A fronte di un atteggiamento passivo del “Palazzo”, è partita da metà giugno la raccolta firme per il referendum sull’eutanasia legale promosso dall’Associazione Luca Coscioni e da alcuni partiti (Radicali italiani, Psi, +Europa, Possibile, Volt). Legalizzazione del suicidio assistito e depenalizzazione dell’eutanasia: sono questi gli obiettivi che si vogliono ottenere. I promotori del referendum, in particolare, spingono perché sia riconosciuta la cosiddetta eutanasia attiva, che si rifà al modello olandese e belga.
Il tempo però stringe, visto che sono necessarie 500 mila firme – come previsto dall’articolo 75 della Costituzione – entro il 30 settembre. Nello specifico il testo propone l’abrogazione parziale dell’art. 579 del Codice penale (omicidio del consenziente). Così facendo, sarà consentito somministrare farmaci per accompagnare il paziente verso una fine non dolorosa. Se il referendum passasse, l’ipotesi di reato «se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni». In questo modo si eviterebbe che molti malati la cui condizione diviene insostenibile travalichino i confini nazionali accedere all’eutanasia.
Continuiamo a impedire alle persone di morire in Italia, circondati dai loro cari. E non sempre fanno in tempo a raggiungere la Svizzera, dove si può ricorrere al suicidio assistito. È il caso di Daniela, una donna di 37 anni con un tumore al pancreas che è scomparsa prima di poter raggiungere il paese. Con la modifica normativa proposta dal referendum sull’eutanasia si porrebbe fine alla sequela di processi che vedono imputati amici o parenti di chi aiuta una persona a smettere di soffrire, come accaduto a Marco Cappato o a Mina Welby (fortunatamente entrambi sono stati assolti).
Benché non faccia parte del Comitato promotore del referendum dei partiti di cui sopra, il M5S ha lodato l’associazione Luca Coscioni e molti parlamentari 5S hanno aderito all’intergruppo sull’Eutanasia legale. C’è chi agita lo spauracchio della Chiesa come forza reazionaria contro ogni slancio progressista, che impedisce a una legge come quella della legalizzazione dell’eutanasia di essere approvata in parlamento. Tuttavia, sebbene sia impossibile negare che la presenza del Vaticano in Italia eserciti ancora un suo peso, le responsabilità di questa situazione di stallo non va imputata alla Chiesa cattolica, ma ai partiti.
Il fine vita è entrato da più di trent’anni nel dibattito pubblico italiano. E le osservazioni di Pasolini riguardo alla fine del vecchio Potere della Chiesa risalgono agli anni ’70. Allo stato attuale, non vi è traccia di alcun testo base sull’eutanasia poiché l’iter, iniziato a fine gennaio 2019, si è incagliato nei mesi a seguire. E cinque sono le proposte di legge depositate alla Camera.
I detrattori della legge sostengono che il referendum sull’eutanasia attiva apre la strada alla normalizzazione del suicidio, soprattutto fra i giovani e le persone in salute che stanno semplicemente attraversando un periodo difficile della propria vita e piuttosto che affrontarlo scelgono, incentivati dalla legge, di togliersi la vita. A smentire questi sillogismi sono le statistiche dei paesi in cui vengono rispettate le volontà dei pazienti. In Olanda, nel 2019, il 4% dei decessi è causato da eutanasia. Inoltre, la maggior parte delle persone rientra nella fascia d’età 60-100 anni (l’86%). Lo stesso si può dire per il Belgio, per il quale il 94% delle richieste di eutanasia vengono fatte da coloro che sono vessati da dolori fisici insopportabili.