Il dibattito politico italiano non si scosta ancora, e non lo farà per molto tempo, da quello che è stato definito come il “Decreto Salva-Berlusconi”, ovvero l’ormai celebre articolo 19 bis, approvato dal Consiglio dei Ministri la vigilia di Natale.
L’articolo non seguirà il suo iter prestabilito, cioè non verrà -almeno per il momento- presentato alla camera, a causa del putiferio mediatico scatenatosi dopo la “scoperta” della presenza di quattro galeotte righe di testo che, a detta di molti esperti in legge, avrebbero di fatto dato il via libera al ritorno in campo di Silvio Berlusconi.
L’opposizione, Movimento Cinque Stelle in testa, ha gridato allo scandalo, parlando di un Renzi colto “con le mani nella marmellata“, in procinto di mettere in atto uno dei passi conclusivi del Patto del Nazareno. D’altro canto le spiegazioni fornite dal premier sono vaghe e spesso contrastanti.
Tre versioni sembrano prevalere riguardo la corretta definizione delle dinamiche del fattaccio:
la prima in ordine cronologico parla di un Renzi spaesato, ignaro delle leggi proposte dal suo esecutivo, scaricante la colpa sul ministero dell’Economia, che pronto ribatte dimostrando di aver redatto sì il decreto, ma senza le famose quattro righe aggiunte quindi successivamente;
la seconda versione vede un Renzi che contratta con Berlusconi l’inserimento del cavillo, riuscendo ad ottenere (ma forse a questo punto non più) il benestare di Berlusconi sull’elezione di Prodi al Colle, come dimostra la sua clamorosa apertura del cavaliere al “grande nemico” nel giorno precedente alla redazione della norma;
la terza versione, quella più in voga in questo momento, accerta che Renzi avrebbe ammesso di aver fatto inserire la norma ma senza indicare l’esecutore materiale del misfatto.
Tra versioni d’ogni tipo, quelle false contrastanti, si rischia di perdere però di vista il più preoccupante degli interrogativi: quanto è reale la possibilità di tornare eleggibile in tempi brevi per il pluricondannato ex premier (con o senza aiutino)?
La promessa di Renzi di rimandare la norma così com’è “in Parlamento soltanto dopo l’elezione del Quirinale” per dimostrare la propria buonafede e sconfessare quella nel cavaliere, è sconcertante e insensata (apparentemente).
È vero che Berlusconi in quel periodo avrà infatti completato il suo periodo di riabilitazione sociale a Cesano Boscone, ed è anche vero che se il magistrato appurerà la buona condotta del cavaliere questi dovrebbe con ogni probabilità acquisire nuovamente quei diritti negati dalle pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici, ma tra le pene accessorie non risulta l’ineleggibilità, fissata invece dalla legge Severino. Quindi la paventata riproposizione della legge dopo le elezioni presidenziali sarebbe ancora un’ottima arma per Berlusconi nella battaglia per la sua legalizzazione.
Qualora invece, come dichiarato in un primo momento sempre dal premier Renzi, la legge dovesse essere modificata, magari eliminando le quattro righette, Berlusconi potrebbe verosimilmente tornare eleggibile a un mese dalla naturale scadenza della legislatura. Sembra da scartare infatti la possibilità di un provvedimento di grazia del prossimo Presidente della Repubblica, nonostante Berlusconi su questo faccia molto affidamento. Anche i suoi stessi legali sono molto scettici al riguardo, perché il potere di grazia non sarebbe da considerarsi talmente esteso da poter annullare addirittura una legge.
La Corte Europea di Strasburgo invece ne avrebbe le facoltà, qualora venisse accettato almeno uno dei due ricorsi presentati dal leader di Forza Italia, e molti esperti descrivono anche l’eventualità come nient’affatto improbabile. Bisogna però considerare che i tempi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sono lunghissimi, praticamente infiniti. Quindi per Berlusconi non resterebbe che appellarsi paradossalmente alla stessa legge che lo condanna all’ineleggibilità:
la legge Severino prevede la possibilità di presentare una domanda di riabilitazione, ma perché sia valida devono essere trascorsi almeno tre anni dalla data in cui la pena è stata interamente scontata.
Entro il 15 febbraio 2018 Berlusconi sarà quindi, molto probabilmente, di nuovo eleggibile, con la scadenza della legislatura fissata al 15 marzo. Ma, stando ai ritmi ormai consolidati della politica italiana, quest’ultima data appare molto meno probabile.
Valerio Santori