La decisione del presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, di rimuovere dall’incarico di ministro delle finanze Pravis Gordhan procedendo a un ampio rimpasto di Governo sta mettendo in serio pericolo la sua posizione a capo dello Stato.
La crisi del Governo sudafricano sembra essere arrivata al suo punto più alto: il Parlamento sudafricano ha infatti programmato una riunione straordinaria il 18 aprile per discutere della mozione di sfiducia nei confronti del suo presidente Jacob Zuma. La decisione è arrivata dopo il rimpasto di Governo deciso da Zuma la settimana scorsa che ha fatto infuriare numerosi politici, anche all’interno del partito di governo, e ha infiammato l’opinione pubblica da tempo sempre più lontana dalle posizioni assunte dal suo Presidente anche a seguito dei numerosi scandali che lo hanno visto protagonista.
La decisione di rimuovere il ministro delle finanze Pravis Gordhan insieme ad altri venti membri del Governo tra ministri e vice ministri, senza il supporto dei vertici del partito, ha infatti compromesso la già precaria posizione di Zuma. Pravis Gordhan, che gode di un’ottima reputazione per le sue posizioni anti-corruzione, aveva ottenuto la carica di Ministro delle Finanze nel 2015 dopo la disastrosa decisione di Zuma di rimuovere l’allora ministro Nhlanhla Nene per sostituirlo con una figura a lui più vicina. Questa decisione aveva provocato proteste nel Paese, incidendo pesantemente sulla stabilità dei mercati e facendo crollare la valuta locale. Il Presidente era stato quindi costretto ad affidare la carica a Gordhan che aveva già ricoperto questo ruolo nel 2009.
Il politico sembra non aver imparato dagli errori del passato e ripropone ancora una volta la stessa strategia. Gordhan, infatti, si è fin da subito rivelato un personaggio scomodo per la politica del leader dell’ANC, opponendosi al suo costoso programma di investimento nucleare e cercando di contenere la spesa pubblica. Da non sottovalutare è anche la sua posizione nei confronti dell’influente famiglia Guptas con cui sembra che Zuma abbia stretti e poco leciti rapporti.
La mossa del Presidente è arrivata il 30 marzo quando, dopo aver richiamato d’urgenza Gordhan da una visita nel Regno Unito, ha convocato i vertici del ANC per comunicare la sua volontà di rimuovere il ministro dal suo incarico a causa del suo coinvolgimento in un complotto contro il Governo del Sudafrica supportato delle istituzioni finanziarie britanniche e americane. Il rapporto dell’agenzie di intelligence portato a sostegno di questa tesi è stato giudicato poco affidabile dal vice presidente Cyril Ramaphosa, da molti individuato come il possibile successore di Zuma, e dal segretario generale del partito Gwede Mantashe, che si sono quindi fortemente opposti alla decisione del Presidente.
Il rimpasto di governo deciso la sera stessa da Zuma ha quindi portato a un’inevitabile frattura all’interno del partito che potrebbe costare caro al Presidente. Il 18 aprile potrebbe arrivare la sfiducia con conseguenti dimissioni di Zuma. Quello che potrebbe succedere dopo non è facilmente prevedibile: il Parlamento potrebbe scegliere un nuovo leader che porti a termine il mandato di Zuma ma si potrebbe anche arrivare alle elezioni anticipate e in quel caso non è scontata la vittoria dell’ANC (African National Congress), al Governo dalla fine dell’apartheid.
Ma l’impatto del rimpasto di Governo non si sta facendo sentire solo sul piano politico: il 3 aprile l’agenzia di ratings Standard & Poor’s ha declassato il rating del Sudafrica portandolo da BBB- a BB+ arrivando così sotto il livello di investment grade, ovvero il livello in cui i titoli sono considerati di una qualità medio-alta ed è quindi sufficientemente sicuro investire. Tale declassamento è stato motivato proprio dall’instabilità politica che sta vivendo il Paese. Ciò ha portato a una perdita di valore della moneta sul mercato e a un primo calo degli investimenti e potrebbe presto avere delle conseguenze anche sull’economia reale.