Ammontano a cinque finora i sospettati di aver partecipato all’omicidio di Boris Nemtsov, l’oppositore numero uno di Vladimir Putin assassinato il 27 febbraio scorso per motivi ancora nebulosi.

Di questi cinque, tutti originari della Cecenia e di fede musulmana, due sarebbero quelli ufficialmente incriminati dalla magistratura Russa: si tratta di due cugini, Anzor Gubashev e Zaur Dadayev. Quest’ultimo avrebbe ammesso, secondo quanto dichiarato dal giudice Natalia Mushniskova in aula, il suo coinvolgimento nell’omicidio.

Dadayev, secondo informazioni finora non confermate dalle autorità Cecene, sarebbe stato per dieci anni arruolato presso il battaglione Sever, un corpo di polizia Cecena. Su Twitter, un’altro noto membro dell’opposizione russa, Ilya Yashin, ha riportato una pagina del sito ufficiale del governo ceceno, in cui si legge di un Zaur Dadayev, insignito della medaglia al merito da Vladimir Putin nell’ottobre del 2010. Non ci è dato sapere se si tratti della stessa persona o più verosimilmente di un omonimo.
Uno dei tre sospettati – ma non incriminati – si è fatto saltare in aria nella sua abitazione a Grozny prima di venire arrestato.

La pista cecena non dissipa i dubbi – dell’opinione pubblica occidentale e dell’opposizione interna – sull’implicazione del governo russo nell’eliminazione di un oppositore scomodo, ma è anzi vista come fumo negli occhi attraverso l’utilizzo di capri espiatori. La Cecenia – una repubblica sita all’estremo sud della Federazione e caratterizzata dalla presenza massiccia di persone di fede musulmana – è stata per anni segnata da violenze e scontri di stampo insurrezionale e secessionista. Tuttavia, con l’ottenimento di una più forte autonomia (riguardante anche la gestione autonoma dei servizi di sicurezza), la situazione Cecena sembra essersi distesa.

L’accusa nei confronti di Dadayev e gli altri ceceni coinvolti nelle indagini sarebbe quella di omicidio a sfondo religioso-fondamentalista, dovuto alle recenti posizioni pro-Charlie Hebdo assunte da Nemtsov in occasione degli attentati di Parigi.
La madre di Dadayev ha dichiarato alla Tv russa di credere nell’innocenza di suo figlio e ha soprattutto escluso che il figlio possa aver abbracciato il credo fondamentalista, dopo aver “servito dignitosamente la patria” e “combattuto i wahabiti“.

Ilya Yashin, leader di Solidarietà e oppositore di Putin, ha intanto promesso di voler pubblicare un dossier realizzato sulla base delle informazioni archiviate dall’amico assassinato, conservate dai suoi assistenti. “Nostro compito è confutare le bugie di Putin e aprire gli occhi della società russa sul fatto che i nostri soldati stanno morendo sul territorio amico dell’Ucraina” ha dichiarato Yashin, evidenziando la poca indipendenza e trasparenza della stampa e dei media ufficiali della Federazione Russa.

Roberto Davide Saba

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