Può un articolo giornalistico gettare il mondo politico nostrano nel panico? A quanto pare sì se l’articolo in questione è quello di Stefano Folli, “Perché Napolitano lascerà a fine anno”, pubblicato su la Repubblica.
Senza smentite e considerato come un addio ufficiale, immediata è stata l’attivazione dei principali esponenti dei partiti italiani, a cominciare dal Partito Democratico di Renzi. Difatti, se il premier per ben due volte aveva scongiurato Napolitano di non mollare e di portare a termine l’incarico della durata di sette anni, questa volta il capo di governo si è lasciato andare ad alcune piccole esternazioni che, a guardarle bene, sembrano più un rassegnarsi all’evidenza e alla volontà di un Napolitano giunto alla soglia dei novant’anni. “Napolitano è e resta una garanzia del paese. Io non mi preoccupo di cosa farà il presidente della Repubblica, cerco di fare bene il mio lavoro di presidente del Consiglio“.
I rumors su un possibile lascito di Napolitano non sono di certo nuovi, ma la consapevolezza per il Parlamento di dover tornare al voto verso la metà di gennaio, getta diverse ombre e analisi sul mondo politico italiano.
Anzitutto ci si aspettava che Napolitano non mollasse prima dell’avvenuta attuazione della nuova legge elettorale, considerata in passato dal presidente della Repubblica come un caposaldo imprescindibile, una legge da rinnovare e approvare anche con una certa urgenza. E i dubbi che in realtà il lascito del presidente siano più una punizione per i rallentamenti e tentennamenti del Parlamento, che per altro, si sono insinuati tra le file politiche di PD e Forza Italia.
Infatti, oltre alla legge elettorale, è d’obbligo ricordare le riforme su cui soprattutto Napolitano cercava di battere chiodo, ovvero la riforma della pubblica amministrazione, della giustizia e il riassetto del sistema bicamerale. Di fronte ai pochi risultati ottenuti, quindi, potrebbe essere facile immaginare la delusione del Colle. Sulla questione si è espresso anche Giovanni Toti, esponente di spicco di Forza Italia e molto vicino a Silvio Berlusconi: “Deciderà lui. Non sarebbe male se restasse ancora un po’”.
La domanda però è d’obbligo. Con le dimissioni di Napolitano, cosa cambierebbe effettivamente?
Tutto e nulla: le nuove elezioni del presidente della Repubblica per il Parlamento sarebbe di certo una bella gatta da pelare, visto il vivido ricordo delle ultime elezioni avvenute che videro un Napolitano bis, dopo giorni di stallo e nomi improponibili. Al tempo stesso, però, se si pensa al patto del Nazareno, ci si rende conto che le dimissioni del presidente non lo toccherebbero minimamente e questo traspare soprattutto dalle nuove esternazioni di Giovanni Toti. SIl successore dovrà essere un nome di garanzia e nessuno pensi a forzature a maggioranzaS.
Già, perché è stato fin troppo chiaro il perché il discusso patto stretto tra Berlusconi e Renzi regga nonostante i nuovi terremoti politici: nelle intenzioni del leader di Forza Italia figura il Colle, con un coinvolgimento diretto del suo partito nel dopo-Napolitano. In cambio, l’ex Cavaliere, è stato ben disposto a cedere sulla legge elettorale.
Inoltre la nomina del nuovo presidente non dovrebbe nemmeno preoccupare più di tanto lo stesso Renzi su un possibile scioglimento anticipato delle camere e un ritorno alle elezioni governative. Già in passato Napolitano aveva smentito più volte l’opportunità di ricondurre gli italiani alle urne e, adesso che le dimissioni sono ormai realtà, appare ancor più improbabile che sia il suo successore a sciogliere le camere come primo atto presidenziale.
Maria Stella Rossi