Martedì 4 novembre, a Città del Messico, il sindaco di Iguala José Luis Abarca e sua moglie María de los Ángeles Pineda sono stati arrestati. La latitanza di Abarca durava dal 22 ottobre, giorno in cui la procura federale dello stato di Guerrero aveva emanato l’ordine di cattura, che accusava l’uomo di essere il diretto mandante del rapimento dei 43 studenti della Escuela Normal Rural de Ayotzinapa, avvenuto il 26 settembre scorso.
Oggi, lo stato messicano di Guerrero è nel caos: la più grande crisi politica interna dall’inizio del mandato del presidente Enrique Peña Nieto non accenna a placarsi. L’insoddisfazione, la paura e lo sconforto della popolazione nei confronti delle autorità hanno portato a manifestazioni e a vere e proprie sollevazioni popolari, l’ultima delle quali avvenute a Linda Vista, nel municipio di San Miguel Totolapan.
Nemmeno l’arresto di Abarca e le dimissioni di Ángel Aguirre, governatore federale, hanno placato le ire della popolazione locale, ben conscia del fatto che ancora tanti conniventi del masacre di Iguala siano rimasti impuniti. I cittadini di Linda Vista, in particolare, si sono premurati di comunicare le ragioni precise di un atto così drastico quale la presa delle armi:
“Ci apprestiamo a difenderci come popolo, siamo uniti in quanto popolo e continueremo a difenderci come tale, siamo stati messi sotto scacco dalle organizzazioni, e per questo abbiamo deciso di prendere in mano i fucili per difendere le nostre famiglie, le nostre case.“
L’organizzazione dei liberi cittadini, divenuta efficacemente capillare tramite la pagina facebook Union por la paz social Linda Vista, nasce proprio dal sentimento di insicurezza che ha generato timori, troppo spesso fondati, di non vedere i propri diritti sufficientemente tutelati. I cittadini dei poblados rurali dello stato più povero del Messico sono ormai stremati dalle continui pericoli ai quali sono esposti tanto dai Cartelli della droga quanto dall’inefficienza e dalla collusione delle forze dell’ordine federali e nazionali.
I cittadini di San Miguel Totolapan si sono premurati di sottolineare come la propria sollevazione sia di natura spontaneamente popolare, senza il minimo appoggio di organi politici o istituzioni di vario genere:
“Col consenso di tutti decidiamo di essere uniti per difenderci in quanto popolo, non siamo appoggiati da alcuna organizzazione e siamo contro qualsiasi organizzazione che venga a calpestare la nostra gente.“
La strage di Iguala è stata di certo la goccia che ha fatto traboccare il proverbiale, e in questo caso fragilissimo, vaso e, da un mese a questa parte, la nazione è teatro di manifestazioni condotte al grido di Todos somos Ayotzinapa. Il Messico è un paese che negli ultimi sette anni ha contato più di 70 mila morti per cause politiche, e in cui gravissime sospensioni dei diritti umani sono avvenute frequentemente in svariate zone del paese, nonostante l’immagine progressista che l’amministrazione Peña Nieto cerca di vendere ad ogni costo.
La rabbia dei cittadini di questa zona del paese ha motivo di esistere da ben prima dei fatti del 26 settembre: ciò che sta succedendo in queste ore a Linda Vista non ha nulla di diverso dai fenomeni delle milizie di autodifesa sviluppatisi in maniera ramificata da diversi anni nello stato del Michoacán e in diversi municipi di Guerrero. Si tratta di fenomeni figli dalla pura disperazione, in reazione agli atroci crimini di organizzazioni di narcos come La Familia Michoacana, Caballeros Templarios e Guerreros Unidos, che hanno gettato nel terrore queste terre.
Oggi i fatti di Iguala stanno generando catene di eventi che tessono quotidianamente una fittissima rete di malcontento popolare; eventi che hanno e continueranno ad avere conseguenze travolgenti tanto sulle poltrone delle cariche statali quanto sulla vita della gente comune.
Cristiano Capuano