LA FESTA E LE CANDELORE
“Cittadini, semu tutti devoti tutti?: queste parole risuonano per le vie del centro di Catania dal 3 al 6 Febbraio. In questi giorni si tiene nel capoluogo etneo la festa della santa patrona, la terza per partecipazione al mondo. I devoti, con indosso il tipico abito bianco, percorrono le vie del centro seguendo il fercolo della Santa, che trasporta il busto reliquiario adornato di gioielli offerti da esponenti locali e stranieri (si narra che uno di essi sia stato inviato a Catania dallo stesso Carlo Magno), preceduto dai ceri, anche detti candelore (cannelore, nel dialetto locale), portati dagli esponenti delle varie categorie di commercianti (ortofrutticoli, pescivendoli ecc.).
LE INFILTRAZIONI MAFIOSE
Secondo le affermazioni di alcuni pentiti, la festa sarebbe dominata dai clan locali. Le cosche del catanese deciderebbero infatti il tragitto, le soste, i portatori delle candelore ed organizzerebbero un lucroso circolo di scommesse inerenti la festività (orario di arrivo della Santa, candelora che per prima giunge in piazza et similia). Queste dichiarazioni hanno avuto come conseguenza l’inizio di un processo penale, seguito dalla comunità locale con particolare attenzione, che si è concluso con sentenza di primo grado l’8 Febbraio 2013 emessa dal tribunale, presieduto dal giudice Michele Fichera: assolti tutti gli imputati. La cittadinanza ha accolto la sentenza con gaudio, ma la Procura ha raffredato i bollenti spiriti, non condividendo la sentenza e ritenendo che le infiltrazioni mafiose siano una realtà della festività.
L’INCHINO DELLA CANDELORA
Un evento che dimostrerebbe la presenza di tali correlazioni si è verificato proprio durante l’ultima festa della santa patrona. Una delle candelore, senza avere regolare autorizzazione, ha operato una deviazione rispetto al tragitto concordato dalle autorità, sostando per pochi minuti in prossimità di una immagine religiosa nei pressi del Bastione degli infetti. Secondo gli inquirenti che conducono le indagini la sosta non sarebbero dovuta a questioni di fede, quanto ad un omaggio reso alle cosche locali. Proprio nel luogo della sosta era infatti un tempo presente una lapide che ricordava le vittime della guerra di mafia scatenatasi tra gli anni 80′ e 90′. Una lapide posta non in ricordo dei pentiti ammazzati davanti all’ingresso delle proprie abitazioni, non in ricordo dei giornalisti che hanno perso la vita a causa delle loro inchieste, ma in ricordo dei picciotti che persero la vita negli scontri tra clan. Un sospetto che, se confermato, getterebbe molte ombre sulle modalità di gestione della festività.
LA DENUNCIA DI MUSUMECI
Le indagini vengono avviate a distanza breve dalle denunce di Nello Musumeci, ex-sindaco della città e noto esponente politico, protagonista della “Primavera di Catania”, che ha denunciato infiltrazioni mafiose a Palazzo degli Elefanti (sede del comune).
Vincenzo Laudani