Il ministro dell’Interno Angelino Alfano questa mattina ha firmato e inviato ai prefetti una circolare ministeriale per chiedere la cancellazione delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero. La scelta arriva all’indomani della richiesta del Consiglio comunale di Milano al Sindaco Giuliano Pisapia di iscrivere all’anagrafe le nozze omosessuali contratte all’estero.
“Dove risultino adottate queste direttive sindacali in materia di trascrizione delle unioni tra persone dello stesso sesso contratte all’estero e che vogliono essere registrate in Italia, dirò ai prefetti che dovranno rivolgere ai sindaci un invito formale al ritiro di queste disposizioni e alla cancellazione delle trascrizioni, annullandole d’ufficio in caso di inerzia. Il punto è che a ogni evidenza le direttive che sono state date con provvedimenti dei sindaci non sono conformi alle leggi italiane”, ha dichiarato Alfano alla radio RTL 102.5.
La circolare, che ha ripreso per certi versi quella del 2007 emanata da Giuliano Amato, è subito stata oggetto di reazioni.
Dapprima quella del primo cittadino di Bologna Virginio Merola, siccome nella città felsinea le registrazioni sono partite nel mese di settembre: “Se vogliono annullare gli atti delle trascrizioni dei matrimoni contratti all’estero lo facciano. Io non ritiro la mia firma. Nessun motivo di ordine pubblico impedisce la trascrizione. Occorre che il Parlamento si decida finalmente ad approvare una legge, questo è il tema che dovrebbe riguardare un ministro della Repubblica. Leggeremo la loro stupida circolare, annulleranno l’atto , non sarò certamente io a farlo”. Si unisce alla protesta anche il Comune di Grosseto, dove le trascrizioni avvengono da aprile, mentre la Giunta comunale di Napoli va più pesante, annunciando che “ricorrerà nelle sedi giudiziarie competenti” contro la circolare, perché “è contraria al principio costituzionale di uguaglianza dei diritti”.
Il PD si dissocia da Alfano con i tweet del presidente Matteo Orfini e del capogruppo alla Camera Roberto Speranza. Allo stesso mezzo, in difesa del compagno di partito, si affida anche Maurizio Sacconi.
Caro @angealfa, invece di annullare le trascrizioni dei matrimoni gay preoccupiamoci di renderli possibili anche in Italia.
— orfini (@orfini) 7 Ottobre 2014
Alfano si occupa con molta insistenza di nozze gay. Come se da questo dipendesse la sicurezza del Paese. E i diritti delle persone invece?
— Roberto Speranza (@robersperanza) 7 Ottobre 2014
Matrimoni gay: Il ministro dell’Interno ha solo applicato la legge. Punto.
— Maurizio Sacconi (@MaurizioSacconi) 7 Ottobre 2014
Non perde l’occasione di dire la sua il leader di SEL Nichi Vendola: “Nel governo sui diritti civili e sulla dignità e la libertà delle persone detta legge il diversamente berlusconiano Alfano: ora come un ministro della polizia austroungarica dell’epoca risorgimentale tenta di bloccare i passi in avanti della società italiana. Impresa vana la sua, non ci riuscirà. L’Italia per fortuna è più avanti dell’ottusità dei suoi governanti. Sono certo che nessun sindaco, nessun consiglio comunale abbasserà la testa.”
Mentre protestano le associazioni omosessuali, il Codacons è pronto a presentare un ricorso collettivo al TAR del Lazio, al quale si può preaderire tramite il sito dell’associazione, contro il provvedimento di Alfano: “La circolare ai prefetti viola palesemente quanto disposto in tema di coppie di fatto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e, in quanto tale, è illegittima. La Corte di Strasburgo con una sentenza del 2010 ha ammesso l’esistenza del diritto alla vita familiare anche in favore delle coppie formate da soggetti dello stesso sesso e ha confermato che il concetto di ‘vita familiare’ deve necessariamente includere anche la ‘famiglia di fatto’, ossia il legame stabilito tra persone che vivono insieme anche fuori dal matrimonio, indipendentemente dal loro sesso”.
Dal punto di vista giuridico, è vero che l’articolo 29 della Costituzione dice “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” ponendo enfasi su quel “naturale” inteso nel 1947 come uomo-donna, ma è altrettanto vero che una circolare ministeriale non rappresenta una fonte di legge. Come comportarsi, dunque, in caso di assenza di una norma nazionale ed in presenza di autorizzazioni locali, considerando anche la Costituzione e la sentenza CEDU?
Simone Moricca
Simone, mi permetto di rilevare alcune imprecisioni.
