Nonostante le rassicurazioni del ministro dell’economia Tria, la commissione europea ha comunque deciso di aprire l’iter per la procedura d’infrazione sul debito. Sono stati proprio i numeri presentati dal governo a preoccupare la commissione, la quale prevede una crescita del debito per il prossimo biennio (oltre il 135% del PIL) e osserva una diminuzione dell’avanzo primario.
L’Italia ha adesso fino al 1° luglio, data in cui si riunirà il Consiglio europeo cui spetta l’ultima parola, per convincere gli altri stati membri che le preoccupazioni sulla nostra economia sono ingiustificate ed evitare che la procedura d’infrazione si concretizzi.
I numeri dell’Italia non sono vincenti
Il sogno di una politica economica espansiva che potesse far ripartire la crescita in Italia è morto il 5 giugno. La commissione, avviando la procedura d’infrazione, ha riportato sulla terra il governo gialloverde inchiodandolo con la forza dei numeri.
I conti languono, la spesa pubblica aumenta e la crescita non sembra palesarsi all’orizzonte. Le riforme economiche, da Quota 100 al Reddito di Cittadinanza, non piacciono alla commissione, e non è un mistero: l’Italia è il secondo paese con il rapporto deficit/PIL più alto (dopo la Grecia) e il Fondo Monetario Internazionale vede nel nostro debito una delle più grandi minacce per la tenuta economica dell’eurozona.
Ogni anno, in Italia, ogni cittadino perde 1.000 euro per finanziare il debito pubblico. La quota complessiva di debito per persona si aggira attorno a 38,400 euro a persona, più di 10,000 euro superiore al reddito pro-capite. Se dovessimo tutti pagare una cifra simile ad un ipotetico creditore saremmo in rosso ancor prima di aver onorato completamente il nostro debito. Questo il costo “fisso” del debito pubblico italiano, un costo che Di Maio in un post su Facebook si è affrettato ad attribuire alle politiche del Partito Democratico nel biennio 2017-2018.
Purtroppo per il Ministro del lavoro al costo “fisso” del debito va aggiunto anche il costo “variabile” legato allo spread, e in questo senso Di Maio ha poche scuse. I proclami sensazionalistici e riottosi che hanno accompagnato il primo anno di governo gialloverde non sono piaciuti ai mercati, così come non sono piaciuti i dati economici sul “sistema Italia”: la mancanza di fiducia dei mercati nelle riforme del governo si è tradotta per gli italiani in un ulteriore costo di 2,2 miliardi di euro nel 2018.
Di conseguenza, in continuità con la propria linea di politica economica, la commissione europea non ha potuto far altro che notificare al nostro paese l’inizio della procedura d’infrazione, sottolineando come l’ammontare della spesa pubblica “impedisce all’Italia di stabilizzare l’economia in caso di crisi finanziarie”, evidenziando che saranno le prospettive delle future generazioni ad essere seriamente compromesse, assieme agli standard di vita.
Procedura d’infrazione, cosa succede adesso?
La Commissione europea ha dato il via alla procedura di infrazione che verrà valutata dal Consiglio europeo (in cui si riuniscono gli Stati membri): in questa sede si deciderà, il primo luglio, se avviare la procedura o chiudere la pratica. Siccome la procedura è scattata per lo sforamento del rapporto deficit/PIL fissato al 3% (una cifra attorno agli 11 miliardi), l’unica carta in mano al governo è quella di trovare 4/5 miliardi per sanare lo sforamento e rientrare nei parametri.
Come dichiara il commissario europeo Dombrovskis, “l’Italia non ha rispettato la regola sul debito e dunque la procedura d’infrazione è giustificata”. Stessa opinione espressa dal commissario europeo al bilancio, il tedesco Oettinger, per cui “se i numeri saranno confermati, non potremo sottrarci alla procedura d’infrazione”. Più disteso invece il commissario agli affari economici Moscovici: “La porta rimane aperta. Siamo sempre pronti ad ascoltare”. Ciononostante, il governo gialloverde dovrà inventarsi qualcosa di veramente convincente se non vuole che queste siano solo parole di circostanza.
Ciò che pesa sui conti pubblici è l’inefficienza del “sistema Italia”, un paese spaccato in due fra il nord che cresce quanto la Germania (seppur ad un enorme costo ambientale) e il sud sempre più povero e disconnesso. In questo contesto assolutamente disfunzionale, il governo ha elaborato una ricetta economica avventata e potenzialmente disastrosa. La scelta di aumentare la spesa pubblica facendo ulteriore leva sul deficit, in un paese che fatica ad attrarre investimenti, con un’evasione fiscale altissima e in cui la crescita oscilla sopra e sotto lo 0 è criminale, considerato che il peso di queste manovre ricadrà sulle spalle dei più giovani.
La procedura d’infrazione, se avviata, potrebbe avere conseguenze altrettanto devastanti sull’economia italiana, come insegnano le sofferenze che il popolo greco ha subito negli ultimi 8 anni. Il governo ha portato avanti delle riforme coraggiose ma sicuramente inefficaci. La responsabilità, a cui spesso i due vice-premier si appellano, deve ora più che mai indirizzare l’azione del governo gialloverde.
La procedura d’infrazione fa paura, ma ancor di più dovrebbe farne la situazione economico-finanziaria dell’Italia: anche se, per fortuna, non c’è un creditore che fisicamente ogni anno ci toglie 1000 euro a testa, il costo del debito lo paghiamo collettivamente con la perdita progressiva di servizi come la sanità o l’istruzione.
Sebbene le politiche di eccessivo rigore sponsorizzate dalla commissione europea si siano spesso rivelate inefficaci ai fini della crescita economica, la risposta non può e non deve essere quella della demagogia. Aumentare la spesa pubblica non può essere fatto sulle spalle dei cittadini, meno che mai su quelle di tutti i giovani che oggi non hanno la possibilità di esprimere una preferenza. Il governo deve realizzare l’importanza della questione e agire efficacemente in questo mese, per evitare la procedura d’infrazione e rafforzare i conti pubblici in vista del prossimo terremoto finanziario.
Davide Leoni
Bell’analisi, e come sempre Davide è sintetico e obiettivo. In Italia una voce così sarebbe utile unita alle stesse voci di altri giovani che sentono il bisogno della chiarezza e del cambiamento