”Ahora puedo morir en paz” (telecronista di radio cero al gol di sergi roberto)

Il Barcellona ci ha spesso abituati ad imprese calcistiche fuori dall’ordinario, grazie sempre ad un organico che ha fatto (e fa tutt’oggi) della tecnica, dello spettacolo e dell’attaccamento alla maglia i propri punti di forza. Ieri però si è andato oltre: l’impossibile si è fatto possibile in una delle notti più pazze della storia del calcio, che ha elevato (per l’ennesima volta) i Blaugrana ai massimi gradi dell’olimpo del calcio. Alla vigilia della gara la remuntanda era stimata sullo 0%. Nessun margine possibile di riuscita, dunque, tenendo conto del livello delle due squadre e di una differenza, in termini di organico, non così eccessiva.

”Possiamo fare sei gol, i giochi col Psg non sono ancora chiusi” affermava Luis Enrique in conferenza stampa a poche ore dalla gara, sollevando ilarità tra i giornalisti per quella  frase intrisa di una superbia che poteva apparire infondata e fuori luogo. Eppure il tecnico ex Roma ha dimostrato che non si stava macchiando di promesse che non avrebbe potuto mantenere: i suoi possiedono le capacità per poter fare sei gol in una partita e, di fatto, così è stato.

Ma quanto c’è del Paris Saint Germain in questa storica impresa? O meglio, quanto Emery è stato determinante con le sue scelte sbagliate e con la preparazione (si può dire pessima?) dei suoi a questa gara di ritorno? Con questo non si vuole dire che il Barcellona non abbia i suoi meriti. Quando quei tre là avanti decidono di vincerla (si faccia particolare riferimento ad un Neymar attualmente più determinante del ”pluricampione di tutto” Cristiano Ronaldo) non ce n’è per nessuno. È anche vero, però, che dopo una clamorosa vittoria per 4-0 nell’andata di un ottavo di Champions League, ci si sarebbe aspettati una gestione della palla maggiormente ponderata, una difesa più solida e maggiore concentrazione. Aspetti, questi, che caratterizzarono quel famoso BarcellonaInter (1-0) in cui venne vanificata qualsiasi speranza di rimonta dei Blaugrana e che aprì ai Nerazzurri le porte della finale di Madrid (sappiamo tutti come è finita). Emery ha vinto tanto, ma ieri, è indubbio, è stato lui il più grande artefice dell’impresa più assurda della storia della Champions League.

Neymar (due gol e un assist per lui) dopo aver trasformato il rigore del 5-1

Il Barcellona attuale, andrò anche controcorrente, non è il più forte di sempre. I trofei non si vincono solamente con un attacco da 100 gol a stagione, nel lungo periodo i fattori determinanti sono anche altri. La difesa, rispetto a quella rappresentata dalla premiata ditta PuyolPique, non è più impenetrabile, mentre a centrocampo, nonostante Don Andrès ieri abbia illuminato la scena come accadeva nei suoi anni d’oro (pregevole il tacco che ha portato all’autogol di Kurzawa), purtroppo l’età che avanza non gli consente di poterci deliziare con la stessa costanza che aveva fino a due stagioni fa. Stesso dicasi per Sergio Busquets. Ed è qui che forse doveva giocarsi la partita di Emery: sfruttare quei punti deboli, che deboli ci sono diventati col tempo, per diventare l’eroe di una qualificazione improbabile, sulla scia di un successo, quello dell’andata, maturato grazie ad un dominio a tutto campo per 90 minuti.

Ma ciò che avviene nel calcio, come spesso mi ostino a dire, non è affatto casuale. Già, perché se Emery non avesse deciso di approcciarsi a questa partita con la stessa leggerezza con cui si prepara un’amichevole precampionato, a quest’ora non potremmo tessere le lodi di un ragazzo, un Catalano doc, che ieri ha buttato dentro il disperato pallone del 6-1 al minuto 95, praticamente sulla sirena, per riprendere il gergo cestistico. Sergi Roberto all’andata era stato uno dei peggiori, se non il peggiore, nella posizione (terzino destro) che Luis Enrique aveva egoisticamente deciso di affidargli, stravolgendo la sua vena offensiva. Ieri Sergi è entrato al 76′, ed esattamente a venti minuti dal suo ingresso, spinto dalla voglia di rivalsa, dalla disperazione, dallo spirito del Barcelonismo che innerva ogni angolo di quello stadio, si è gettato sul cross di Neymar, sbucando alle spalle di un difensore parigino, e ha trafitto Trapp per la sesta volta, completando la straordinaria impresa.

L’esultanza di Sergi Roberto al gol del 6-1

Un film. Sì perchè solo in un film quella palla di Neymar non viene respinta dalla difesa avversaria in un ultimo, disperato, slancio di vitalità. E invece no, la parabola di Sergi Roberto doveva essere completata: dal baratro alla gloria nel giro di due settimane. E forse è giusto così, perchè Sergi rappresenta il bambino che, quando inizia a dare i primi calci alla palla, sogna di segnare un gol così decisivo, nel proprio stadio del cuore, con indosso i colori della propria squadra. E dopo ieri sera quel bambino ha un motivo in più per continuare a calciare il suo pallone sperando, un giorno, di poter essere anch’egli un Sergi Roberto.

”Brutal, aun no me lo creo. Fue de infarto…”. (Jordi, tifoso del Barcellona. 09/03/2017)

fonte immagine in evidenza: corriere.it

fonte immagini: corrieredellosport.it

Vincenzo Marotta

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui