Dal 17 aprile, circa millecinquecento detenuti palestinesi in carceri israeliane hanno iniziato lo sciopero della fame come forma di protesa. “Libertà e dignità” è il loro slogan in quanto i detenuti chiedono il riconoscimento e il rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani.
Da qualche giorno, il partito della Rifondazione Comunista salernitano si è unito alla causa e i militanti territoriali hanno iniziato anch’essi lo sciopero. Abbiamo intervistato Nicola Comanzo, Segretario del Circolo “G. Puletti” del Partito della Rifondazione Comunista, che ci ha spiegato i motivi della lotta palestinese e quelli che li hanno spinti ad affiancare i detenuti nella denuncia.
Ci esponi i motivi che, in quanto Rifondazione Comunista e in particolare come circolo del partito a Baronissi, vi hanno portato a decidere di seguire i detenuti politici palestinesi in questa loro lotta?
“L’ iniziativa è di carattere provinciale e vedrà l’adesione nei prossimi giorni di vari esponenti della Sinistra di Salerno. E’ un’iniziativa proposta dal partito della Rifondazione Comunista, di cui i Giovani Comunisti rappresentano la giovanile. I motivi sono molto semplici: abbiamo deciso di fare nostro questo appello, lanciato con lo sciopero della fame dai prigionieri palestinesi, in un’ottica di solidarietà. Quest’ultimo è un aggettivo di cui non si ha propriamente coscienza. La parola solidarietà è una parola importante ed è forse l’arma più bella e più forte che in questo momento possiamo mettere a disposizione nell’abbattere quelle che sono le diseguaglianze e le ingiustizie nel mondo. Rivendichiamo quindi quanto richiesto dai detenuti palestinesi, ovvero: poter ricevere le visite dei loro familiari, la fine dell’isolamento a cui sono sottoposti (alcuni da svariati anni), la fine degli arresti arbitrari di massa e senza la formalizzazione di nessun tipo di accusa, fine delle torture, dei maltrattamenti e delle misure punitive a cui sono sottoposte in modo sistematico (compresi, spesso, donne e minori), assistenza e cure mediche e diritto all’istruzione e la fine della disumanità con cui vengono trattati i prigionieri durante i trasferimenti.
Il motivo principale è anche quello di cercare di far sì che questa notizia abbia la giusta risonanza mediatica in quanto sono già 20 giorni che lo sciopero della fame è in atto, mentre per noi è il terzo giorno: i giornali, però, le reti televisive non ne parlano e soprattutto non parlano delle rivendicazioni di questo popolo e di questi compagni prigionieri nelle carceri israeliane“.
Cosa sta succedendo in Palestina?
“In Palestina non sta succedendo nient’altro che quello che sta avvenendo dal ‘45 ad oggi. E’ stato imposto uno stato che sta reprimendo un altro popolo. Sono storia recente i fatti di Piombo Fuso, ma anche il massacro di Sabra e Shatila. Ritorna alla mente l’innalzamento di un muro, la costruzione di una barriera di difesa, ritornano alla mente quei compagni che in ottica di solidarietà sono andati lì per portare aiuti umanitari come Vittori Arrigoni, come Rachel che è stata schiacciata da un bulldozer. Ritorna alla mente la resistenza di un popolo che chiede semplicemente vita, terra e libertà contro chi, invece, toglie vita, libertà e terra per la costruzione di nuove colonie e insediamenti. Semplicemente crediamo che in quella terra possano convivere entrambi i popoli e quindi chiediamo una risoluzione pacifica che preveda due popoli e due stati“.
In quanto Segretario Cittadino del Circolo di Baronissi, sei stato tu ad iniziare lo sciopero della fame sul nostro territorio. Cosa hai provato? E a cosa credi porterà questa rivendicazione?
“Sono stato colui che ha fatto partire questa staffetta dello sciopero della fame. Ho provato una sensazione bella in quanto ho potuto sperimentare in prima persona cosa significhi “solidarietà”. Inoltre, quest’azione mi ha fatto sentire parte della lotta nonostante la lontananza geografica e una sorta di “diversità” dovuta alle differenze tra il mio “mondo” e quello dei compagni palestinesi. Credo che questo sia l’inizio di un percorso che stiamo portando avanti anche in altri modi: ad esempio, grazie alla costruzione di un ragionamento complessivo sulle questioni internazionali vorremo fondare un movimento per la pace nella provincia di Salerno e che vedrà, speriamo, il suo inizio con un’iniziativa che terremo il 20 maggio a Baronissi.
Ritornando alla staffetta di questi giorni, essa sta seguendo un itinerario territoriale: dopo di me c’è stato il compagno Angelo Orientale, responsabile “Pace, disarmo e solidarietà internazionale” del dipartimento provinciale, ed oggi Yole Clarizia, membro del direttivo del circolo di Baronissi e rappresentante alla Consulta Provinciale degli Studenti“.
Federica Ruggiero