La legalizzazione delle droghe leggere è un argomento che da anni divide politica e cittadini. In questo articolo proviamo a fornire alcuni elementi secondo i quali legalizzare le droghe leggere porterebbe benefici al nostro Stato partendo dalle dichiarazioni del procuratore capo di Salerno, Corrado Lembo.

È giusto o sbagliato legalizzare le droghe leggere? Secondo il procuratore capo di Salerno, Corrado Lembo, non lo è. L’annuncio è arrivato durante la conferenza stampa del 5 giugno scorso nel corso della quale sono stati resi noti alcuni dettagli circa un’operazione antidroga avvenuta nella Piana del Sele.

«Lo Stato – dice Lembo – non dico promuoverebbe ma consentirebbe la diffusione di quello che è un male e non certamente un bene. Qui non parliamo di uso dei cannabinoidi per finalità terapeutiche, ma di uso con finalità voluttuarie, che porterebbero all’annullamento della personalità, della volontà e dell’intenzionalità delle condotte umane. Questo mi sembra contrario al senso stesso che noi dobbiamo dare alla nostra presenza su questo tema, che deve essere vigile, consapevole e concorrere al benessere collettivo».

Ma siamo sicuri che legalizzare le droghe leggere intaccherebbe il progresso e il benessere della società? Nel 2017 è ancora così dominante l’opinione che uno Stato etico (quindi una società chiusa) sia preferibile a uno Stato di diritto (dunque una società aperta)?

Il proibizionismo ha storicamente fallito. Sempre. E questo è un dato incontrovertibile. Persino il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, si è schierato categoricamente a favore della liberalizzazione, definendo «irrazionale la scelta repressiva sulla cannabis». Oltre che di libertà dell’individuo, il nocciolo della questione è squisitamente economico: legalizzare le droghe leggere equivarrebbe a indebolire i clan sottraendo loro un monopolio e gli enormi introiti che ne derivano; porterebbe nelle casse dello Stato circa 1 miliardo di euro all’anno; con questi proventi si potrebbero tranquillamente garantire più servizi ai cittadini, anche in materia di problemi legati alla droga; si risparmierebbero forze preziose messe in campo da Polizia, Finanza, Carabinieri e Magistratura costrette a impiegare tempo ed energie – in una guerra a perdere – per contrastare le droghe leggere, meno pericolose o addirittura innocue rispetto alle droghe pesanti.

Senza dimenticare che la liberalizzazione comporterebbe uno svuotamento delle carceri ed una maggiore tranquillità per i tanti, troppi, cittadini costretti a consumare marijuana di nascosto con la paura di essere scoperti e col concreto rischio di finire dentro. Per non parlare della mole di processi, sostanzialmente inutili, che bisogna affrontare e sostenere quando qualcuno viene trovato con qualche grammo di erba.

«I sequestri di cannabis sono 100 volte di più di quelli di eroina e cocaina, 800 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche» dice Roberti. Continuando a ragionare in termini numerici, sono 3 i milioni di italiani consumatori di cannabis abituali e 9 quelli saltuari, per un totale di 12 milioni di italiani che fanno uso di droghe leggere.

Dati che parlano chiaro e tondo: legale, o meno, le persone continuano a fare uso di marijuana. Legalizzare, significherebbe colpire i clan e i narco-stati che stanno prendendo sempre più potere soprattutto in Europa. E non è un problema etico, se bevande alcoliche, gioco d’azzardo e tabacco sono da anni tassati; perché proprio qui nasce il paradosso: l’alcol, come le sigarette e il gioco, creano dipendenze e problemi più gravi di una canna con conseguenze e costi per la società non indifferenti. Non c’è morale che tenga: quello che va liberalizzato è il consumo, non la sua presunta immoralità.

Il vero problema è che nessuno vuole affrontare questo discorso. Duecento esponenti, appartenenti a diversi gruppi politici, avrebbero firmato una proposta di legge riguardo la legalizzazione delle droghe leggere. Peccato che sia sospesa a Montecitorio da circa un anno. È evidente che mancano le reali intenzioni di affrontare l’argomento.

Paolo Vacca

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