L’Articolo 19 della Costituzione Italiana recita: “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

Cinque uomini. Cinque fratelli. Cinque compagni. Cinque mariti. Cinque padri. Cinque operai Fiat licenziati. Li abbiamo intervistati in vista della sentenza che si terrà il 20 Settembre.

“La nostra era una fabbrica che cercava di resistere. Dopo anni di lotta e numerosi scioperi arriva Marchionne alla Fiat e tenta di rieducare la fabbrica. Il suo modus operandi era selvaggio, negava le libertà basilari e andava, così, a ledere i lavoratori. Ne spostò 316 da Pomigliano a Nola” – spiegano i cinque operai Fiat licenziati e continuano: “ Correva l’anno 2010 e Marchionne indisse un referendum sull’accordo tra i sindacati dei metalmeccanici (ad esclusione della Fiom) e la Fiat per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco”.

“Viene costituito il polo logistico di Nola. Doveva essere all’avanguardia e rappresentare un passo in avanti per l’azienda. Quel polo non è mai andato in funzione” – spiegano i cinque operai Fiat licenziati con l’amaro in bocca: “ Quel posto ospitava i 316 operai sopracitati per poche ore al mese. Veniva utilizzato come confine per i disobbedienti del regime Marchionne. Una terra di mezzo dove gli operai erano costretti ad una cassa integrazione di 0 ore con 600 euro al mese. Oltre all’aspetto strettamente economico, fondamentale era anche lo status mentale degli operai. Il malessere si insinuò in loro. In quel reparto ci sono stati 3 Suicidi e altrettanti tentativi disperati. L’ultimo è stato quello di Maria Baratto. Maria nel 2014 si è tolta la vita. Aveva 47 anni quando l’ha fatto. Due anni prima di compiere questo gesto estremo aveva scritto una lettera denuncia. In quelle riga denunciava Marchionne. Lo colpevolizzava dei suicidi consumati all’interno di quel polo. Della perdita di dignità sociale. Della disperazione in cui i suoi colleghi e lei stessa versavano. La morte di Maria come quella degli altri si è consumata nell’indifferenza generale, senza che nessuno prendesse atto di quella lettera così disperata”.

La morte di Maria ci aveva sconvolti. Noi abbiamo utilizzato spesso la satira come mezzo di denuncia. Pensammo di inscenare l’impiccagione di Marchionne fuori dai luoghi di produzione e fuori l’orario di lavoro. Alla base di questo gesto vi era una forte rabbia e sensibilità. Volevamo che Marchionne prendesse atto della nostra denuncia e di quelle morti. 10 Giorni dopo l’inscenata impiccagione partì il licenziamento. Negare la libertà di satira significa venir meno alla costituzione Italiana”.

Ai cinque operai Fiat licenziati viene contestato l’articolo 2105 del Codice Civile. Sono inoltre accusati di aver leso l’immagine della fabbrica. Attorno al loro appello si sono mobilitati numerosi artisti, scrittori e illuminati. Lo stesso primo cittadino di Napoli, Luigi De Magistris ha firmato ed Erri De Luca in una lettera scrive: “Ho conosciuto la fabbrica che si inceppava a oltranza contro il licenziamento di un compagno di lavoro. Ho conosciuto la fabbrica che si serrava a morsa intorno a lui e non se lo faceva scippare. Oggi sono tempi di resistenze individuali. Bisogna salire su un cornicione, un traliccio, una gru per ottenere ascolto. Bisogna sporgersi sul vuoto, che non è solo accumulo di metri sotto i piedi, ma assenza di rete di protezione in basso. Vi sporgete da lassù anche in nome di chi non se la sente di sfidare la vertigine del vuoto di tutela dei diritti. Voi siete un avamposto, fate da sentinelle che scrutano lontano. Da sotto il vostro palco sospeso, pulpito, capsula spaziale, cella di clausura, collo di bottiglia vi ringrazio di farvi testimoni di giustizia”.

“Questo appello è la voce di tutti coloro a cui vengono amputate le libertà principali. La nostra non è più una battaglia isolata. Siamo vicini alle compagne di Almaviva che sono state licenziate a causa di un commento su facebook. Siamo vicini alla ragazza dei NoTav che ha subito due mesi di reclusione perché nella sua tesi aveva menzionato “Noi dei No Tav” – concludono i cinque licenziati Fiat. E’ previsto, inoltre,  per il 21 Agosto un presidio fuori la Fiat.

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