichi vietati”.
Un’importante eccezione ai divieti che abbiamo esposto riguarda gli incarichi gratuiti, nel senso che “incarichi e collaborazioni sono consentiti a titolo gratuito, con rimborso delle spese documentate, per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile”. Un’eccezione che non può essere rinnovata né prorogata ma che consente alle PA “di avvalersi temporaneamente, senza rinunciare agli obiettivi di ricambio e ringiovanimento dei vertici, di personale in quiescenza» per assicurare il trasferimento delle competenze e la continuità nella direzione degli uffici.”
Francesco Romeo