A Bologna è andata in scena la plastica rappresentazione di un passaggio di consegne ormai necessitato tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.
Certamente la manifestazione contro il governo, organizzata dal Carroccio nel capoluogo emiliano, ha siglato la trasformazione del centrodestra in una coalizione a trazione leghista capace di dare filo da torcere a Renzi. Ma a colpire è stata soprattutto l’insofferenza della piazza di fronte a Berlusconi, il vecchio leader indiscusso del centrodestra, ormai ospite sgradito di una platea che sembra volersi mettere il passato alle spalle.
Un flop annunciato per chi, come Paolo Romani, aveva sconsigliato all’ex cavaliere di presentarsi a Bologna di fronte ad una platea ormai piuttosto ostile.
Un discorso trito, quello di Silvio, che puzzava di minestra riscaldata e che è stato accompagnato da molti brusii e non pochi fischi. Dopo di lui era atteso il discorso conclusivo di Salvini, la gente scalpitava, ma il vecchio oratore continuava imperterrito sforando i tempi della scaletta tanto da costringere lo stesso leader del Carroccio a calmare dal palco la folla prima che partissero contestazioni più severe (e lanci di ortaggi).
I fischi per Berlusconi, pur decretando in modo poco onorevole la fine di un’era, sono ossigeno puro per la leadership di Salvini, ormai conscio che con la sola Lega Nord non avrebbe la possibilità di governare e capace così di imporsi come unico vero leader di un centrodestra che, ha ribadito, non sarà una nuova “Casa della Libertà” né un “ritorno al ’94”.
Non ha avuto paura, tra l’altro, di contraddire le sue precedenti dichiarazioni in cui negava qualsiasi ipotesi di alleanza con Berlusconi e Forza Italia, né ha avuto paura di contraddire più volte il ritrovato alleato. Mentre Berlusconi nel suo discorso ha fatto svariati riferimenti al passato e alla ritrovata unità del centrodestra, Salvini rassicura i suoi, smentendo che si tratti di un ritorno ad un passato poco edificante. E se Berlusconi se l’è presa con Grillo, paragonandolo ancora una volta a Hitler, e con la sua “banda di balordi”, il leader leghista tende pleonasticamente la mano al Movimento, rimarcando la differenza tra chi è capace di dire solo no e chi invece sarebbe capace anche di proporre un’alternativa.
Quale alternativa? Della piazza riunita a Bologna non sembra essere uscito uno straccio di programma comune, né un’idea condivisa di alternativa al governo Renzi: meno tasse, meno Stato, meno Europa… Poca sostanza. Quello che invece c’è è una leadership indiscutibile, tanto che ora Salvini si dice pronto a sacrificare il tanto inneggiato strumento delle primarie.
Il capo sa bene cosa unisce la sua piazza, quali sono gli strumenti per aizzare la sua folla.
Una produzione continua di nemici pubblici e di capri espiatori accompagnata dall’incessante campagna di odio capace di alleviare il mal di pancia dell’elettorato di riferimento. Salvini si scaglia contro una realtà immaginaria fatta di semplificazioni e artifici costruiti ad hoc per attirare la rabbia, e il linciaggio.
L’uso retorico della ruspa, che passa dallo sgomberare campi rom allo sgomberare centri sociali, particolarmente attivi a Bologna e rei di aver organizzato un contro-corteo antifascista nella stessa giornata della manifestazione organizzata dal Carroccio. Poi quel «cretino» di Angelino Alfano, bersaglio prediletto quasi quanto l’odiata Laura Boldrini.
«Renzi, questo incapace, divide la società in uomini e bestie» – ha gridato dal palco riprendendo una dichiarazione del premier sul tema dei rifugiati – «io, come faceva Miglio, divido la società in produttori e parassiti e Renzi è un degno rappresentante dei parassiti».
Insomma niente di nuovo sotto il sole. Lo sdoganamento definitivo della Lega al di fuori della ormai dimenticata Padania passa dall’assorbimento coatto di tutta l’area del centrodestra, non senza commistioni e adeguamenti. Per ora tutti uniti contro Renzi, poi si vedrà.
Roberto Davide Saba