Se è vero che la circolare ministeriale non vincola i terzi, vincola però la pubblica amministrazione destinataria, al punto tale che l’atto emanato in sua violazione è viziato da eccesso di legge. Al contrario, la circolare d’Alfano appare quanto mai legittima. Questo perché solo il legislatore statale ha competenza, ex articolo 117, in tema di cittadinanza, stato civile e anagrafe, non il Sindaco, che deve limitarsi a custodire i registri dello Stato civile. Queste ordinanze sindacali sono dunque da ritenersi illegittime e dunque suscettibili di annullamento da parte del Prefetto.
Posto qui una riflessione che il mio amico Francesco ha voluto condividere con me, è illuminante:
A fronte di diverse ordinanze adottate dai Sindaci di alcuni comuni italiani che consentivano la trascrizione nei registri dello stato civile di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, nel pomeriggio del 7 ottobre 2014 il Ministro dell’Interno, on. Angelino Alfano, ha inviato ai Prefetti una circolare con la quale invitava gli stessi a richiedere ai Sindaci di ritirare le suddette ordinanze; in mancanza di un adempimento spontaneo, la circolare invita i Prefetti a provvedere all’annullamento d’ufficio delle ordinanze sindacali medesime. Premesso che tali trascrizioni hanno il solo effetto di certificare l’esistenza all’estero di un vincolo matrimoniale, ci dobbiamo chiedere se la circolare del Ministro Alfano sia legittima. In linea generale la legittimità di un intervento prefettizio è indiscutibile: l’articolo 14 co.2 del Testo Unico degli Enti Locali afferma che in materia di stato civile il Sindaco agisce in qualità di Ufficiale di Governo; come prevede la giurisprudenza amministrativa (tra le molte sentenze, ricordiamo la 3076/2008 del Consiglio di Stato) nello svolgimento delle funzioni esercitate in qualità di Ufficiale di Governo, il Sindaco è in rapporto di dipendenza dal Prefetto, il quale ha il potere di annullare d’ufficio, ex art. 21 nonies L. 241/90 (legge sul procedimento amministrativo) gli atti adottati dal Sindaco che risultano essere illegittimi; quando è che un atto adottato dal Sindaco può essere considerato illegittimo? Quando è affetto da violazione di legge, eccesso di potere o incompetenza (art. 21 octies L. 241/90). Possiamo dunque considerare illegittime le ordinanze sindacali e dunque suscettibili di annullamento ad opera del Prefetto? Fatta una breve rassegna del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, la risposta è positiva. Premettiamo che il Parlamento ha la piena sovranità legislativa, e potrà dunque legittimamente, senza che vi sia alcun ostacolo di natura costituzionale, estendere alle coppie omosessuali il diritto di contrarre matrimonio attualmente previsto dal codice civile per le sole coppie eterosessuali (l’articolo 107 del codice civile afferma che l’ufficiale dello stato civile “riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio”). Tuttavia, dobbiamo considerare che le trascrizioni consentite dai Sindaci riguardano matrimoni legittimamente contratti all’estero; ora, nonostante la trascrizione abbia (come già evidenziato prima) la sola funzione di certificare che due persone hanno contratto matrimonio all’estero, senza che per questo possano essere ritenuti coniugi anche in Italia, la natura certificativa della trascrizione non è improduttiva di effetti giuridici: può servire infatti a dimostrare in un futuro giudizio che le due persone convivono stabilmente da un tot di anni, o può essere funzionale al godimento di diritti riconosciuti a livello comunitario, quali il ricongiungimento familiare in materia di libera circolazione delle persone. Ora, proprio perché tali atti sono comunque produttivi di effetti giuridici (anche se poco rilevanti), la Corte di Cassazione, con sentenza 4184/2012, ha affermato che a tali atti può essere riconosciuta rilevanza nel nostro ordinamento sempre che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato ed alla capacità delle persone previsti dalla legge italiana. Requisiti che, abbiamo visto, sono attualmente mancanti in assenza di un esplicito intervento legislativo che estenda chiaramente la disciplina matrimoniale a persone dello stesso sesso.
