Sul tracciato di Suzuka, in Giappone, Lewis Hamilton vince la sua gara numero 61 in carriera e porta il suo vantaggio nel mondiale piloti a +59 dall’inerme Sebastian Vettel. Back to back che, tra Malesia e Giappone, vede la Ferrari incappare in un doppio passo falso, regalando la strada del successo al britannico della Mercedes. Un enorme buco nero, un abisso in cui la Ferrari sta sprofondando dal Gran Premio di Monza a questa parte e che virtualmente – possa colpirmi un asteroide – ha già consegnato oneri e onori di questo mondiale a Lewis Hamilton e alla Mercedes.
Questa volta a fermare la rossa è stato un problema a una candela di accensione, un’avvisaglia che è giunta sulla monoposto di Vettel pochi attimi prima della partenza e che ha gelato il sangue dei tifosi. Quattro giri e una Safety Car di mezzo per capire che anche la Williams di Massa poteva sverniciare la SF70-H, poi il ritiro e Alberto Antonini che ci degna delle migliori (non) certezze sulla natura del problema che ha depotenziato così tanto la rossa. Chiaramente, sarà solo il post gara a svelare ai meccanici Ferrari il bandolo della matassa. Intanto, il Gran Premio del Giappone lo ha vinto Hamilton, che fa +25 e si mette alle spalle i due su Red Bull, nell’ordine Verstappen e Ricciardo.
Se c’è un parametro che poco nasce per influire il motorsport – e men che meno la regina, la Formula Uno – questo è sicuramente la sfortuna. Niente palloni deviati, goal fantasma o arbitri ipovedenti. Solo la fredda e mera consapevolezza che dietro ogni causa del fallimento ci sia il lavoro dell’uomo. Un lavoro che va rispettato, elogiato per lo più, esattamente alla pari o anche più del rischio che il dipendente numero uno, il più esposto e che entra nelle nostre case come un idolo – il pilota – ci mette di suo nel portare una vettura a più di 300 km/h su ogni pista. Questo lavoro sarà un sogno per molti, giovani e non, che negli ultimi giorni hanno il peso di un popolo sulle spalle.
Su quello che è accaduto ormai da tre gran premi a questa parte pendono diverse forzanti, che sulla carta fanno ben pensare quanto sembri incredibile che la miglior macchina del lotto al momento finisca per dare bandiera bianca tradita da sé stessa. Non basta diventare competitivi quando le gare diventa anche complicato pensare di iniziarle. Un’impressione che si traduce in realtà, che in Ferrari lo step evolutivo che ha permesso di raggiungere e addirittura sopravanzare il team Mercedes abbia finito per minare tutto ciò che di buono c’era prima.
“Una Ferrari che sta pagando, con l’affidabilità, il grande step evolutivo della Power Unit e aerodinamico – ha detto Gian Carlo Minardi, ex team manager in Formula 1 – Una Ferrari che ha dimostrato di essere competitiva, ma che sul ritmo gara potrebbe dire la sua. A beneficiarne invece è la Red Bull, che mette in bacheca altri due podi chiudendo il Gran Premio del Giappone in seconda e terza posizione, davanti Valtteri Bottas, e si prepara ad attaccare il secondo posto tra i costruttori proprio ai danni del team di Maranello che saluta il weekend con solamente dieci punti all’attivo (quinto posto di Kimi Raikkonen)”.
Fretta. La fretta di rischiare ed essere sicuri di conquistare punti lì dove si doveva, complice la mediocre prestazione in partenza a Singapore e un paio di vere sfortune nell’anno, ha condannato la Ferrari ai problemi di affidabilità in Malesia. Turbo e sostituzione del pacchetto motore, Lance Stroll che rovina a fine gara sul retrotreno della ‘Gina’ di Vettel, e infine una candela.
Bisogna fare ammenda, essere umili e riconoscere che un mondiale dovrebbe assistere al miglioramento e non al peggioramento di una monoposto. In Giappone, a Suzuka, non è stato cosi, dove il dominio Mercedes fin dal venerdì non s’è mai mostrato così netto, tanto che in gara il primo posto sarà costato ad Hamilton chiedere i diretti favori di Bottas e le cortesie in incognito di Fernando Alonso.
In un circuito dove la potenza massima della Power Unit è tornata a giocare un ruolo importante nell’arco del singolo giro, anche Mercedes non ha particolarmente brillato secondo quel che ci si aspettava dai dati. La macchina, anzi, le macchine finiscono le gare e va più che bene quando dall’altro lato accadono cose che ti allargano la carreggiata. Questo ci ricorda che esiste anche un campionato costruttori, che pure rientra al momento nella voce ‘miracoli’.
Dovesse anche solo riaprirsi un mondiale del genere, considerato il pilota, scuderie e l’anno corrente, probabilmente già ci sogneremmo di raccontarlo ai posteri. Alla Ferrari il compito di chiuderlo come lo aveva iniziato e condotto, con la giusta fierezza che negli annali racconterà che qui qualcuno si è battuto fino alla fine.
Nicola Puca
Fonte immagine in evidenza: motorsportitalia