Nella notte di mercoledì a Napoli è nata – o forse rinata – una stella. Lorenzo Insigne mai come quest’anno sta facendo breccia nel cuore dei napoletani. Numeri alla mano, i 6 gol di Lorenzinho (come è stato ribattezzato da qualcuno) pesano come macigni, perché avvenuti in partite importanti in questo inizio di stagione del Napoli. Liverpool a parte, il talento di Frattamaggiore ha messo a segno già cinque gol pesantissimi e che hanno determinato solo vittorie. Si vedano le partite contro Lazio, Fiorentina, Torino e Parma. Insomma, un Insigne portafortuna oltre che goleador.
La partita con il Liverpool ha dimostrato l’efficacia di Lorenzo in quella posizione. Scatti brevi, passaggi di prima e tocchi di classe come veli e stop di petto spalle alla porta. Se nel primo tempo il napoletano sembrava soffrire la fisicità di Van Dijk e Gomez, nel secondo tempo i fraseggi in velocità con Mertens, suo compagno di reparto e di magie, hanno dato vita ad azioni intriganti, che hanno letteralmente spaccato in due i muscolosi difensori avversari e spiazzato i velocissimi terzini dei reds. Esattamente come avvenuto contro avversari magari meno blasonati del Liverpool come Fiorentina e Torino. Certo è che quella posizione sembra fatta, almeno per ora, su misura per Lorenzo. Una posizione ambigua, tra l’essere punta e l’essere trequartista. E dire che non si tratta nemmeno di un’intuizione di Ancelotti, bensì di una delle prime novità di Sarri che, appena arrivato a Napoli, decise di schierarlo in quella posizione, dietro Higuain e uno tra Mertens e Callejon, con risultati importanti per quel che riguarda il singolo Lorenzo, che mise in difficoltà le difese di Sassuolo, Sampdoria ed Empoli, contro cui segnò un gol bellissimo, ma che rappresentava una novità troppo importante per un Napoli immaturo e sbilanciato dal passato 4-2-3-1 di Benitez. Si optò, dunque, per quel 4-3-3 che tutti sanno a quali risultati portò. Volendo fare i pignoli si potrebbe dire che in realtà uno dei primi a lanciarlo in quella posizione è stato lo stesso tecnico spagnolo, che al suo primo anno d’azzurro, con Hamsik infortunato, decise di puntare sui tre piccoletti, dietro Higuain, con Insigne e Mertens pronti a scambiarsi, a seconda delle situazioni, la posizione sulla trequarti. La fortuna di Ancelotti è, come confermano le parole dello stesso allenatore nel ritiro di Dimaro, quella di aver trovato una squadra pronta, con meccanismi e filosofie di gioco collaudate. Più che creare una nuova identità, Carletto, consapevole dell’equilibrio e dalla maturità raggiunta dalla squadra col 4-3-3, ha deciso di “giocare” intorno a questo modulo, rendendolo con gli stessi interpreti e nella stessa partita un 4-3-3 in fase di costruzione sulla catena di sinistra, un 4-4-2 in fase di non possesso e pressing e un 4-3-1-2 in caso di attacco dalla corsia di destra, quasi inutilizzata in fase di manovra da Sarri. Insomma Ancelotti più che cucirgli un nuovo ruolo, sembra voler rendere Lorenzo più imprevedibile. Ed ecco, allora, un Insigne che ruota, per così dire, intorno ai terzini e che diventa fulcro della manovra, non costretto alla sua solita giocata con il destro a giro sul secondo palo che diventa un tiro pericoloso o un cross teso per Callejon.
La domanda è una, chiara e semplice e i tifosi del Napoli e della Nazionale continuano a ripetersela partita dopo partita: durerà? Purtroppo Insigne nel recente passato è stato spesso discontinuo, alternando ottime prestazioni come quella del Bernabeu ad alcune veramente brutte e che gli sono costate in alcuni casi anche qualche fischio nell’amato San Paolo e l’etichetta per alcuni di “giocatore limitato”. Quello su cui Ancelotti dovrà lavorare – e probabilmente, visti i risultati, ci sta già lavorando – è la mentalità di questo calciatore, forse ancora troppo inconsapevole del proprio potenziale e che a volte per il voler “far troppo bene” pecca di egoismo. Si guardi l’azione dei minuti iniziali della partita del primo tempo, quando Callejon è tutto solo a destra e Insigne dopo una bella azione in area di rigore decide di calciare, anziché servire un facile assist per il compagno smarcato, che poi quasi si lamenta. Il limite del 24 fino a questo momento sembra essere di tipo caratteriale più che tecnico o tattico. È vero che contro il Liverpool ha giocato una partita eccezionale, ma contro la Juventus il folletto di Fratta è rimasto intrappolato dalla rete intessuta da Bonucci e Chiellini, cercando dribbling e giocate perse in partenza, anziché cercare il fraseggio veloce negli spazi stretti con i suoi compagni di reparto, attuato nei primi minuti della partita e che ha avuto come esito il gol di Mertens. Un fattore quello caratteriale che si evince per ora anche in Nazionale, dove Insigne pur segnando qualche gol non è mai stato effettivamente decisivo come lo è stato spesso a Napoli. In una Nazionale priva di stelle, il suo estro, messo in luce più volte con la maglia del Napoli, può risultare decisivo, esattamente come in passato lo fu quello di campioni del calibro di Totti e Del Piero. Solo una maggiore consapevolezza nei propri mezzi potrà farlo diventare finalmente una stella paragonabile alle altre attuali. Per il momento bisogna lavorare e sfruttare al meglio i consigli di Carletto, che di campioni e di vittorie se ne intende. La sua crescita non può e non deve placarsi. Non può subire battute d’arresto, a chiederglielo è un’intera città, un’intera nazione, che spera di non doversi mai svegliare da questo magnifico sogno di inizio autunno.
Fonte immagine in evidenza: Eurosport
Giovanni Ruoppo