Si è affermato che la circolare ministeriale sarebbe illegittima perché contrastante con il diritto comunitario e internazionale, sia sul piano normativo (violazione della Carta Europea dei diritti fondamentali o carta di Nizza e violazione della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali o CEDU) che giurisprudenziale. Va fatto notare che tale obiezione non trova alcun fondamento. La CEDU (trattato adottato nel 1950 dal Consiglio d’Europa), all’articolo 12 afferma che “l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”; per quanto tale disposizione ovviamente non impedisca al legislatore nazionale di introdurre matrimoni tra persone dello stesso sesso, sarebbe pura fantasia dire che i Parlamenti, sulla base del citato articolo, hanno l’obbligo di estendere alle coppie omosessuali il diritto al matrimonio. La Carta di Nizza (trattato adottato dalle Istituzioni dell’Unione europea) invece afferma all’articolo 9 che “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”; notiamo dunque che è scomparso il riferimento alla diversità di genere (la Convenzione è del 1950, la carta di Nizza è del 2000), tuttavia si afferma a chiare lettere che la
materia è riservata esclusivamente alla sovranità dei Parlamenti nazionali. Quanto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (organo che ha la funzione di assicurare la corretta applicazione della CEDU), non si rinvengono specifici obblighi rivolti ai Parlamenti nazionali in tema di riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso: ricordiamo la sentenza Kopf vs. Austria del 24 giugno 2010 con la quale i giudici della Corte, all’unanimità, hanno ritenuto che il diniego posto dalla legislazione austriaca di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso non viola l’articolo 12 della Convenzione (citato prima) posto che il medesimo articolo 12 afferma che il diritto a contrarre matrimonio è disciplinato dalle leggi nazionali. Ora, nella medesima sentenza la Corte ha affermato che non vi sono ostacoli di alcuna natura al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che anzi la stabile convivenza di due soggetti omosessuali è del tutto assimilabile al concetto di vita familiare riguardante le coppie eterosessuali; tuttavia, si ripete, la relativa legislazione è demandata ai Parlamenti nazionali.
Dunque, i presunti obblighi internazionali, i “ce lo chiede l’Europa”, in realtà non sembrano essere sussistenti.
Possiamo dunque affermare che, nell’assenza di una legislazione nazionale ad hoc, che estenda alle coppie omosessuali il diritto di contrarre matrimonio, le ordinanze sindacali che avevano autorizzato la trascrizione dei matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso risultano affette da violazione di legge, e pertanto suscettibili di annullamento da parte del Prefetto, così come previsto dal combinato disposto degli articoli 14 del T.U. degli Enti Locali e 21 octies – nonies della L.241/90.
Si tratta di tentativi, questi dei Sindaci, che appaiono oltre che illegittimi sul piano normativo, anche irrispettosi del principio di sovranità popolare e della Costituzione stessa, che all’articolo 70 stabilisce che “la funzione legislativa è esercitata dalle Camere”; ogni tentativo di aggirare l’inerzia (voluta o meno) delle Camere appare del tutto inopportuno, sia sul piano istituzionale (ripetiamo, l’architettura costituzionale delinea una precisa e chiara divisione dei poteri, e i Sindaci non possono supplire all’inattività del Parlamento) che sul piano sociale: l’articolo 117 della Costituzione riserva alla potestà esclusiva dello Stato la legislazione riguardante lo stato civile delle persone (lett. i) e le norme dell’ordinamento civile (lett. l); ed è questa una riserva non casuale: le ordinanze sindacali hanno una efficacia spaziale limitata al territorio del Comune; pertanto la possibilità di far trascrivere un matrimonio contratto all’estero verrebbe fatta dipendere dagli umori del Sindaco del comune di residenza (con conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione); invece, molto più opportunamente, la Costituzione affida al Parlamento la legislazione in tali settori normativi, essendo necessario che vi sia sul punto una legislazione uniforme su tutto il territorio nazionale.
Credo che il tuo amico Francesco, che pur ringrazio -indirettamente- per il contributo, abbia torto su alcuni argomenti.
Quello che ai miei occhi risulta più evidente è quella sulla Carta di Nizza del 2000, approvata però dal Parlamento Europeo in forma rivista solo nel 2007: è stato riconosciuto che ha pari rilevanza rispetto ai Trattati fondamentali dell’Unione Europea.
Con questo è possibile affermare pacificamente che la lacuna normativa italiana non è consentita in virtù del citato articolo 9 della Carta di Nizza, anche combinato con l’articolo 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ecco dunque che il “ce lo chiede l’Europa” viene rafforzato: a dirlo è lo stesso Parlamento Europeo il 12 dicembre 2012, agli articoli 90 e seguenti del testo che linko qui sotto e riporto. Si vedano in particolare gli articoli 94 e 95:
“94. invita gli Stati membri che si sono dotati di una legislazione
relativa alle coppie dello stesso sesso a riconoscere le norme adottate
da altri Stati membri e aventi effetti analoghi; ricorda l’obbligo per
gli Stati membri di dare piena attuazione alla direttiva 2004/38/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, valida anche per le
coppie dello stesso sesso e per i loro figli; accoglie con favore il
fatto che sempre più Stati membri abbiano introdotto e/o adeguato le
loro norme sulla coabitazione, sulle unioni civili e sul matrimonio per
combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale subite
dalle coppie di persone dello stesso sesso e dai loro figli e invita gli
altri Stati membri a introdurre norme analoghe;
95. invita la Commissione a presentare una proposta per il pieno
riconoscimento reciproco degli effetti di tutti gli atti di stato civile
nell’Unione europea, compresi il riconoscimento giuridico del genere, i
matrimoni e le unioni registrate, al fine di ridurre gli ostacoli
discriminatori di natura giuridica e amministrativa per i cittadini che
esercitano il loro diritto di libera circolazione;”
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2012-0500+0+DOC+XML+V0//IT
La mia personale opinione è che sia possibile, allo stato attuale, effettuare un ricorso presso le competenti corti europee contro l’Italia (forse addirittura contro la circolare o contro gli atti prefettizi, pur essendo concernenti il diritto amministrativo in quanto regolanti anche la sfera del diritto civile) per pretendere l’implementazione delle norme nel sistema giuridico italiano.
