Dopo ogni morte per droga si apre il dibattito, pieno zeppo d’ipocrisie, tra proibizionisti e sostenitori della legalizzazione. Da una parte, in nome del bene comune, si chiedono pene severe per chi fa uso o per quelli che in qualche modo favoriscono, agevolano o non ostacolano l’uso di droghe, dall’altra si alza il coro di chi preferirebbe un indiscriminato o quasi “liberi tutti”.
Per affrontare il problema con serietà e linearità, evitando di cadere nella banale demagogia di cui sono ricche entrambe le posizioni, ritengo necessario che ognuno di noi si chieda prima di tutto se la scelta debba essere lasciata al singolo o determinata dalla comunità. Solo dopo essere certi della risposta a questa domanda potremo esporre la nostra posizione con serenità e coerenza, non solo sul generico tema della legalizzazione ma anche su ogni sua implicazione.
Per quel che mi riguarda la mia personale risposta non può che orientarsi verso la libertà individuale, prevedendo però una responsabilizzazione diretta di chi vuole percorrere questa strada.
Contrario ad ogni forma di costrizione della sfera privata, sono però convinto che le libere scelte individuali non debbano far ricadere i danni ed i costi ad esse collegate sulla comunità. Per questa ragione sono profondamente contrario al proibizionismo, ma non favorevole ad una legalizzazione che possa gravare sui cittadini attraverso le amorevoli cure dello Stato.
Quella che potrebbe sembrare una posizione “democristiana” assume un aspetto completamente differente se la si inquadra, come detto all’inizio, all’interno della mia risposta in cui sono presenti i concetti di libertà e responsabilità. Libertà di scegliere quale vita fare, come divertirsi ed anche come autodistruggersi, se uno lo desidera. Responsabilità delle proprie scelte e delle conseguenze che da queste possono derivare, tra cui una limitazione di alcune libertà al fine di tutelare gli altri membri della comunità.
Proverò qui di seguito a valutare alcuni degli aspetti legati a questo tema seguendo la logica definita dai concetti di libertà, responsabilità e tutela delle libertà altrui. Se volessimo concedere la completa libertà di scelta dovremmo farlo solo per chi ne ha il pieno possesso, e quindi la legalizzazione delle droghe dovrebbe essere concessa solo a chi ha raggiunto la maggiore età.
Se crediamo che un individuo possa decidere di passare il proprio tempo come ritiene più opportuno, perché parlare solo di droghe leggere? Le potremmo legalizzare tutte, ricordandoci che la droga che miete più vittime è l’alcool, non l’eroina, la cocaina o l’ecstasy.
Parte o tutti i proventi derivanti dalla vendita legale delle droghe (in farmacia o locali abilitati) dovrebbero essere obbligatoriamente utilizzati per informare, soprattutto i giovani, dei danni che queste procurano, affinché la scelta sia ancor più consapevole. Chi decidesse comunque di fare questa scelta dovrebbe assumersene la piena responsabilità e quindi, ad esempio, accettare di essere inserito, al primo acquisto, all’interno di una banca dati dei tossicodipendenti (da allargare anche a chi fa uso di alcool).
Se volessimo evitare che la scelta di assumere droghe possa danneggiare altri cittadini, dovrebbe essere garantito che chi commette un reato o un qualsiasi atto che possa cagionare danno agli altri sotto l’effetto di droghe o alcool sia punito severamente e rapidamente.
Per evitare che i costi derivanti dalla scelta ricadano sulla comunità, ogni individuo inserito all’interno della banca dati dovrebbe provvedere a stipulare un’assicurazione medica obbligatoria che intervenga in caso di patologie legate all’uso di droghe e per qualsiasi danno fisico procurato a sé stessi o agli altri. Lo Stato non dovrebbe sostenere alcun costo per curare chi ha deciso di farsi del male.
Allo stesso modo, si dovrebbe rendere obbligatoria un’assicurazione integrativa che garantisca la sostenibilità economica nell’età della pensione a chi ha preferito sballarsi piuttosto che dedicarsi al lavoro. Chi fosse inserito nell’elenco dei tossicodipendenti potrebbe essere penalizzato nelle graduatorie per l’ottenimento di servizi da parte dello Stato, partendo dai trapianti di organi per finire alle case popolari.
Queste poche righe non costituiscono certo una proposta, ma spero che chi le leggerà cerchi di comprenderne lo spirito che mi ha animato, prima di criticarle od approvarle. La mia volontà è stata quella di dare un senso alla mia posizione su un tema delicato – per quanto in modo sintetico e non articolato – coerentemente con i concetti di libertà e responsabilità a me molto cari, e con lo stesso metodo sarei disposto ad affrontare le molteplici implicazioni qui non argomentate. Mi darebbe immensa gioia ora dibattere con chi ha una posizione completamente opposta ed abbia voglia di discuterne senza pregiudizio e nel rispetto del libero pensiero… Se avete voglia, io sono qui.
Corrado Rabbia