In questi giorni all’Università degli studi di Salerno si stanno svolgendo delle giornate di discussione e riflessione circa alcuni temi sociali, culturali, politici. L’iniziativa intitolata “Open Borders“, organizzata dall’associazione studentesca Link Fisciano, è incentrata sul tema dei confini, dei muri, delle barriere che la società in cui viviamo ci pone sul cammino; ma soprattutto, le giornate di riflessione vogliono proporre soluzioni, raccontare testimonianze e creare alternative allo status quo.
“Un’altra Università dove si costruisce per abbattere muri, eliminare barriere, infrangere qualsiasi limite e confine” è lo slogan che accompagna e accomuna le aree tematiche trattate dagli ospiti che parteciperanno ai tavoli di discussione.
Un progetto che vuole scaturire qualcosa, muovere le coscienze degli studenti che, troppo spesso, affrontano l’Università come un esamificio, senza riflettere su quanto studiano, senza estendere le nozioni apprese dai libri a quello che li circonda, alla società che li ospita.
Una società che spesso viene accettata così com’è, senza provare a metterla in discussione. Proprio perché, studiare serve, tra le altre cose, a comprendere che se non ci soddisfa lo spazio (materiale ed immateriale) in cui viviamo, potremmo impegnarci a capovolgere la situazione attuale ((un esempio tra tutti, il caso delle Fonderie Pisano): andando contro corrente e lottando affinché questo spazio sia più vivibile, per tutti e tutte.
Abbiamo intervistato il coordinatore dell’associazione Link Fisciano promotrice dell’evento, Matteo Zagaria, per farci spiegare, con le parole di chi ha ideato e costruito, insieme ai suoi compagni, il progetto e i suoi contenuti.
Ci presenti la tua associazione, i cui membri hanno ideato questo progetto?
«Link Fisciano è un’associazione ad ispirazione sindacale, un’organizzazione studentesca composta da studenti e per gli studenti. Nasce a Salerno in ritardo rispetto a molte associazioni già presenti all’Università degli studi di Salerno. Tra gli obiettivi c’è quello di rappresentare gli studenti, ma non è il nostro scopo principale: lo consideriamo più uno strumento. C’è, tra gli altri obiettivi, quello di aggregare e sensibilizzare rispetto l’analisi critica degli insegnamenti dell’Ateneo. Di fatto, uno dei nostri propositi è quello di riformare la didattica, provando a creare, a dare, un’alternativa all’attuale società proprio tramite il miglioramento degli insegnamenti proposti dai vari corsi di laurea. Tra le altre battaglie storiche, c’è quella di difendere il diritto allo studio e i servizi che dipendono da esso: dall’erogazione completa delle borse di studio all’obiettivo progressivo verso il quale tendiamo, ovvero quello di un’università gratuita, o quanto meno finanziata il più possibile dallo Stato e il meno possibile dalle studentesse e dagli studenti».
Descrivici da cosa e/o come è nato “Open Borders”.
«L’idea di “Open Borders” nasce dall’opportunità di realizzare un progetto realmente sostenuto dall’Università, cosa, per noi, mai avvenuta prima. Il primo tema a cui abbiamo pensato è stato quello dei confini. In questo periodo, nel dibattito mainstream è in discussione, più di ogni altra cosa, il tema della nazionalità, del confine, delle frontiere, delle barriere e dei muri che spesso si alzano dal punto di vista geografico e territoriale. Partendo da questo assunto, abbiamo pensato di allargare il raggio e di non concentrarci solo sulla questione “razziale”, ma allargare il tema a tutti quegli ambiti in cui si creano delle barriere e dei limiti che impediscono alle persone di accedere ad un diritto. E dunque siamo giunti alle tematiche centrali di questo progetto e quindi ovviamente: le migrazioni, le disabilità, l’accesso alla cultura e successivamente al mondo del lavoro e l’accesso a delle città più vivibili, e quindi alla fruibilità degli spazi, sia materiali che immateriali, da parte delle persone. Da qui, sono nate le cinque giornate di Open Borders, i cinque temi affrontati in questi giorni».
Cosa volete trasmettere e comunicare con i temi protagonisti del progetto?
«Il messaggio che lanciamo è quello di non abbattersi, ma di criticare continuamente quelli che sono i muri che qualcun’altro o qualcos’altro ci pone davanti. Questo è il messaggio che vorremmo veicolare tramite Open Borders, e che vorremmo far giungere a tutte le studentesse e a tutti gli studenti, ma non solo, dell’Università degli studi di Salerno».
Federica Ruggiero