L’arte teatrale dona magie inscritte nella matrice dell’esistenza, forgiata tra i vicoli di una città magica come Napoli.

L’arte, con il Principe Antonio De Curtis, ha assunto fattezze popolari lasciando fluire i sentimenti di un’Italia che dal Fascismo e dal conflitto mondiale era uscita con poche certezze: una di queste è l’inconfondibile arte di Totò. Guardare Totò dispensare – improvvisando – perle di saggezza in un clima baciato sì dalla immediatezza della vita di paese o di città che pian piano rinascono, ma anche da una tragicità che pone in essere la messa in discussione di valori che il fascismo stesso aveva distrutto.

Totò ColonnelloI film di Totò sono numerosi e pieni di luoghi comuni trasformati in commedia o farsa per rendere atto di una situazione in cui l’uomo semplice è quello che dà vita alla rinascita. Fin dai primi ciak, l’artista napoletano ha la tendenza a sancire una linea di frattura con il regime che finanzia il cinema. Nel film in cui si ritrova a fronteggiare Marco Antonio e Cleopatra, Totò sortisce ilarità allorquando si atteggia come il Dux nel modo in cui arringa la folla di soldati pronta a partire per la battaglia: dopo aver usato la stessa mimica del Duce, Totò afferma con schiettezza “Armatevi e partite! Io vi raggiungo dopo a piedi”.

Andando a sondare l’attivismo politico sotteso alla potenza del mezzo cinematografico, l’artista napoletano finisce con il ridicolizzare quanto si è fatto nella conquista di zone dell’Africa per nulla congeniali alla nazione italiana. Certamente in Totò e Cleopatra si condensano i luoghi comuni di un’Italia piena di vizi e palesante pochissime virtù possedute da uomini semplici e radicati nella cultura popolare. Cultura popolare che ritorna in tutta la sua potenza trasformativa nel luogo comune del meridionale che emigra per studiare o per lavorare al Nord: la scena dell’arrivo a Milano come se stessero arrivando a Mosca. Ancor più declinante verso il sublime la scena della lettera alla donna che avrebbe raggirato il loro nipote: Totò improvvisa e Peppino De Filippo non riesce a trattenere il riso per quanto Totò lascia fluire l’improvvisazione della fantasia.

Non esiste scena in cui un artista sia riuscito a lasciarsi andare come il napoletano ha fatto nell’intero arco della durata di “Totò Peppino e la Malafemmina”: la grandezza dell’uomo si evince dal saper descrivere la grande meraviglia innanzi al nuovo caratterizzato dalla città metropolitana, tanto che si definisce estraneo al mondo italiano rurale quanto i due artisti notano nel vigile in piazza del Duomo di Milano. Il milanese non si spiega in italiano, Totò dà spazio alla grande ironia inserendo nella parodia ben tre lingue diverse che rappresentavano i duellanti della guerra, terminando poi “ah!!! parla italiano allora!!!”, fcendo trasparire il desiderio del popolo italiano di risalire nonostante le difficoltà siano molte.

Oltre al legame con Peppino de Filippo, anche il sodalizio con Aldo Fabrizi lascia spazio a scene indimenticabili ove si scontrano due realtà dell’Italia che rinasce: il commerciante e l’esattore delle tasse. Ogni gesto fatto da Totò è la parodia di un sistema che vuole sempre tendere – ieri come oggi – a solleticare l’interesse dell’esattore per poi non pagare i tributi o comunque non avere delle rogne. La scena della caccia o la scena – si sta parlando di due diverse pellicole – in cui i due maestri si incrociano all’interno di un’automobile per scambiarsi i vestiti, mostrano compiutamente la portata innovativa del cinema di Totò, quasi sempre seguito alla regia da Camillo Mastrocinque.

Ciò sta ad indicare quanto il messaggio trasformativo nella comicità tragica di Totò sia intriso di un realismo che esula dal tempo in cui è stato prodotto: il messaggio del cinema di Totò, dei suoi compari o delle sue spalle come Castellani, è a-temporale e a-spaziale, non ha una dimensione poiché ogni azione vale anche oggi nel 2015, in un’estate torrida ove si potrebbe vendere anche la Fontana di Trevi a sedicenti acquirenti per mano di altrettanto sedicenti palazzinari. È anche vero che oggi la corruzione è altra: Totò con Nino Taranto cercavano di sbarcare il lunario e permettere, truffando, di terminare gli studi alla figlia del protagonista Totò.

Si potrebbero trascorrere ore a scrivere di Totò e delle sue gesta.

È altresì interessante mostrare la densità emotiva che a chi scrive ha trasmesso Totò, capace di rendere sereni anche in giornate plumbee definendo un piccolo spazio sacro ove poter navigare nell’azzurro terso. Il Principe De Curtis è stato sinonimo di vita per un popolo intero. I giovani che non conoscono tale monumento del cinema commettono un vero e proprio oltraggio alla cultura del nostro paese e alla memoria di intere generazioni.

Totò è vita

Totò è meraviglia che crea distruggendo

Totò è fantasia che muove le coscienze

Totò è poesia che lascia intendere il valore dell’individuo

Totò è musica di un’intera città dispersa tra cadute e rinascite che non dimentica mai i propri eroi

Totò è Napoli, Napoli è Totò.

Sono cresciuto guardando i film del Principe, nei lunghi pomeriggi in cui trascorrevo in carrozzina – a causa della mia malattia – il tempo, imparando cosa sia l’arte, cosa sia il teatro, cosa significhi dare spazio al genio popolare di un popolo come quello italiano in cui dimora il genio artistico, sia esso di matrice scientifica o derivante da una poesia.

Alfredo Vernacotola

Dedicato a Totò

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