L’iconico lungomare partenopeo di Via Francesco Caracciolo è a un tratto interrotto dalla Rotonda Diaz, che prende il nome dal monumento celebrativo che si eleva a partire da un basamento in pietra proprio al suo centro. Si tratta della statua di Armando Diaz a cavallo, una statua realizzata in pieno periodo fascista e già voluta negli anni Venti del secolo scorso dal commendatore Domenico Arena, ex funzionario dell’amministrazione finanziaria e padre di due ufficiali caduti nella Grande Guerra.
La presenza del monumento equestre si spiega dapprima con le origini di Armando Diaz, che nacque appunto a Napoli nel 1861 da una famiglia di origine spagnola giunta in zona partenopea tramite i Borbone. In secondo luogo per l’immagine che Armando Diaz ha lasciato di sé, quella di un generale abile e umano. Iniziò la sua carriera militare nell’artiglieria fin quando, nel 1910, fu promosso a colonnello di fanteria e nel 1912 prese parte del novantatreesimo reggimento per la campagna libica. Da qui ha inizio il suo cursus honorum fino a raggiungere nel novembre del 1917 il suo apice.
Dopo la disfatta di Caporetto, Armando Diaz sostituì il generale Luigi Cadorna al comando dell’esercito italiano. Nella battaglia di Vittorio Veneto, Diaz guidò l’esercito contro le truppe austriache e si rivelò decisivo per il clamoroso mutamento nell’andamento dei combattimenti sul fronte austriaco. Vinse l’importante battaglia e dimostrò grandi doti umane e capacità di svolgere un ruolo di camerata oltre che di comandante. A conclusione di quello scontro, il generale scrisse le celebri parole sull’esercito austriaco:
«I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza»
Cercando di ricalcare la memoria dell’abile generale Armando Diaz, il monumento con la sua linea essenziale, le forme piene, la realizzazione della figura di profilo, ricorda i principi estetici dell’arte classica e nello specifico all’archetipo di tutte le rappresentazioni (che siano marmoree o pittoriche) di uomini a cavallo: la statua equestre di Marco Aurelio. Tale raffigurazione vuole infatti immortalare il soggetto in un gesto che comunica il suo potere. Il braccio teso, simbolo di potere ma anche di clemenza nei confronti della platea circostante, ricorda i vari ritratti di Augusto; la posa a cavallo indica la grandezza di un conquistatore che ha fatto della miles la sua arte; l’assenza dell’armatura sottolinea invece un animo pacifico e capace di dedicarsi all’otium.
Tale tradizione è stata molto ripresa nel periodo rinascimentale: esempio portante è Paolo Uccello con il suo monumento equestre a Giovanni Acuto, un affresco situato nella parete sinistra del Duomo di Firenze, datato 1436. In questo monumento si nota un passo in avanti, tramite la realizzazione di un’imbrigliatura moderna per il cavallo e uno stile compositivo enigmatico, dato dalla composizione della figura su due piani prospettici diversi.
Su tale scia è ben riconoscibile quindi il significato dietro il monumento celebrativo ad Armando Diaz: un generale le quali gesta vanno esaltate tramite una rappresentazione della sua fora e destrezza. La sua postazione sopraelevata gli permette di scrutare tutto il promontorio dall’alto, immortalato com’è in una postura dinamica. Con una mano tira le briglie del cavallo (che accenna con una zampa la sua andatura), con l’altra regge la spada, mantenendo il braccio teso, e il busto e il capo in tensione, come se stesse per accelerare il passo, come suggerisce il mantello che si alza al vento.
Minuziosi sono i particolari delle imbrigliature tipicamente moderne che si oppongono al vestiario di Armando Diaz che ricorda una tunica romana, ancora simbolo di potenza e di superiorità. Superiorità che viene suggerita anche dalle dimensioni della statua equestre che è in bronzo ed è alta circa 5 metri, mentre il basamento lapideo e marmoreo è di quasi dieci metri. Uno stemma littorio di casa Savoia accompagna l’epigrafe: “Al maresciallo Armando Diaz Duca della Vittoria la Patria Riconoscente 1939. XIIII.E.F.” Ai lati vi sono bassorilievi che sintetizzano momenti di guerra. È inoltre riportato integralmente il testo del bollettino della Vittoria.
Ci sono state da subito delle difficoltà nel decidere dove posizionare il monumento nella città di Napoli: le possibilità di scelta erano piazza Principe di Napoli, il Rione Carità, il parco di Posillipo (dove era già presente il Mausoleo ai caduti) e piazza Vittoria (secondo la volontà della duchessa Diaz). L’indecisione era nata anche perché Armando Diaz era conosciuto anche come “Duca della Vittoria” poiché fu tra gli artefici della vittoria della Prima guerra mondiale. Nel 1933 fu pubblicato il bando di concorso: la statua, con due fontane circolari, fu progettata dall’architetto livornese Gino Cancellotti in collaborazione con lo scultore Francesco Nagni. I lavori furono completati nel 1936 e il 29 maggio ci fu l’inaugurazione con una cerimonia ufficiale.
Alessia Sicuro