Il nuovo Governo ha giurato di fronte al Presidente Mattarella e ora si appresta a chiedere (e ottenere) la fiducia alle Camere, l’ultimo passaggio che ufficializzerà la partenza del Conte bis, terminando definitivamente il breve periodo di crisi istituzionale. Il patto politico che ha unito PD e M5S ha portato ad una squadra di governo, per ora solo nei volti, in buona parte rinnovata. In primo luogo i Ministeri che passano da 18 a 21, con la componente femminile che passa da 5 a 7. Questo governo si distingue anche per la predominanza dei ministri del Sud (12), che esprime il Premier (Conte è di Foggia, ndr), rispetto a quelli del centro-nord. Rispetto al precedente governo si rileva come solo 4 ministri siano stati riconfermati: Di Maio, passato agli Esteri, Fraccaro, dai rapporti col Parlamento all’importante carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, oltre a Bonafede e Costa, gli unici due rimasti in carica nei loro ministeri (rispettivamente Giustizia e Ambiente). Va sottolineata, infine, la distribuzione dei ministeri tra le forze politiche che compongono la nuova maggioranza: 10 sono del M5S, 9 del PD, 1 di LeU ed infine 1 indipendente che forse rappresenta la più interessante novità: Luciana Lamorgese che avrà il difficile ruolo di ministro dell’Interno.
Luciana Lamorgese: un ministro “normale”?
Luciana Lamorgese nata a Potenza l’11 settembre 1953 (66 anni fra poco), laureata in Giurisprudenza, di professione avvocato, vanta importanti incarichi nella sua lunga carriera all’interno delle istituzioni. Lei è solo la terza donna a capo del Ministero dell’Interno dopo Rosa Iervolino (Governo D’Alema I) e Annamaria Cancellieri (Governo Monti).
La sua carriera inizia nel 1979, lavorando all’interno del Viminale. Nel 1989 viene nominata Viceprefetto ispettore, poi Viceprefetto dal 1 gennaio 1994 e quindi Prefetto dal 28 luglio 2003. Ha ricoperto in questi anni numerosi incarichi in varie amministrazioni statali e comunali: ricordiamo tra gli altri la prefettura di Varese, a Roma alla Divisione Affari Generali, all’Ufficio Centrale per gli Affari Legislativi e le Relazioni Internazionali, Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile; si è inoltre occupata della gestione dell’accoglienza nella Regione Veneto. Negli ultimi anni si fa notare nei suoi ruoli nella prefettura di Venezia prima (2010-2012) e infine nella prefettura di Milano (2017-2018), il suo ultimo ruolo ricoperto prima di andare in pensione, dalla quale è stata richiamata per venire a capo del ministero dell’Interno. In mezzo a questi impegni si ricordano le sue esperienze di governo come capo di gabinetto al ministero dell’Interno prima con Angelino Alfano e poi con Marco Minniti. Il suo curriculum fa capire come la scelta sia potuta ricadere su di lei anche per puri parametri tecnici. Una professionista che ha lavorato per tutta la sua vita nel campo degli interni, con riconosciute capacità e successi.
Premesse e aspettative del ministro dell’Interno
Fonte: milano.corriere.it
In tutto questo però, la cosa forse più rilevante risulta essere l’assenza dai social della nuova ministra, che segna il passo con il ministero di Salvini che faceva del suo ruolo un megafono ipertrofico della sua (non) azione di governo. Avremo probabilmente un ministro che sarà meno chiacchierato, meno “urlante”, ma forse più attento ai problemi reali e ai dossier da risolvere nel suo ministero nel quale il precedente inquilino difficilmente si faceva trovare. In passato ha avuto già modo di farsi notare nei Comuni amministrati dalla Lega, cancellando in poco tempo le loro ordinanze contro l’accoglienza dei migranti. Nel suo periodo come prefetto di Milano si è inoltre distinta per un approccio pragmatico rispetto al tema, sottolineando però come bisogna far attenzione anche alla percezione che hanno i cittadini della sicurezza nelle nostre città, da cui dipende la fiducia nell’operato delle istituzioni. Ha ricoperto quel ruolo in uno dei periodi forse più complicati per Milano (nel 2017 sbarcarono 119mila migranti), attuando un piano che è sembrato efficace per gestione e redistribuzione dei migranti. Se il suo approccio pare chiaro, non possiamo altrettanto essere certi della linea che seguirà come ministro. Sarà interessante capire come agirà nella sua nuova veste politica e quale sarà la sua narrazione riguardo il tema dell’accoglienza, in un governo il cui Premier e il cui contraente principale hanno sostenuto fino all’altro ieri i Decreti Sicurezza e la linea dura dei porti chiusi dettata da Salvini.
La principale questione aperta è quindi inevitabilmente quella della revisione dei due Decreti Sicurezza che potrebbero risultare potenzialmente incostituzionali e sui quali il Presidente Mattarella si è già espresso verso una necessaria modifica nel rispetto dei diritti umani. Qui si giocherà la vera partita, e vedremo se quel cambio di passo e quella discontinuità tanto decantati dal Premier e dal leader del PD saranno fatti oppure rimarranno solo parole al vento. Verba volant, scripta manent.
Davide Iannaccone