Negli ambienti universitari ci si è ormai abituati al fatto che, periodicamente, riemergano sulla stampa i temi del baronato, del nepotismo, e così via, e che questo funga da apripista ad un nuovo attacco governativo all’università pubblica.
Puntualmente, dopo le dichiarazioni di Raffaele Cantone sul nepotismo universitario, in realtà molto più equilibrate di quanto invece la stampa abbia sbandierato, emerge un DPCM sull’assunzione di 500 “super-professori” universitari, in deroga al sistema dell’abilitazione nazionale.
Indovinate un po’: i presidenti delle commissioni che selezioneranno i 500 che salteranno la fila saranno nominati direttamente dal Presidente del Consiglio!
Quindi, piuttosto che sbloccare le carriere dei più giovani, spesso bloccati nel precariato degli assegni di ricerca o dei posti da ricercatore a tempo determinato di tre anni; piuttosto che sbloccare gli scatti stipendiali, fermati dal governo Monti; piuttosto che mettere ordine in un sistema di abilitazione nazionale che fa acqua da tutte le parti; piuttosto che rifinanziare il sistema; il Governo, piuttosto che pensare a tutto questo, va invece nella direzione dell’accaparrarsi il controllo delle nomine dei docenti universitari.
Intendiamoci, chi scrive non è fan né dell’attuale dirigenza del MIUR, né tantomeno della ASN. Eppure, questo provvedimento è quanto di più illiberale si possa immaginare, perché istituisce un legame diretto tra l’insegnamento universitario e la decisione politica, politica intesa come politics, non come policy! Non si può immaginare che in un sistema così concepito queste nomine siano sottratte ad ogni influenza, anzi le influenze più forti rischiano di essere quelle provenienti dal mondo politico/governativo. Altro che nepotismo interno alle università, altro che merito!
Potrebbe essere un tassello in più del progetto governativo di disattivazione del sistema universitario pubblico così come lo conosciamo, per il passaggio a un sistema di fondazioni? Probabile. Solo il futuro ce lo dirà.
Ma uno che di politica e potere ne capiva, diceva che “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina…”
Lorenzo Fattori