“Nella notte, dopo anni di agonia, ci ha lasciato l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, ne danno il triste annuncio l’articolo 14 e l’articolo 13. Le esequie si terranno il giorno 9 Marzo presso la basilica SS CGIL di Corso Italia 25 in Roma, si dispensa dai fiori.”
Da oggi entrano in vigore i primi due decreti attuativi del famigerato Jobs Act, lo pesudonimo di origine giornalistica con il quale ci si riferisce all’insieme di modifiche del diritto sul lavoro poste in essere dal ministro Poletti, con i quali si istituisce il regime delle tutele crescenti per i nuovi assunti a tempo indeterminato, per i quali non varrà il diritto al reintegro in caso di licenziamento per motivi economici, anche quando illegittimi. Alla reintegrazione sul posto di lavoro si sostituisce un risarcimento economico definito sulla permanenza del lavoratore in azienda, quantificabile in due mensilità per ogni anno di prestazioni a cui viene affiancato un risarcimento standard di natura non giudiziale, il cui importo è frutto di una trattativa tra imprenditore e lavoratore licenziato.
Contemporaneamente entrano in vigore il riordino delle tipologie contrattuali, con l’abolizione dei contratti di collaborazione co.co.pro ed i nuovi ammortizzatori sociali, con l’introduzione della nuova ASpI.
La nuova indennità di disoccupazione istituita per gli eventi di disoccupazione che si verificano a partire dal 1° gennaio 2013, sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola requisiti normali, spetta agli apprendisti, ai soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, al personale artistico con rapporto di lavoro subordinato ed ai dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni, che abbiano versato almeno due anni di contributi all’INPS. Indennità mensile, collegata all’età anagrafica del lavoratore, per un periodo massimo di 24 mesi, il cui importo è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni.
Scompare quindi la fonte di principale attrito tra sindacati e patronato, a conclusione di una battaglia lunga 15 anni che ha visto il coinvolgimento di tutti i principali protagonisti del mondo del lavoro italiano di questo periodo, dal “Cinese” Cofferati (che nel marzo 2002 fu alla testa del più partecipato corteo della CGIL dell’ultimo millennio) a “Bobo” Maroni (che per primo recepì la voglia di questa riforma da parte della Confindustria), combattuta a suon di cause legali (celebre fu il reintegro dei 145 tesserati FIOM nello stabilimento “Giambattista Vico” di Pomigliano) e persa per l’affermazione di uno strano principio per il quale al torto della scarsa tutela ai dipendenti a tempo determinato si sarebbe posto rimedio riducendo le tutele a favore dei dipendenti a tempo indeterminato.
Tralasciando il dibattito naturalmente innescatosi all’interno delle varie federazioni sindacali in seguito a questa cocente sconfitta, è più giusto soffermarsi sulle opinioni di chi attendeva e promuoveva un cambiamento in questo verso della normativa. Iniziamo con il presidente dei giovani di Confindustria, Marco Gay, che in un impeto di ottimismo afferma “…la scelta di assumere o licenziare dipende innanzitutto dal mercato e dalle commesse. Nessuno aumenta l’organico perché c’è una nuova legge…” continuando, a riguardo dell’impatto della riforma sulle piccole imprese, “Qui conta molto l’effetto legato alla maggiore flessibilità in uscita”. Insomma, per il presidente dei giovani di Confindustria questa riforma non era necessaria e non rappresenta un incentivo alle assunzioni (tranne che per le piccole imprese che comunque non erano soggette ai vincoli dell’articolo 18), tant’è che il vero punto universalmente riconosciuto a favore della ripresa delle assunzioni non è rappresentato dall’introduzione delle nuove forme contrattuali a tutele crescenti, ma dai vantaggi fiscali che si accompagnano a tali forme di assunzione. Insomma la montagna, a rappresentazione di quindici anni di mobilitazioni e scontri, ha partorito un topolino che se mai avrà successo sarà solo grazie alla tasca di Pantalone che coprirà gli sgravi fiscali.
Marco Scaglione