Slaving away: The dirty secrets behind Australia’s fresh food” è il titolo dell’inchiesta che sta scuotendo l’Australia negli ultimi giorni.

Si tratta di un documentario di 45 minuti trasmesso da Four Corners, trasmissione targata ABC Australia (principale emittente radio-televisiva del paese), che mette vergognosamente a nudo le condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti migliaia di immigrati regolari giunti in Australia tramite il visto 417, quello che ormai tutto il mondo conosce come Working-Holiday.

Il 417 dura un anno e consente a giovani immigrati al di sotto dei 31 anni di svolgere lavori di manovalanza nelle “farm”, le aziende agricole dell’entroterra, per un periodo minimo di tre mesi, in seguito ai quali, una firma del datore di lavoro che attesti l’adempimento del lavoro, rende il working-holiday visa prorogabile per un altro anno. Per la maggiore, il lavoro svolto da questi giovani migranti consiste nel cosiddetto harvest, la raccolta di frutta, verdura e ortaggi, ma spesso si tratta anche di vendemmia o allevamento di pollame.

Le stime del Department of Immigration and Border Protection parlano di oltre 145.000 visti “vacanza-lavoro” rilasciati nel solo 2014. La maggior parte degli immigrati regolari che arrivano in Australia col 417 sono orientali, ma tra loro esiste anche un’altissima percentuale di ragazzi europei. Attualmente, gli italiani presenti in Australia col working-holiday sono tra gli 11 mila e i 15 mila.

Quella del working-holiday australiano è un’esperienza da cui sempre più giovani italiani sono tentati. Il sistema garantisce la possibilità di lavorare per tre mesi guadagnando somme che consentano di trascorrere gli altri nove viaggiando in lungo e in largo per uno dei paesi più belli al mondo. Spesso le applications per il 417 costituiscono lo step iniziale di un processo finalizzato al raggiungimento di condizioni lavorative più stabili che permettano di stabilirsi in maniera permanente nel paese.

Il reportage della ABC, andato in onda la sera di lunedì 4 maggio, ha, però, svelato tutte le ombre del programma working-holiday. Sfruttamento selvaggio, condizioni di lavoro degradanti, molestie, ricatti e persino abusi a sfondo sessuale sono emersi dall’inchiesta realizzata nelle farm del solo Queensland, lo stato federale che ricopre la porzione nord-orientale del territorio australiano. Si parla addirittura di 11 ore di lavoro al giorno, spesso anche notturne, retribuite 3,95 dollari australiani l’ora (meno di 3 euro), in un paese in cui il minimo salariale è di 13,47 dollari l’ora.

Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, la presidente del Comitato italiani all’estero di Brisbane, Mariangela Stagnitti, ha dichiarato di aver raccolto, in un solo anno, circa 250 segnalazioni di giovani italiani sulle condizioni di lavoro degradanti nelle farm del Queensland.

Ho sentito di tutto. Alcuni datori di lavoro pagano meno di quanto era stato pattuito e, se qualcuno protesta, minacciano di non firmare il documento per il rinnovo del visto. Altri invece fanno bonifici regolari per sembrare in regola, ma poi obbligano i ragazzi a restituire i soldi in contanti. E poi ci sono i giovani che accettano, semplicemente, di pagare in cambio di una firma sul documento.

Risulta molto probabile che il numero di queste segnalazioni rappresenti una percentuale minima degli effettivi casi di semi-schiavismo presenti nel paese, a causa del silenzio dei più dovuto alla paura di perdere il permesso di soggiorno. È proprio questo timore a consentire ai datori di lavoro di dettare legge ed avviare un vero e proprio business in cui vassallaggio ed omertà costituiscono la ricetta dello sfruttamento targato 417.

Le reazioni da parte degli organi governativi e sindacali australiani non hanno tardato ad arrivare. Il governo dello stato meridionale di Victoria ha annunciato un’imminente inchiesta sulle condizioni di lavoro nelle numerose farms presenti nel territorio e i vertici dell’ACTU (Australian Council of Trade Unions), il più grande sindacato del paese, hanno inoltrato al governo federale la richiesta di sospensione dei programmi di visti di lavoro temporanei.

La presidente dell’ACTU, Ged Kearney, ha parlato ai microfoni di SBS, la seconda maggiore emittente del paese, della gravità della situazione anche in relazione alle agenzie illegali che non garantiscono soddisfacenti condizioni lavorative agli immigrati temporanei: “È sconvolgente che vere e proprie gang di noleggiatori di manodopera stiano gestendo tutto ciò proprio sotto il naso delle nostre autorità e del nostro governo che costantemente cerca di espandere il programma di lavoro temporaneo.

La bufera arriva proprio nei giorni in cui il senatore liberale David Leyonhjelm ha proposto di vendere il diritto di immigrare in Australia, in sostituzione dei tradizionali criteri di accesso; proposta che, ad ogni modo, il Primo ministro Tony Abbott ha dichiarato di non voler prendere in considerazione.

Cristiano Capuano

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