In questi giorni è stato convocata la Commissione Europea per discutere sul tema dei migranti e della situazione Italiana al riguardo.

Secondo i dati Istat sui migranti in Italia, tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2016, sono stati rilasciati a migranti maggiorenni 64.162 nuovi permessi per asilo e altre forme di protezione.

All’inizio del 2016 erano presenti nel nostro Paese 155.177 persone con un permesso per motivi ricollegabili all’asilo politico o alla protezione umanitaria, con un’incidenza del 4% sul totale dei permessi di soggiorno. Se si considerano i soli permessi con scadenza quelli concessi per asilo e protezione umanitaria sfiorano il 10%.

In molti casi la presenza di persone in cerca di protezione in Italia è solo temporanea.

Abbiamo contattato l’associazione LESS Onlus, attiva sul territorio napoletano dal 1999, per fornirci un resoconto più dettagliato della situazione migranti a Napoli.

Migranti, Napoli
Less Onlus

Qualche mese fa sono sbarcati 1500 migranti al porto di Napoli. Lo sbarco è avvenuto nel nostro porto a causa del G7 che in quel momento stava avendo luogo a Taormina. Qual è stata la loro sorte?

«Alcuni di loro sono stati accolti in una struttura del comune di Napoli a Marechiaro, altri invece sono stati smistati lungo il territorio Italiano, non sono molti quelli rimasti in Campania. Ormai si sente spesso parlare di un’invasione da parte di queste persone, ma i dati la smentiscono. L’anno scorso sono 120.000 gli immigrati arrivati in Italia, mentre quest’anno siamo ad 85.000. Siamo solo a giugno, ma ci aspettiamo che i dati non superino quelli dell’anno passato, considerando che gli sbarchi si sono mantenuti costanti. Questi dati vanno contro quelli che gridano all’invasione, che parlano di un’emergenza nell’aumento di arrivi qui in Italia, in realtà c’è una certa costanza. Il problema non sono il numero di arrivi, ma la gestione dell’accoglienza.»

Chi sono e da cosa fuggono i migranti che arrivano a Napoli?

« Purtroppo non sono tutti della stessa nazionalità i migranti che arrivano qui in Italia. Nella nostra struttura accogliamo dagli Afghani a persone che arrivano dall’Africa subsahariana. Questi migranti sono costretti a fuggire non solo dalle guerre, ma spesso anche da un fondamentalismo islamico che li obbliga ad arruolarsi. Ognuno ha la sua storia, non si può compiere una generalizzazione. Il mese scorso, ad esempio, ho conosciuto un uomo che nel suo paese d’origine era un politico facente parte dell’opposizione. Gli hanno incendiato la casa ed è dovuto scappare con la sua famiglia. Al momento il luogo più critico resta comunque l’ Africa subsahariana»

Migranti, Napoli
Migranti salgono a bordo della nave norvegese Siem Pilot durante un’operazione di soccorso

Ci sono centri e istituzioni sufficienti ad accogliere e integrare i migranti che arrivano qui a Napoli? Come si impegna il Comune per garantire la sicurezza di queste persone?

«Sono due i sistemi di accoglienza previsti dall’Italia. I primi sono i CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria. Questi sono gestiti direttamente dalla prefettura, e i migranti sono accolti e collocati in queste strutture per un periodo di tempo limitato, che di solito dovrebbe durere un massimo di 5 mesi. In un secondo momento i migranti dovrebbero essere spostati nelle SPRAR, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Questi centri sono gestiti tramite il comune che indice un bando attraverso il Ministero degli Interni. Napoli conta solo 132 migranti, mentre nella provincia si arriva a 1988, dati risalenti all’anno 2016. Da noi, LESS, che gestiamo entrambi questi tipi di accoglienza, nel 2016 sono venuti 236 migranti. »

Dopo l’ultima riunione della Commissione Europea sul tema migranti si sente parlare di una divisione tra migranti politici ed economici. In cosa consiste la differenza? Ha davvero senso usarla come discriminante per decidere chi ha il diritto di restare e chi invece deve essere “rispedito a casa”?

«Questa distinzione risulta molto complessa. I migranti politici dovrebbero essere coloro che fuggono dalla guerra. I migranti economici sono, invece, quelli che hanno paura di morire di fame piuttosto che per una bomba. Entrambi sono mossi dalle stesse esigenze: trovare un posto migliore per vivere. Rischiano la vita per sopravvivere. C’è chi vuole fare questa distinzione. Nel nostro sportello legale, ad esempio, il 68% dei migranti ha avuto il riconoscimento di protezione internazionale, e questo porta a perdere questa iniziale distinzione.»

E’ davvero contemplabile una soluzione che preveda la chiusura dei porti Italiani per evitare l’afflusso migratorio?

«Come risulta dai dati precedenti, è un’esagerazione. L’Austria aveva minacciato di mobilitare l’esercito per contenere il flusso migratorio, ma ha dovuto fare marcia indietro. Nei giorni scorsi si è detto che potrebbero arrivare “i terroristi” attraverso gli sbarchi, ma perché le organizzazioni terroristiche dovrebbero investire su uomini, istruirli, prepararli, finanziarli, per poi metterli su un barcone dove la probabilità che questi muoiano in mare è estremamente elevata. Altro discorso è il problema dell’integrazione. Se non si fa una corretta integrazione di queste persone c’è il rischio che possano radicalizzarsi, ma come accadrebbe a chiunque in un contesto del genere. Se si viene reclusi in un ghetto, se si viene marginalizzati c’è il rischio di incattivirsi, ma questo vale per chiunque. Il nostro sistema prevede l’integrazione dei migranti che arrivano. Gli diamo un alloggio al centro di Napoli, abbiamo corsi di lingua italiana, tentiamo di dargli la possibilità di integrari anche in ambiti lavorativi.»

Andrea Chiara Petrone

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