L’innovazione è un fenomeno economico e sociale, questo coinvolge la collettività, chiede investimenti, infrastrutture, politiche dedicate. E il coraggio di rischiare. Ha una fortissima componente progettuale, può essere pianificata ed è frutto di una specifica strategia imprenditoriale.
La creatività è un fatto mentale e individuale. Riguarda le singole persone, i gruppi e sia le collaborazioni. Chiede flessibilità, competenze, talento, focalizzazione. E una tenacia fuori dal comune. E’ per molti versi incontrollabile e dipende anche dal caso. La si può favorire ma non sempre pianificare.
La cultura, l’esperienza, la formazione, tutto ciò è senza dubbio importante ma al contempo, un bravo imprenditore sa facilmente capire le logiche dell’innovazione, governarle e pianificando tempi e investimenti. Quelle della creatività sono per alcuni aspetti incontrollabili, e questo può essere molto irritante. Senza contare che i gruppi creativi possono essere davvero complicati da gestire e orientare, finalizzandone le attività senza che si perda in originalità di pensiero.
Si tende, dunque, a rimuovere il problema, facendo rientrare in modo piuttosto arbitrario lo sviluppo della creatività all’interno dei processi, ugualmente complessi ma più gestibili, che riguardano l’innovazione. E a pensare che, da una parte, per sviluppare la creatività bastano politiche dedicate, investimenti, infrastrutture, detassazione o finanziamenti pubblici.
E dall’altra, che il processo creativo può essere rigorosamente pianificato e tempificato. E, infine, che gli addetti vadano considerati, sia per quanto riguarda l’incentivazione che per quanto concerne il controllo, alla stregua di qualsiasi altro dipendente.
Tutto questo preambolo serve a considerare l’innovazione in campo alimentare, che molto spesso più che un’innovazione gigantesca e/o portatrice di stravolgimenti importanti diventa più un’appendice ad un prodotto, un Gadget o un qualcosa in grado semplicemente di portare il consumatore verso il prodotto stesso.
Ne è un esempio la nuova idea realizzata e messa a punto dal Designer Paolo Ulian.
Sogno godurioso, quasi proibito che unisce i sensi e le percezioni in una fusione unica, come il leccarsi le dita dopo averle immerse in un barattolo di Nutella. Si sa bene, è capitato almeno una volta nella vita e questa idea è realtà dopo lo studio e la realizzazione.

Il designer toscano Paolo Ulian, ha pensato di realizzare una serie di biscotti dalla pratica forma di ditale, con cui coprire la punta del proprio indice prima di immergerla nella Nutella. Questo modo facile di consumare il prodotto potrebbe essere visto anche come innovazione o per meglio dire un arricchimento non del prodotto stesso ma della sua modalità d’uso, infatti, con il ditale, la consumazione della Nutella risulterebbe più facile e divertente.
L’idea del Finger Biscuit è stata presentata per la prima volta una decina di anni fa e solo successivamente acquistata nel 2006 dalla Ferrero, a forma di ditale, ma di cialda, è facile da mettere al dito con il quale poi pucciare all’interno del barattolo. Un altro divertente modo per consumare la ben nota crema alla nocciola.
Marcello Cepollaro
Fonti: Agroalimenti e Dintorni