Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 1991 (un anno dopo le sue dimissioni da ministro perché contro alla Legge Mammì), propose una legge che includeva l’arresto per chi faceva propaganda elettorale in tv: Silvio Berlusconi sarebbe finito in carcere!
Il testo aveva come titolo: “Misure urgenti per la disciplina della propaganda elettorale con riferimento al sistema delle telecomunicazioni di massa.” L’allora On. Mattarella presentò il testo il 18 ottobre 1991, ma poiché quel governo cadde dopo poco tempo non venne neanche discusso. Tuttavia, il 15 aprile 1992, l’ex deputato democristiano fu rieletto e depositò un testo identico.
Secondo l’attuale Capo dello Stato, con la propaganda elettorale televisiva venivano meno i valori che sono alla base di una democrazia. Egli affermava: “Il problema è il modo stesso di formazione del consenso, se a seguito di un libero di battito e confronto di idee e valori oppure in funzione del potere di acquisto di chi, avendo più disponibilità finanziarie, riesca ad usufruire maggiormente delle opportunità offerte dal sistema delle comunicazioni, traducendo così una maggiore disponibilità di denaro in una maggiore disponibilità di voti”. Per Mattarella, dunque, possedere una televisione e usare quest’ultima come strumento di propaganda avrebbe favorito le disuguaglianze tra i cittadini e avrebbe rischiato di “alterare la competizione e la genuinità del consenso elettorale”.
Tra gli articoli presenti nella proposta di legge di Sergio Mattarella va messo in evidenza: il divieto di fare propaganda a trenta giorni dal voto; la reclusione fino a un anno e una multa da 500mila lire a 10 milioni per chi avrebbe violato le disposizioni; la soppressione dell’efficacia della concessione per il titolare della televisione. Il testo fu firmato anche da Pierferdinando Casini (che poi remò nelle acque di Berlusconi), ma, alla fine, non giunse mai a votazione. Nel 1995 Mattarella lo ripropose escludendo le sanzioni di tipo penale, ma non passò ugualmente.
Andrea Palumbo