Ha problemi con il pc, dunque riferisco la sua risposta
aro Simone, mi permetto a mia volta di
farti notare alcune imprecisioni contenute nella tua risposta.
Innanzitutto, il testo del Parlamento
Europeo del 12 dicembre 2012 è una risoluzione, cioè un atto
atipico non vincolante; lungi infatti dal comportare obblighi
giuridici per i destinatari, ha un semplice valore persuasivo (puoi
controllare quanto detto in un qualsiasi manuale di diritto
dell’unione europea); pertanto, attesa l’inidoneità della
risoluzione da te citata a produrre obblighi in capo all’Italia, un
ricorso (per infrazione, in annullamento, per responsabilità
extracontrattuale, sarebbe interessante capirlo) alla Corte del
Lussemburgo verrebbe cestinato ipso facto.
Quanto alla Carta di Nizza, l’articolo
9 è cristallino: “Il diritto di sposarsi e il diritto di
costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che
ne disciplinano l’esercizio” = se le parole hanno un senso,
significa che la legislazione matrimoniale spetta in via esclusiva
agli Stati ([…] SECONDO LE LEGGI NAZIONALI CHE NE DISCIPLINANO
L’ESERCIZIO).
Cordialmente, Francesco
D’Avino.
L’articolo 9 suppone la presenza di una legge nazionale.
La sua assenza è di per sé ostacolo alla realizzazione di un diritto riconosciuto dall’Unione Europea. Parlerei dunque di inadempimento da parte dello Stato italiano.
Infatti il codice civile disciplina il matrimonio attraverso più di centocinquanta articoli. L’articolo 9 della Carta di Nizza si limita ad affermare che la relativa legislazione spetta allo Stato membro. Tutto qui. Come ricorda un antico e saggio brocardo romano: “quod lex voluit dixit, quod noluit tacuit”. Se la Carta di Nizza avesse voluto imporre agli Stati membri l’estensione dei diritti matrimoniali anche alle coppie omosessuali, l’avrebbe affermato in maniera chiara, inequivocabile; si è invece limitata a dire che è lo Stato il titolare dell’azione legislativa nella delicata materia del diritto di famiglia. Parlare di inadempimento mi pare inappropriato, perché l’inadempimento presuppone l’esistenza di un obbligo a cui l’Italia si sarebbe sottratta; obbligo che quantomeno sul piano giuridico sembra non sussistere (potrebbe eventualmente sussistere sul piano politico e sociale).
Francesco D’Avino.
Sono opinioni nostre, caro Francesco: la mia è evidente, la sua altrettanto.
Nel frattempo, in Italia sono numerose le coppie (omosessuali e non) che attendono di veder riconosciuto quel diritto di poter formare una famiglia anche dallo Stato, e non solo dalla propria cerchia di amici e parenti.
ma il punto è proprio questo, che deve essere lo Stato a intervenire, dove per Stato intendo quell’istituzione che, Costituzione alla mano, ha il compito di disciplinare la materia, cioè il Parlamento, e non certo i Sindaci, che sempre Costituzione alla mano, si vedono assegnati ben altri compiti. Il mio primo commento, postato dall’amico Danilo, evidenziava semplicemente questo: che la circolare di Alfano era legittima, perché illegittime erano le ordinanze sindacali, e bene dunque fanno i prefetti ad annullarle; tutto qui. Non discutevo affatto dell’opportunità politica/sociale di estendere o meno agli omosessuali il diritto al matrimonio. Il punto è (e credo si tratti di qualcosa in più di una semplice opinione) che anche le rivendicazioni più giuste vanno attuate nel rispetto delle regole che un ordinamento si è dato.
Ed infatti abbiamo trovato un punto d’accordo, pur con qualche differenza di visione.